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OSS: anche in Puglia spuntano gli elenchi? Basta, occorre solo nuova formazione!

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Gli Infermieri continuano ad essere demansionati perché mancano Operatori Socio Sanitari preparati. Lo dice Migep.

Angelo Minghetti, presidente della Federazione Migep e dirigente del sindacato SHC è chiaro: gli elenchi degli OSS non servono a nulla, serve invece riformate e unificare la formazione degli Operatori Socio Sanitari. Lo fa capire bene nella sua missiva inviata poco fa alla Regione Puglia, che vorrebbe emanate un finto Albo spacciandolo per Elenco speciale degli operatori.

Minghetti ha scritto alla III Commissione Assistenza Sanitaria, Servizi Sociali.

Ecco la lettera del Migep alla Regione Puglia.

III Commissione Assistenza Sanitaria, Servizi Sociali

Al Presidente Romano Giuseppe

Al Vice Presidente Luigi Manca

Al Vice Presidente Paolo Pellegrino

Al Segretario

Ai Componenti della III Commissione
Assistenza Sanitaria, Servizi Sociali

Al Consigliere Mario Conca

Egregi consiglieri,

come si evince da un commento pubblicato su “Puglia Regionale” quotidiano stampa del consiglio Regionale della Puglia da parte del Consigliere Conca sulla proposta dell’elenco regionale dell’operatore socio sanitario “L’OSS è figura fondamentale per il servizio sanitario regionale, ma va normata, infatti, è ingrediente imprescindibile al fine di evitare il demansionamento degli infermieri e, al contrario, la loro professionalizzazione.”

La Federazione Migep area OSS chiede:

Cosa s’intende che l’Oss deve essere normato?

A nostro avviso l’Oss è già normato dalla sua nascita con l’accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2001, per cui va rivista e aggiornata questa normativa rendendola univoca su tutto il territorio nazionale attraverso scuole statali con due anni di formazione.

Cosa s’intende quando si dice che l’elenco regionale va eliminare il demansionamento dell’infermiere?

Non sarà di certo un registro regionale, per altro la cui iscrizione è facoltativa e non obbligatoria con unico solo scopo quello di un censimento, a eliminare il demansionamento dell’infermiere che verrebbe meno allorquando il numero di operatori sociosanitari fosse congruo alla criticità dell’assistenza, e quantità su persone assistite nelle rispettive strutture. È imprescindibile che debba esserci alla base un’unica seria formazione e il continuo lavoro in equipe.

Cosa si vuole intendere per demansionamento degli infermieri?

Quando si parla dell’abuso della professione infermieristica ilsi deve parlare anche del sovramansionamento dell’Oss. Vogliamo iniziare con questa riflessione prima di inoltrarci su quanto sta avvenendo nelle varie strutture socio assistenziali – socio sanitarie – residenze anziani – strutture sanitarie – strutture private e agli operatori gestiti da cooperative sociali su tutto il Territorio Regionale a causa di carenza di personale. Qui ci sono dei grossi problemi organizzativi e nessun politico s’interroga come viene gestita l’assistenza a causa di leggi che non vanno a creare una tutela di salvaguardia e benessere dell’utente, ma vanno a incrementare piani di lavoro per favorire strumenti di risparmio per le strutture.

Come può un elenco regionale, che ha solo fini di censimento, professionalizzare l’Oss?

Ci vuole una formazione omogenea in tutto il territorio nazionale, una preparazione adeguata alle competenze richieste, che sono ogni giorno, soprattutto nelle Rsa, Ra, terzo settore, competenze prettamente infermieristiche poiché l’infermiere in queste strutture non è presente 24h su 24, e nel turno di notte è solamente reperibile o completamente assente: è da prendere in considerazione immediatamente e risolverli per il bene dei cittadini, degli infermieri e degli operatori sociosanitari e poi istituiamo pure gli elenchi regionali che devono però essere obbligatori e non facoltativi. Notiamo che si parla spesso di pressappochismo e di inutili illusioni. La realtà è questa, viene chiesto all’Oss di fare l’infermiere, ma Infermiere non è.

La creazione di un registro facoltativo e non obbligatorio, inoltre, tende a formare una neanche troppo ipotetica possibilità di evasione fiscale per quegli operatori che fanno la libera professione.

La Federazione Migep Area OSS, da anni si impegna per promuovere politiche di tutela ed evoluzione della figura dell’Operatore Sociosanitario che rappresenta a livello nazionale e porta a conoscenza quanto richiamato dal documento del 4 luglio 2012 Ministero – Regioni sottoscritto anche da codesta federazione: “Sul ruolo, funzioni, formazione e programmazione dei fabbisogni”.

Il documento mette in evidenza, etica, responsabilità e conoscenza, oltre che: “rilevare i numeri relativi degli oss ad oggi formati e impegnati nei diversi settori: sanitario, socio sanitario, pubblico, privato e terzo settore” – una formazione mirata e finalizzata alla concreta applicazione dei nuovi modelli organizzativi – formazione e aggiornamento – valorizzazione delle competenze”.

Come evidenziato nelle finalità della Vostra proposta sull’elenco regionale Oss, non è attraverso l’elenco regionale che l’Oss amplia la sua professionalità o che trova la sua tutela professionale, o che determina le competenze effettivamente acquisite, o migliori l’assistenza ai cittadini- utente; non é con l’elenco regionale che s’instaura il reale fabbisogno territoriale, e non va neanche a creare prospettive di lavoro. Inoltre non è la mancanza dei dati che reca una sorta di limbo nelle equipe lavorative, e non si migliora l’assistenza, soprattutto dopo i recenti casi di violenza ai danni di anziani e disabili nelle case protette e nelle case di riposo, con l’elenco regionale.

Si evince che da questa proposta non ci sono indicazioni come migliorare la formazione e la qualità formativa e come determinare il reale fabbisogno.

Sono ben 9 anni che denunciamo il fenomeno che abbiamo denominato quale “diplomificio”, sottolineando che nella stragrande maggioranza dei casi i corsi sono a pagamento, a carico del corsista nonostante questa formazione è soggetta a finanziamenti europei. Si continua ad avere tanta confusione sul percorso formativo dell’operatore socio sanitario; le stesse Regioni non controllano il percorso formativo.

Dalle indagini svolte si è rilevato che la formazione dell’operatore sociosanitario non è omogeneo in tutto il territorio nazionale; infatti, la stessa Regione Veneto nel 2018 dopo un’attenta indagine fatta in tutte le Regioni, suggerisce di aggiornare l’attuale profilo dell’Oss rispetto all’accordo Stato Regioni del 2001; i punti dell’indagine: “Programmazione regionale; organismi che erogano la formazione; finanziamento dei corsi, ammissione ai corsi, caratteristiche del percorso formativo, tirocinio, esame finale, riconoscimento dei crediti formativi e delle competenze pregresse; modifiche a elenco delle attività e competenze, elenco degli obiettivi formativi e materie di insegnamento; attività lavorativa dell’OSS e aggiornamento; ambiti di impiego; registro occupati/inoccupati; formazione complementare; proposte/problemi segnalati” sono disomogenei su tutti gli argomenti trattati a livello territorio – Nazionale.

Documento al vaglio del Ministro della Salute e della Conferenza Stato Regioni.
Si evince una formazione a macchia di leopardo, ma soprattutto una formazione che non rispecchia quanto definito dall’accordo Stato Regioni del 2001, con la motivazione che il mercato del lavoro lo richiede. I requisiti di accesso non sono più adeguati a quanto previsto dallo stesso accordo del 2001. Un accordo da rivedere, poiché, non rispecchia più le esigenze attuali, e la figura dell’operatore sociosanitario necessita di una scolarizzazione identica lungo tutto lo stivale italico e nelle isole maggiori attraverso una formazione arricchita e aggiornamento continuo.

Bisogna centrare il problema su formazione, funzioni, ruolo, fabbisogno e arrivare anche a pensare di bloccare tutta la formazione perché sarebbe necessario mettere sullo stesso piano di partenza tutti quegli operatori formati in maniera differente analizzando il percorso formativo fatto, pareggiando il sistema formativo per poi riprendere la formazione in modo concreto sul reale fabbisogno di cui la programmazione non è mai stata rispettata.

Si pone l’accento inoltre sulla necessità di rivedere nel sistema formativo, l’attestato di Oss, che deve essere uniformato sul territorio con criteri unici.

Quest’ultima finalità, darebbe alle regioni uno strumento per comprendere la validità degli attestati, e rilevare la formazione extra regionale, questo comporterebbe che il sopracitato registro debba essere aggiornato periodicamente per evidenziare il personale occupato o non; un impegno non da poco ma che darebbe una funzionalità essenziale e di utilità a tale registro se è obbligatoria e non facoltativa.

Se si va a fare una ricognizione molto profonda, molti di questi attestati sarebbero dichiarati non conformi alle norme attuali e ciò metterebbe in discussione il sistema attuale adottato dalle Regioni.

Andrebbero rivisti i parametri sull’accreditamento a livello regionale del rapporto numerico standard fra Oss/Paziente con l’adeguato ragguaglio.

Il Ministero della Salute Lorenzin, congiuntamente all’AGENAS, ha emanato delle linee guida per le Regioni per il calcolo del fabbisogno del personale ospedaliero per adempiere a quanto previsto dalla legge di stabilità del 28 dicembre 2015, n. 208, al fine di predisporre i piani triennali concernente il fabbisogno di personale da garantire, anche, il rispetto delle disposizioni dell’Unione Europea in materia di articolazione dell’orario di lavoro attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili.

Si chiede se queste Regioni abbiano applicato la suddetta linea anche agli oss e rivolto al settore pubblico, privato, terzo settore e sociale, oppure abbia mantenuto parametri organizzativi minimi per un rispetto di obiettivi regionali, poiché si ritengono ancora molto differenziati per una politica di risparmio, che ricade sia sul cittadino malato, sia sul dipendente, e questo significa no alle assunzioni per gli oss.

L’oss non ha ancora trovato la sua giusta collocazione come figura professionale e non ha il suo ruolo ben sancito nell’organizzazione del lavoro:” Occorre cambiare regole di lavoro, bisogna cambiare le leggi sulle case di riposo, no ai minutaggi che trattano il personale come schiavi e, riducono l’assistenza a una catena di montaggio colpendo di riflesso gli ospiti.

Inoltre non esiste una tutela degli OSS e di altre categorie simili, come lavori usuranti, né una definizione delle mansioni di queste figure con carichi di lavoro estenuanti in assenza anche di ausili con 7 – 8- 12 ore continue senza mai staccarsi dal contatto con gli ospiti, pazienti, destabilizzante per gli ospiti e per gli operatori.

Emerge una seria compromissione della sicurezza per le persone assistite, vista l’impossibilità di mantenere adeguati livelli di qualità nell’assistenza a causa del ridotto numero di operatori presenti nelle strutture (RSA a fronte di 120 ospiti suddivisi su nuclei, un oss o due oss di notte) sui quali gravano anche compiti di natura logistico-organizzativa non rientranti nel profilo professionale dello stesso e quindi abuso di professione; Il quadro che emerge è decisamente preoccupante.

Riteniamo che una formazione OSS Statale, come in Europa, di due anni, con veri docenti, possa realizzare un corretto piano di studi per gli operatori e garantire un’assistenza di base adeguata ai cittadini di diverse fasce di età; l’infermiere ha un operatore preparato e quindi si riducono drasticamente le possibilità di errori nell’assistenza, poiché l’errore non è privo di conseguenze nell’assistenza.
Dato che le competenze professionali vanno oltre il contesto della formazione professionale di base, la formazione deve ampliarsi e approfondirsi attraverso un aggiornamento continuo, mettendo gli oss in condizione di collaborare con tutte le professioni sia nel sanitario sia sociale con funzioni e ruoli ben definiti. La federazione migep e il sindacato shc oss in collaborazione con l’Opi di Firenze – Pistoia sta attuando un percorso di certificazione delle competenze, cercando di colmare il vuoto formativo esistente con l’obiettivo di avere una figura più funzionale per i sistemi sanitari – sociali.

In molte strutture specialmente quelle private, rsa, ra, casa famiglia, l’assistenza di base è affidata esclusivamente all’oss, possiamo comprendere come vengono impegnate le competenze di questa figura dove in casi non prettamente sporadici ma continui, svolge competenze infermieristiche.
Su questi problemi ci siamo incontrati con la Fnopi, con l’obiettivo di proporre un percorso di formazione che non sia più diverso da Regione a Regione, da Provincia a Provincia, per mettere in piedi una strategia comune per offrire agli OSS una formazione adeguata (sia a quelli formati, sia a quelli da formare). (si allega copia)
Un altro punto dolente, il precariato nella sanità, è una storia senza fine. Sarà fondamentale dare atto attraverso procedure concorsuali in modo trasparente chiudendo quel percorso minato da troppe anomalie amministrative e di reclutamento di personale sanitario precario e demotivato.
Bisogna riflettere su quanto sta avvenendo, anche sulla libera professione degli oss, dobbiamo valutare possibili sviluppi, compiti, e competenze che possono svolgere in autonomia, le responsabilità, da esse derivanti e riflettere sul percorso ottimale per l’insieme della professione per prevenire l’abusivismo che è fonte di enormi criticità, affinché si possa garantire quella qualità delle prestazioni e per dare una risposta alla crescente e diffusa domanda che proviene da ampi settori della società e nello specifico nel settore sanitario e sociosanitario attraverso corsi di aggiornamento professionale continuo, e certificazione delle competenze.

Bisogna affrontare la valorizzazione professionale anche di altre figure che sono continuamente ignorate, (puericultrici – inf generici) con uno sguardo ai sistemi e valori di queste professioni e dare piena attuazione all’area delle professioni sociosanitarie come prevista dalla legge 3/18 all’oss.

L’elenco regionale ha solo fini di censimento e non di professionalità, ma soprattutto quale valore a livello contrattuale dà il censimento?

Affrontiamo in modo serio la formazione, molti corsisti non hanno mai fatto un’ora di lezione e/o un’ora di tirocinio. Attestati fasulli che però hanno prodotto lavoro reale; e questo a discapito dei pazienti che oggi sono assistiti da personale per nulla qualificate. Un giro di affari non da poco dietro “diplomificio”.

Il Ministro della Salute afferma in una nota 56436 del 22 novembre 18 “che l’oss è sprovvisto delle caratteristiche della professione sanitaria in senso proprio, per la mancanza di autonomia professionale, con funzioni accessorie e strumentali e per una formazione di livello inferiore….”

Qui si parla di persone da assistere e di cui prendersi cura, non di macchine. Qui si parla di persone in carne ed ossa, di bambini, adulti e anziani che hanno il diritto a essere assistiti da personale veramente qualificato.

Rivedere il profilo dell’Operatore Socio Sanitario, avviare indagini conoscitive sulle scuole formative, attuare una formazione statale omogenea su tutto il territorio Nazionale, formazione continua, lavoro usurante, rivedere le competenze e non sponsorizzare un elenco regionale con funzioni meramente ricognitive come se fosse la salvaguardia di una professione. L’Elenco, non costituisce requisito per l’esercizio dell’attività,” pertanto non è un meccanismo che da la possibilità di trovare lavoro, e nemmeno la possibilità di istituire albo professionale dell’oss, né tanto meno interagisce nei concorsi, e non da crescita professionale.

Su quanto descritto e messo in evidenza “criticità della professione degli operatori sociosanitari e criticità dell’assistenza ai cittadini” la federazione nazionale Migep Area OSS chiede alle S. V. un incontro urgente.
Federazione Migep / SHC OSS
Angelo Minghetti

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