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giovedì, Marzo 28, 2024
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KCP e infezioni ospedaliere: cura e prevenzione.

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Il batterio piu’ pericoloso che si sta diffondendo in Italia si chiama Klebsiella pneumoniae carbapenemasi-produttrice, noto come KCP.

Solitamente medici e infermieri con le loro mani possono diffondere il batterio KPC se non si adotta un’adeguata igiene delle mani e le precauzioni aggiuntive, ecco perché vanno indagate strategie preventive atte alla riduzione dell’incidenza del batterio più pericoloso in ambito sanitario.

KCP: Mani non lavate, smalto, unghie troppo lunghe sono alcune delle cause per cui si diffondo le infezioni correlate all’assistenza. Finché le infezioni sono curabili con gli antibiotici o con adeguate terapie, le notizie di nuove infezioni non sfociano in l’allarmismo. Quando inizia il problema? Quando non esiste una cura.

Ecco il problema dei nuovi batteri, è previsto che nei prossimi cinquant’anni assisteremo ad un’inversione di rotta rispetto alle cause di morte. All’apice tra qualche anno troveremo le infezioni. Fleming, premio nobel per la medicina nel 1945, è riuscito con la sua scoperta a rivoluzionare il mondo; infatti la penicillina ha ridotto di molto la mortalità ed ha aperto la strada alle terapie curative e non solo sintomatiche delle infezioni. Oggi stiamo per trovarci ad un punto di non ritorno: i farmaci che abbiamo sono riusciti in passato a sconfiggere batteri, virus e miceti ma oggi non bastano più. Questo è accaduto proprio perché negli anni si è abusato di questi preziosi composti chiamati antibiotici.

Il KPC, acronimo di Klebsiella pneumoniae carbapenemasi-produttrice, è attualmente tra i batteri gram-negativi e non più diffusi in ambiente ospedaliero. Questa situazione di allarme non riguarda solo la nostra penisola, anche i lungimiranti paesi anglosassoni stanno da anni combattendo questa vera e propria pandemia. Il KPC come altri batteri non ha una cura specifica; infatti presenta una resistenza data dallo smodato utilizzo degli antibiotici. L’unica soluzione dunque è arginarne la diffusione. Se trovare una cura ad hoc pare ad oggi improbabile, sarà compito dei sanitari cercare di arginare il fenomeno. Come se la battaglia contro questo batterio fosse un monito etico.

KCP tra i batteri killer più diffusi.

I batteri killer più diffusi in ambito ospedaliero sono i seguenti: MRSA, stafilococco metilicillino resistenze; KPC, Klebsiella pneumoniae carbapenemasi-produttrice; Pseudomonas aeruginosa; Acinetobacter baumannii; Enterococco resistente alla vancomicina; Gonococco multiresistente. Si stanno sviluppando numerose resistenze anche in malattie ormai debellate come per esempio la Sifilide.

Quando questo batterio va ad attaccare l’organismo ospite è necessario attuale terapie empiriche, dal momento che non vi è una cura. Se poi a causa delle difese immunitarie dell’organismo ospite, il KPC migra in distretti corporei dove di solito non è presente o si moltiplica più del dovuto vi è il rischio di svilupparsi una setticemia quasi sempre mortale. La Klebsiella è ubiquitaria nell’intestino umano, ma quando infetta polmoni o vie urinarie è quasi impossibile debellarla. L’esame che consente la diagnosi è un tampone rettale che registra l’aumento della Klebsiella oltre ai valori soglia e ne evidenza la mancata reattività ai carbapenemi.

Se vi è il dubbio che il paziente sia infetto oppure qualora sia già giunto il referto positivo del tampone,  sarà compito di tutti gli operatori adottare precauzioni aggiuntive da contatto per ridurre la diffusione del batterio. Ma KPC non è un unico batterio, è la descrizione di una caratteristica intrinseca del batterio, questo significa che vi sono varie specie di batteri che possono ospitare la resistenza KPC.

KCP: quali fattori di rischio?

fattori di rischio sono dagli ultimi studi: senilità, affezione di malattie altamente invalidanti, precedenti trattamenti con antibiotici, prolungata ospedalizzazione. Le conseguenze della diffusione di tale resistenza si stanno ripercuotendo in termini economici su tutto il SSN, Sistema Sanitario Nazionale.

Dott.ssa Giulia De Francesco
Dott.ssa Giulia De Francesco
Infermiera, classe 1994. Vive a Imola e lavora presso l’AUSL Romagna (Faenza); studia a Bologna per conseguire la laurea magistrale. Laurea in infermieristica con Lode presso l'Università di Bologna, I sessione (ottobre 2016). Master in funzioni di coordinamento con Lode presso l'Università di Modena e Reggio Emilia, I sessione (novembre 2018). Una pubblicazione scientifica sulla rivista italiana ANIPIO "Sperimentazione di una check-list per implementare un Bundle per la prevenzione delle batteriemie correlate a Catetere Venoso Centrale" (ottobre 2017). Ama leggere e camminare, non datele un microfono perché improvvisa un karaoke ovunque.
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