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Il “San Raffaele” in stato di agitazione.

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L’ospedale “San Raffaele” di Milano è in stato di agitazione.

Mancano 51 infermieri come pure tanti altri professionisti. Abbiamo paura che si torni a 10 anni fa, ma il fallimento del San Raffaele è uno dei momenti che nessuno vuole rivivere.

Queste ragioni, unite alla fatica profusa dai lavoratori del San Raffale durante l’intera pandemia sono la premessa per questo stato di agitazione.

I lavoratori sono stanchi, come tutti coloro in ruoli chiave nella lotta al Covid, ma in più non ottengono risposte da chi dovrebbe fornirle loro. C’è stato anche un cambio di

Direzione che è lecito ma che apre una stagione di ulteriore incertezza e dubbi per troppi dipendenti.

Mimma Sternativo, segretario provinciale Fials Milano area metropolitana: “Al San Raffaele in questo momento manca una visione prospettica, di qui la fuga del personale verso il Pubblico.”

“Un’emorragia che altre aziende private (convenzionate e no) sono riuscite a fermare concedendo degli incentivi, il San Raffaele non sta adottando questa politica.

Comprendendo l’esigenza di “tirare la cinghia” a causa del grosso debito conseguente la pandemia, un debito dovuto anche a un ristoro da parte di Regione Lombardia troppo contenuto rispetto ai servizi offerti durante l’emergenza, Fials non si schiera contro la Direzione ma esige risposte per i lavoratori”.

Chiediamo infine alla Regione di

…intervenire a tutela dei lavoratori, quindi anche a garanzia dell’azienda.

Il più ampio discorso sugli equilibri da mantenere tra Pubblico e Privato non è il dibattito di oggi. La Regione ha anzi nel tempo incentivato la sanità privata e in tal senso, oggi che una struttura convenzionata rappresenta la sostenibilità di molte famiglie ha l’obbligo di una minima coerenza, quindi di una pronta risposta.

Pasquale Magro, segretario aziendale Fials: “Alla riduzione della retribuzione determinata dal subentro del “Gruppo San Donato, sono seguiti tre anni in cui il personale non ha ricevuto alcun incentivo”.

Esiste poi un problema di organico: le nuove assunzioni oltre a non coprire il fabbisogno di forza lavoro, spesso non sostituisce le competenze che abbiamo perso, rendendo difficile il funzionamento di reparti ad alta specializzazione e terapie intensive.

Il debito non cancella l’impegno che i lavoratori hanno profuso.

Tre anni fa non c’era il Covid e con un bilancio in positivo la politica redistributiva dell’azienda non ha mai premiato i dipendenti. Questo deve cambiare, ora”.

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