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Modelli assistenziali: come Infermieri (e OSS) gestiscono i Pazienti.

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Quanti modelli assistenziali conoscete? Eccone alcuni dei più importanti a cui gli Infermieri sono più legati. Utili anche per gli Operatori Socio Sanitari (OSS).

Ecco un elenco dei principali Modelli Assistenziali in voga in Italia e all’estero. Nella vostra Unità Operativa o nella vostra struttura cosa utilizzate? Infermieri sempre più al fianco del Pazienti, che prendono in cura nella loro totalità.

Questi modelli possono essere utili anche agli Operatori Socio Sanitari (OSS), personale di supporto del Professionista Infermiere.

  • Total Patient Care: ovvero il Modello della Presa in carico totale.

Fu utilizzato fino agli anni ’30, poi cadde in disuso. E’ stato riutilizzato negli anni ’80. L’infermiere si prende la completa responsabilità di un gruppo di pazienti. raggruppamento omogeneo di Pazienti. Qualità dell’assistenza alta. Continuità assistenziale garantita solo per un turno.

  • Functional Nursing: ovvero Modello di Assistenza Funzionale o per Compiti.

Torniamo indietro negli anni ’40. L’Infermiere è capo turno e assegna compiti/mansioni al personale infermieristico o di supporto in base alla complessità dell’assistenza. E’ come una catena di montaggio.

Alta competenza nel proprio compito, in assenza, tuttavia, di continuità assistenziale e visione globale del Paziente. Oggi in Italia viene ancora utilizzata in alcune case di riposo e in alcune ex-IPAB o Aziende Servizi alla Persona, anche se non è raro trovare l’utilizzo di questo modello in Veneto, in Sicilia, in Campania, in Basilicata, in Lombardia e in alcune aree del Lazio.

Si assiste il maggior numero possibile di Pazienti con poche risorse (aumenta produttività). Il demansionamento (o la deprofessionalizzazione come amiamo definirlo noi) la fa da padrone. E’ scarsa l’attenzione ai bisogni psico-sociali e culturali. Nessuno degli Infermieri si prende la responsabilità completa del Paziente.

  • Team Nursing: ovvero Modello per Piccola Equipe.

In voga negli Anni ’50 e ’60 è stato rivalutato di recente. Un Infermiere “specialista” e con adeguate competenze guida una squadra composta da Infermieri e OSS. Il capo equipe elabora piani di assistenza e coordina il gruppo.

assistenza frammentata, in base alla composizione dell’equipe un pz può essere seguito per la maggior parte del tempo da un OSS invece che da un infermiere, a discapito della qualità dell’assistenza.

  • Primari Nursing: ovvero Modello dell’Assistenza Personalizzata.

In voga dagli anni ’70 in poi. Vi è un infermiere referente che si assume la responsabilità di un certo numero di Pazienti. Il professionista stila piani assistenziali. Quando non presente gli altri infermieri si attengono al piano assistenziale da lui stilato. Non sono previsti OSS. La comunicazione è orizzontale, da operatore a operatore. Aumenta la qualità dell’assistenza. Migliorano la comunicazione e la continuità assistenziale.

  • Case management.

Il Case Manager è un professionista con Master di primo livello in materia che provvede all’assegnazione e al coordinamento dei servizi socio-sanitari destinati alla gestione clinica di un determinato target di utenti (per specifiche patologie). Esso si occupa della creazione di un particolare processo assistenziale tarato sul singolo paziente che viene seguito in tutte le fasi, dall’ammissione alla dimissione.

Il Case Manager non ha solo un ruolo clinico (realizza il piano assistenziale), ma anche manageriale (pianifica interventi e modalità di trattamento, inizia a elaborare il piano di dimissione al momento della presa in carico dell’Assistito, determina obiettivi e durata della degenza, valuta qualità dell’assistenza e esiti degli interventi) e finanziario (garantisce giusta assegnazione delle risorse) .

Il Case Manager garantisce la continuità assistenziale e massimo livello di autonomia residua del Paziente (empowerment), identifica percorso extra-ospedaliero appropriato, garantisce una dimissione protetta. riduzione tempi di degenza, ricoveri e costi. Nello specifico: il case management aumentata la soddisfazione da parte degli Infermieri, ma soprattutto da parte dei Pazienti.

  • Modular Nursing: ovvero Modello per Settori o Modulare.

L’Infermiere è assistito da personale di supporto (OSS) ed è responsabile di un gruppo di Pazienti durante il proprio turno. A differenza del modello per piccola equipe il professionista eroga direttamente l’assistenza con l’aiuto degli altri membri del gruppo.

  • Chronic Care Model.

E’ il modello di assistenza per Pazienti affetti da patologie croniche. L’approccio è proattivo. Si passa da una medicina di attesa a una medicina d’iniziativa.

Tale modello si basa su 6 elementi:

  1. Risorse della comunità. Per migliorare l’assistenza ai pazienti cronici le organizzazioni sanitarie devono stabilire solidi collegamenti con le risorse della comunità;
  2. Organizzazioni sanitarie. Una nuova gestione delle malattie croniche dovrebbe entrare a far parte delle priorità degli erogatori e dei finanziatori dell’assistenza sanitaria;
  3. Supporto all’auto-cura. empowerment;
  4. Organizzazione del team. La struttura del team assistenziale deve modificata, introducendo una divisione del lavoro e separando l’assistenza ai pazienti acuti da quella ai pazienti cronici. Il personale non medico è formato per supportare l’auto-cura dei pazienti, per svolgere alcune specifiche funzioni e assicurare la programmazione e lo svolgimento del follow-up dei pazienti. Le visite programmate sono uno degli aspetti più significativi del nuovo disegno organizzativo del team;
  5. Supporto alle decisioni. Linee-guida e attività di aggiornamento per tutti i componenti del team;
  6. Sistemi informativi. I sistemi informativi computerizzati hanno funzione di sistema di allerta che aiuta i team delle cure primarie ad attenersi alle linee-guida; di feedback mostrando i livelli di performance nei confronti degli indicatori delle malattie croniche, di registri di patologia (liste di tutti i pazienti con una determinata condizione cronica in carico a un team di cure primarie) per pianificare la cura individuale dei pazienti e per amministrare un’assistenza “population-based”.
  • Modello Organizzativo per Intensità di Cure.

Gli Ospedali e i luoghi di cura non sono più organizzati per disciplina (e con i Pazienti ricoverati nelle diverse unità di base e per patologia), ma ricoverati per uguale livello di bisogno assistenziale. Esso si riscontra in alcune Unità Operative presso l’Ospedale “Galliera” di Genova, dove continuano le sperimentazioni in merito. Da leggere anche Infermieri Protagonisti: viaggio nel primo reparto senza medici.

Vi è una nuova concezione di ospedale, che origina dal cambiamento del profilo dei Pazienti (complessità, comorbidità).

Il Paziente è al centro del processo di cura e i professionisti gli ruotano attorno.

E’ un modello di assistenza basato sulla valutazione della complessità clinica e dell’intensità assistenziale, permette di rispondere in modo diverso e appropriato con tecnologie, competenze, quantità e qualità del personale assegnato.

L’assistenza per intensità di cura prevede tre livelli:

  1. alta intensità (le degenze intensive e sub intensive…);
  2. media intensità (le degenze per aree funzionali: area medica, area chirurgica…);
  3. bassa intensità (per pazienti post acuti).

Strumenti di classificazione:

  1. intensità di cura > MEWS, ViEWS/NEWS, CIRS e KPS;
  2. complessità assistenziale > SIPI, ICA, IIA, MAP, Per.V.In.CA, ASGO, Persiceto’s Score, Tri-Co.

Il MEWS quale score di allerta precoce (Early Warning Score-EWS), ha l’obiettivo di fornire una misura riproducibile di quanto un paziente sia a rischio di deterioramento, permettendo così di identificare i pazienti che stanno peggiorando prima che la loro condizione diventi troppo grave. Finalità degli EWS è infatti predefinire la tempestività e l’intensità della risposta clinica per ciascun singolo caso; essi possono anche essere predittivi della mortalità e della durata di degenza. Il principio di base degli EWS è la raccolta di parametri fisici di usuale e facile riscontro in una scala a punteggio che consenta una veloce e condivisa valutazione dello stato clinico, dopo adeguata formazione.

Il MEWS esplora la criticità clinica considerando 5 (o più a seconda dei contesti) dimensioni.

I punteggi di ogni singola dimensione, tranne nel caso della temperatura corporea, variano tra 0 e 3. Vengono sommati per ottenere il MEWS complessivo, che può variare da 0 a 14; secondo il cut-off adottato nello studio di riferimento il paziente è considerato critico se il MEWS > 5.

  • Bed Management.

Il Bed Manager è la figura in grado di coordinare e garantire un corretto “patient flow” (movimentazione del paziente all’interno della struttura sanitaria dall’ammissione alla dimissione). Possono diventare Bed Manger: infermieri, medici o ingegneri gestionali.

Non vi sono percorsi universitari specifici. La maggior parte degli Infermieri Bed Manager sono coordinatori esperti o membri della direzione sanitaria, con laurea magistrale e/o specializzazioni/master indirizzati al governo ed al rischio clinico.

L’infermiere Bed Manager opera spesso all’interno del Pronto Soccorso (come accade per esempio a Bologna), ma può anche svolgere la propria attività in modo distaccato.

Di cosa si occupa? Essenzialmente di:

  1. gestione iperafflusso: numero di pazienti che accede al Dipartimento Emergenza Accettazione;
  2. riduzione dell’overcrowding: criticità data dalla presenza contemporanea di un elevato numero di persone assistite in osservazione e di persone assistite in attesa del ricovero;
  3. riduzione dei tempi di attesa.

Quando i flussi dei pazienti sono ottimizzati, si ottengono diversi vantaggi.

Ad esempio:

  1. una migliore appropriatezza del setting assistenziale in cui è sistemato il Paziente;
  2. una razionalizzazione delle risorse derivante dal miglior utilizzo di strutture, personale medico e infermieristico;
  3. una riduzione della degenza media accompagnata da un aumento della produttività.

Sitografia e fonti:

  • L.J. Carpenito, LINK;
  • Infermieristica in breve: LINK.
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