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martedì, Aprile 16, 2024
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Martina, infermiera delle cure domiciliari: “diamo dignità alla morte, ecco la storia di Cristina e dei suoi tacchi rossi”.

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Martina Tiberini fa la coordinatrice infermiera alle cure domiciliari di Venezia. Oggi ci racconta di Cristina: “diamo dignità alla morte, ecco la storia di una paziente particolare e dei suoi tacchi n. 12”.

Nella rubrica #QuiConTe, ideata dall’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Venezia, è stata presentata la storia di Martina Tiberini, 52 anni, coordinatrice in assistenza domiciliare. L’idea dell’OPI è quella di valorizzare le esperienze professionali degli infermieri veneziani.

Martina è infermiera coordinatrice alle Cure palliative domiciliari. La sua è stata una scelta professionale ben precisa, prendersi cura delle persone con dignità e rispetto nell’accompagnamento alla fase terminale della loro vita.

Fare questo lei lo considera un privilegio. Il luogo di cura è la casa del paziente, il suo ambiente familiare ed il contesto sociale in cui vive. «A chi mi chiede cosa fa l’infermiere di Cure palliative domiciliari – dice Martina – faccio fatica a rispondere perché non facciamo semplicemente delle prestazioni, ma il nostro è un lavoro più di tipo relazionale con tutte le persone coinvolte e di rete con le risorse/opportunità che ci offre il territorio».

Per questo ha deciso di raccontare il suo lavoro attraverso la storia di Cristina (il nome è di fantasia).

Ecco la sua storia e quella di Cristina, una sua assistita terminale.

di Martina Tiberini

Ti rendi conto di quante siano le case senza ascensore quando cominci a fare questo lavoro: tutti i miei pazienti abitano in case senza ascensore! Pochissimi al primo piano, quasi tutti al terzo o al quarto… Anche Cristina abita in un appartamento al quarto piano, naturalmente, senza ascensore…

I colleghi della Croce Verde che l’hanno portata a casa dall’ospedale hanno faticato non poco a sollevare la sedia per le scale cosi strette! Da quel giorno Cristina è rimasta a casa: sono io che vado a trovarla, per medicarle le emergenze delle nefrostomie e dei drenaggi, per cambiarle le sacche, per somministrarle le terapie infusive. La novità di ieri è che la morfina al bisogno non basta più: cosi Cristina ha vinto anche l’elastomero sotto cute, per controllare il dolore. A casa riesce ancora a muoversi discretamente con il deambulatore, a cui appende i suoi sacchetti. Quando suono il campanello, so che devo aspettare fiduciosa: arriverà ad aprirmi la porta, con calma: ci vuole tempo per camminare con il deambulatore, facendo attenzione a non incespicare sui vari tubi e tubetti.

“Non riesco ad abituarmi, con queste ciabatte!” “Perché? Hanno una bella suola in gomma, ti pare di scivolare? Non ti senti sicura?” “Ma no, sono comode, ben aderenti al pavimento, non è quello il problema … sono brutte! E sono vecchie! lo non mi ci vedo proprio! Ho bisogno di un paio di scarpe nuove!” Un paio di scarpe nuove? Ma se non puoi uscire di casa, cosa te ne fai di un paio di scarpe nuove? “C’è un centro commerciale nuovo, mi hanno detto che è molto bello, ci sono tanti negozi, mi piacerebbe proprio andarci… ma come faccio? Con tutti questi tubi e sacchetti… mi vergogno! Mi sembra di essere Cenerentola, sempre vestita di stracci… se ci fosse anche per me la fata Smemorina… Ma tu non puoi fare qualcosa?” Beh, se avessi incontrato la fata Smemorina e fossi stata nei tuoi panni, ecco, non credo che avrei chiesto le scarpe nuove… Però… qualcosa… sì qualcosa forse posso fare… posso attaccarti dei tubi più corti, posso metterti dei sacchetti piccoli, poi li puoi nascondere sotto un vestito largo: non durano 24 ore ma per una mezza giornata possono bastare. Ma come fai per scendere 4 piani di scale? Non è che si possa trasformare la zucca in ascensore! “Ma per quello non ti preoccupare: mio figlio e il mio compagno si alternano a portarmi: io gli salgo in groppa, come a cavalluccio” Beh, sì, si può fare… io ti aspetto giù con la carrozzina, poi la carichiamo in macchina, arrivi fino al centro commerciale… Dai, fatta! Ci metto quasi un’ora a sistemare tutte le medicazioni, attacco sacchetti da stomia, carico e sostituisco l’elastomero con la terapia antalgica, mentre la flebo con l’antibiotico (… perché Cristina ha anche una bella infezione da trattare!) scorre lentamente… Il vestito, quello largo, che portava prima di ammalarsi, quando il suo peso era decisamente diverso, è sulla sedia; “Ti aiuto ad indossarlo: perfetto! Un po’ di fard sugli zigomi, il rossetto corallo… ecco! Sei una meraviglia!”
Passo nel tardo pomeriggio, a casa di Cristina. Sì, il mio turno è finito, potrei tornare domani ma non so se le medicazioni hanno tenuto, se si è staccato qualcosa, se si è stancata troppo e ha dolori… la notte è lunga, quando stai male… Suono il campanello, una, due, tre volte… finalmente, qualcuno mi apre il portone: è la signora del piano di sotto “Vieni, vieni, ti porto io da Cristina, ho io le chiavi … non ti aspettava, sai, oggi si è stancata molto, adesso sta riposando”. Infatti la trovo a letto, vestita come l’ho lasciata questa mattina, con il trucco disfatto… “Sto bene, sono solo un po’ stanca, sai, ho girato tanto al centro commerciale… Guarda!” Scosta un po’ le coperte e mi fa vedere uno splendido paio di decolleté rosse, tacco 12 direi… e non è tutto! “Guarda lì, dentro le scatole, ne ho prese altre due paia, non ho resistito, non trovi che siano meravigliose?”
Si, Cristina, le tue scarpe sono meravigliose. Anche se non le hai mai usate per camminare: Da quel letto ti sei alzata ancora un paio di volte; l’antibiotico non è riuscito a contrastare l’infezione, ti ho dovuto mettere un catetere vescicale, il medico ha aumentato i dosaggi della terapia antalgica… dieci giorni dopo, il tuo compagno ha voluto che le tue splendide decolleté rosse le potessi indossare per il tuo funerale.

Vai Cristina, cammina libera per dove non ci sono drenaggi, tubi, sacchetti … forse non ci sono neppure strade o scale da scendere, ma tu non curartene, cammina con le tue meravigliose scarpe nuove!

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