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giovedì, Marzo 28, 2024
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Caterina, OSS: “ho perso il lavoro per colpa di un Infermiere che amavo e che mi faceva mobbing”.

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Ecco la storia di Caterina, ex-Operatore Socio Sanitario in una casa protetta in Lombardia. La sua storia si intreccia con una vicenda amorosa tra lei e un Infermiere della struttura.

La storia di Caterina Galli, 35 anni, per gli amici Kate, è simile a quella di tante altre, almeno sotto il profilo amoroso. Non lo è sotto l’aspetto professionale. Infatti, si intreccia con la delusione di un Infermiere, un suo collega di struttura, che ha iniziato a farle mobbing quando lei ha deciso di lasciarlo. E le è costato caro dargli lo stop.

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Lei è una bellissima ragazza, laureata in Scienze della Formazione, ma costretta a fare l’OSS per mancanza di sbocchi occupazionali nella professione per cui si è formata. Lombarda da secoli, ha scelto di seguire un corso da Operatore Socio Sanitario a 30 anni per dare una svolta alla sua vita. E al suo primo lavoro in una casa protetta ha trovato anche l’amore, per tanto tempo ricambiato.

Ha iniziato una storia con un collega Infermiere, di 10 anni più grande di lei, e ufficialmente separato. Lui ha dei figli, ma a lei non è mai importato dividerlo con loro. Per i primi due anni la relazione è andata avanti senza problemi, una storia come tante che nasce sul luogo di lavoro. Al di là dei chiacchiericci di struttura, tutto filava liscio fino a quando lui ha deciso di provarci con una sua collega Infermiera, di 20 anni più piccola.

“Quando ho scoperto la cosa mi sono inferocita – ci spiega Caterina – e sono subito corsa ai ripari. L’ho convocato a casa per un caffè e gli ho spiattellato tutto in faccia. Gli ho raccontato della sua nuova storia e del fatto che l’avevo beccati in fragranza durante l’ultimo turno di notte. Loro due erano al lavoro assieme, io facevo il pomeriggio. Mi avevano riferito di questa tresca e io da incredibile romantica continuavo a difenderlo a spada tratta. Qualche dubbio però ce l’avevo. Ho timbrato l’uscita e sono subito rientrata da una porta laterale in struttura. Qui mi sono nascosta in un ripostiglio al secondo piano. Ho atteso un paio di ore prima di agire. Sono scesa giù al primo piano dove c’è l’Infermeria e con mio sommo stupore ho iniziato a sentire dei lamenti di piacere. Era lei. Mi sono avvicinata alla loro porta e dal finestrino laterale li ho visti mentre facevano sesso sul tavolo. Non ho detto nulla, era basita, come congelata; sono scappata via piangendo”.

“Lui ha sempre negato tutto – conclude Caterina – e non ha mai accettato il fatto che l’avevo lasciato. Da quel momento, però, sono iniziati i guai. Oltre a tempestarmi di chiamate e messaggi sul cellulare, su WhatsApp e su Messenger, mi seguiva all’uscita dalla struttura e citofonava a casa. Non l’ho mai denunciato e forse ho fatto male. Sul lavoro mi ha reso la vita difficilissima e mi ha incastrato con la direzione dicendo che più volte mi aveva vista somministrare sedativi di nascosto ai pazienti durante il turno notturno. Ho provato a difendermi, ma l’azienda in via cautelativa ha preferito licenziarmi in anticipo rispetto alla scadenza naturale del mio contratto, che era però in procinto di essere rinnovato per un altro anno”.

Questa, ovviamente, non è una storia di professione o di assistenza, ma una umana constatazione di quanto si possa essere deboli di fronte alle frivolezze della vita.

Se conoscete storie simili scrivete a redazione@assocarenews.it.

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