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Infermieri riminesi scrivono al Ministro della Salute Roberto Speranza: “noi presi in giro da lei e dal suo Governo”.

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L’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Rimini scrive al Ministro della Salute Roberto Speranza. Mazzotti: “noi offesi dalla politica, sottopagati e demansionati”.

Ecco la Lettera aperta al Ministro della Salute, On.le Ministro Speranza

Egr. Sig. Ministro Speranza,

troviamo sconcertante l’atteggiamento del nostro Governo, che dopo aver rilasciato dichiarazioni di ogni tipo a favore degli esercenti le professioni sanitarie, ma anche promesse di un riconoscimento tangibile mai onorato, ha di fatto lasciato in uno stato di abbandono questi lavoratori che hanno dato il meglio delle loro capacità e abilità professionali per fronteggiare la recente pandemia a beneficio del bene collettivo e oggi decisamente dimenticati.

Non ci rimane che fare appello al buon senso di chi ci governa e amministra ormai, ultima spiaggia in questa desolante assenza delle Istituzioni.

Era il 1990 quando durante la X legislatura la Commissione V (Bilancio, Tesoro e Programmazione) all’interno della seduta di giovedì 19 aprile, attraverso le audizioni di alcuni ministri, si sollevavano già all’epoca, considerazioni del tutto ovvie in merito, in particolar modo, alla professione infermieristica.

È evidente, per buon senso come riportato nel documento, che all’interno della Pubblica Amministrazione questa professione rappresenti un unicum non rapportabile a tutte le altre inserite, per tipologia, caratteristiche, turnazione, quindi in alcun modo confrontabile con quelle degli altri settori.

Ogni rinnovo contrattuale ha di fatto rincorso il tentativo di colmare un vuoto già esistente, quindi non rappresentare mai una sostanziale armonizzazione fra realtà, costo della vita e remunerazione economica. Esiste un’emergenza che fate finta di non vedere per quanto concerne la nostra professione, ma puntualmente tutta la collettività beneficia, come deve essere, del nostro operato, però ci sentiamo di dire che questo beneficio non viene adeguatamente riconosciuto a livello economico.

Il rapporto medici/abitanti è da sempre al di sopra della media europea (fonte OCSE), per quanto riguarda il numero di infermieri ogni mille abitanti siamo ottavi prima del fanalino di coda della lista: la Turchia, davanti a noi ben ventinove Paesi, ma non per questo ci sentiamo ultimi per quanto concerne preparazione e professionalità. Sono trascorsi trent’anni e raccontiamo ormai con tristezza sempre le stesse cose, mai ascoltati, falsamente complimentati (non siamo “eroi”) mai riconosciuti nei fondamentali di cui una professione così importante si nutre: dignità, riconoscimento sociale ed economico (art. 36 della Costituzione).

Di fronte alla maggior parte dei nostri colleghi europei risultiamo sottopagati, anche questo fattore ovviamente implica una carenza di personale come organico, oltre a rappresentare un ulteriore elemento di umiliazione.

Al contrario dei nostri colleghi medici non possiamo esercitare la libera professione a causa del vincolo contrattuale di esclusività, che però non ci viene poi riconosciuto sotto il profilo economico. Le nostre indennità sono ridicole rimaste ferme da trent’anni. Il nostro è un lavoro disagiato che consente però ad un sistema, come quello sanitario, fiore all’occhiello del nostro Paese, di funzionare 365 giorni l’anno, 7 giorni su 7, 24 ore su 24.

Sono stati mesi nei quali è stata messa a dura prova sia la resistenza fisica che quella emotiva, coperti da encomi verbali, eccoci qui a raccontarci dopo trent’anni sempre le stesse cose. Dovrebbe essere per noi motivo di incoraggiamento? Se è uomo di buon senso riteniamo che la risposta possa essere una sola. «La mortificazione della dignità professionale non può non produrre un allontanamento dal lavoro», questo viene riportato nel documento che abbiamo citato sopra, per sottolineare un’ultima volta la necessità e l’urgenza di intervenire a favore della nostra professione non più con parole sterili, ne siamo francamente stanchi e ce ne sentiamo derisi, serve un atto di volontà politica, deciso e preciso, questo farebbe, ne siamo convinti, un Governo che abbia compreso esattamente gli accadimenti degli ultimi mesi e desideri sanare un vuoto che col passare del tempo si trasformerà in voragine, difficile poi da potersi colmare.

In quegli anni la politica ha compreso e ha agito, ne sono trascorsi trenta: ritiene siano sufficienti?

Il Presidente OPI Rimini
Marina Mazzotti

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