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Infermieri, Professionisti Sanitari e OSS: FIALS chiede alla politica assunzioni e riforma concorsi.

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Giuseppe Carbone, segretario generale della FIALS, scrive al ministro della salute e al presidente della Conferenza Regioni-Province Autonome per proporre la sua soluzione alla carenza atavica di personale in sanità.

Per rilanciare le professioni infermieristiche, quelle tecnico-sanitarie-riabilitative e quelle socio-sanitarie occorre passare da una sostanziale riforma e considerazione del personale del Servizio Sanitario Nazionale. Maggiori riconoscimenti economici, professionali e culturali solo alla base di un rilancio serio di tutto il SSN. Senza trascurare la necessaria riforma dei concorsi, che ad oggi resta una giungla gestita da pochi. E’ il sostanziale contenuto di una dura missiva inviata dal segretario generale della FIALS, Giuseppe Carbone, al ministro della salute Roberto Speranza e al presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome Stefano Bonaccini.

Ecco il contenuto della missiva di Carbone.

Oggetto: Documento Regioni carenza personale SSN.

In merito al documento elaborato dalla Conferenza delle Regioni su “Proposte riguardanti la carenza di medici specialisti e la valorizzazione delle professioni sanitarie non dirigenziali” FIALS apprezza lo sforzo fatto, ma prende atto di una serie di deformità di pensiero nella visione della rinascita del nostro SSN.

“Il personale è il vero perno della Sanità su cui investire”, oggigiorno non si sente dire altro dai media, nei congressi come pure nei vari tavoli di confronto. Eppure a conti fatti, quando si arriva a qualcosa di concreto il concetto di valorizzazione di TUTTO il personale ad un tratto sembra perdere il suo fascino agli occhi dei politici – schede patto della salute 2019-2021 e in questo caso dei rappresentanti delle Regioni.

In dieci pagine di documento solo 9 righe dedicate ai professionisti sanitari, solo 2 che fanno riferimento ai cambiamenti demografici e ai bisogni della popolazione.

Non è certamente nostra intenzione mettere in secondo piano il problema del numero degli specialisti medici in Italia, riteniamo però che il documento sia l’ennesimo affronto sui 250 mila infermieri e su tutti gli altri professionisti della salute che ogni giorno continuano a lottare per offrire un servizio sanitario pubblico, ancora degno di questo nome.

Riteniamo sia in atto una vera e propria crociata contro i professionisti sanitari che da anni denunciano gravi carenze di organico. Solo per fare un esempio mancano 53 mila infermieri. In Italia, siamo notevolmente al di sotto del rapporto numero di infermieri/pazienti rispetto al resto d’Europa, ma a quanto pare questo a nessuno importa.
Nonostante anche l’OMS, nel documento presentato sull’Italia per la 68esima Assemblea Generale abbia sottolineato che, percentualmente, ci sono molti medici rispetto al numero di abitanti e pochi infermieri rispetto al numero dei medici, il tema della carenza dei professionisti sanitari sembra non suscitare lo stesso fascino agli occhi della politica italiana.

L’Ocse conferma: il numero di infermieri in Italia per mille abitanti è tra i più bassi dei 35 paesi considerati nel nuovo Rapporto Health at a Glance Europe 2018 integrato con la banca dati OECD Health Statistics 2018: 5,6 che pone il nostro paese a sette posti dal peggiore (il Messico con 2,9) e ben lontano dalla media Ocse di 9,4. Al contrario, l’Italia è nona su 35 paesi per il numero di medici ogni mille abitanti e così, la proporzione tra infermieri e medici che dovrebbe essere di tre infermieri ogni medico (nell’Ocse la media è 2,87), si ferma inesorabilmente a 1,4.

E a preoccupare c’è il risvolto di tutto questo in termini di aumento di rischi per i pazienti e per gli stessi operatori: ogni infermiere dovrebbe assistere al massimo sei pazienti per ridurre del 20% la mortalità, ma attualmente ne assiste in media 11 e nelle Regioni dove la carenza è maggiore si arriva anche a 17.
E fin quando non verrà assunto e allocato il giusto professionista, al giusto posto per la giusta risposta ai bisogni dei nostri cittadini, sarà inutile ricorrere ai ripari con norme ponte che rischiano di minare ancora di più l’esistenza di un Servizio Sanitario Nazionale, capace di rispondere ai cambiamenti demografici e sociali. Sarà inutile anche parlare di fabbisogno di personale se a monte non Vi è chiara l’importanza di ogni professionista sanitario, non soltanto medico.

Si sta scegliendo di abbreviare corsi di laurea, assumere un medico senza specialità, farlo lavorare fino a 70 anni, aumentare il suo orario di lavoro contro ogni norma e logica di sicurezza del lavoratore e del cittadino stesso, piuttosto che rivedere modelli organizzativi oramai obsoleti.

E allora la domanda è: cosa c’è di innovativo nel documento? Di nuovo c’è che nel tentativo di seguire vecchie logiche medico-centriche si sta svendendo la formazione medica, mettendo in pericolo i futuri medici e i nostri cittadini che si ritroveranno ad essere curati da medici settantenni o da medici ancora in formazione, che hanno il sacrosanto diritto di usufruire del periodo di studio per imparare e non sperimentare ai danni di loro stessi e dei pazienti.

Il cittadino troverà di sicuro i medici, ma seguendo le vostre logiche di altri professionisti sanitari ne troverà sempre meno. Di infermieri, ostetriche, fisioterapisti, tecnici…ancora pronti a lasciarsi “insultare” da queste scelte politiche, inermi ad una cronica situazione di disagio ne resteranno pochissimi.
Come pure si denota la totale assenza di interesse per l’assunzione e la valorizzazione di operatori di supporto, assistenti sociali, educatori… anch’essi utili a garantire i LEA su tutto il territorio.

E’ palese che, il dramma della carenza attuale e futura dei medici specialisti e delle altre professioni sanitarie, ad iniziare dagli infermieri, abbia un colpevole facilmente individuabile nella programmazione oggettivamente errata del relativo fabbisogno formativo da parte di Stato e Regioni.
Se tutte le proposte contenute nel documento venissero realmente attuate è verosimile il rischio di avere nel prossimo futuro un nuovo eccesso di specialisti, riproducendo gli effetti negativi della pletora medica degli anni ’80.

Nel merito del documento è doveroso, innanzitutto, sottolineare che già nel titolo è possibile riscontrare l’ennesimo oltraggio a carico delle professioni sanitarie, descritte ancora come “non dirigenti”. Per differenziarle dalla professione medica, continua ad essere usata questa espressione, senza tener conto delle centinaia di professionisti sanitari dirigenti con maggiori responsabilità gestionali-dirigenziali (vere rispetto alla stragrande maggioranza dei dirigenti medici) che perseguono e raggiungono diversi e numerosi obiettivi strategici per il buon funzionamento del SSN.

In relazione ai punti esposti si esprimono le seguenti considerazioni:

1. Adozione di una disposizione legislativa (e previsione contrattuale) per consentire l’accesso al SSN dei medici privi di diploma di specializzazione, garantendo agli stessi la possibilità di conseguire un titolo di specializzazione

Su questa proposta, in tempi non sospetti, avevamo già laicamente espresso consenso, ritenendola l’unica in grado in grado di affrontare l’emergenza delle migliaia di medici ai quali è negato l’accesso alle specializzazioni, soprattutto se si potenzia la funzione formativa dello stesso SSN, ma è evidente che questa soluzione dovrebbe esser prevista anche per le altre professioni sanitarie regolamentate dall’art.15 del dlgs 502/92.

2. Modifica della disciplina concorsuale;

3. Modifica norma utilizzo graduatorie;

4. Modifica delle disposizioni inerenti il collocamento a riposo.

Sono tre punti nei confronti dei quali non esprimiamo giudizio negativo e che anzi riterremmo positivi se estesi all’intero comparto del personale del SSN. In merito, al punto 4, riteniamo che non vi possa essere un danno al SSN se la norma venisse realizzata nelle condizioni di volontarietà, di verifica delle condizioni di salute e comunque di equiparazione agli altri comparti speciali quali università e giustizia.

5. Adozione di una disposizione legislativa che consenta, entro precisi limiti, il conferimento di incarichi libero professionali al fine di garantire l’erogazione dei LEA ed evitare l’interruzione del servizio pubblico
Su questa proposta esprimiamo la massima contrarietà in quanto il ricorso a contratti anomali da parte delle Aziende sanitarie è stata già una prassi nefasta che, sin dagli anni 80, ha prodotto solo sacche di precariato sottopagato e senza diritti, per il quale si è stati costretti ad emanare norme straordinarie per la stabilizzazione.
Altrettanto curiosa e assurda l’idea di assumere un dirigente pediatra con la specializzazione in geriatria…

6. Piena attuazione dell’art.1, comma 548-bis della legge 145/2018 (assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato degli specializzandi).

La norma è condivisa e se ne chiede l’estensione sia temporale che alle altre professionalità della dirigenza del ruolo sanitario.

7. Ruolo del SSR nella formazione del medico specializzando
Questa proposta, a giudizio dello scrivente sindacato, dovrebbe essere quella centrale e realmente riformatrice in grado di integrarci agli altri modelli formativi europei. Dovrebbe divenire la normalità della formazione specialistica dei medici e delle altre professioni sanitarie abilitate a seguito di conseguimento di laurea magistrale: si specializzerebbero, così, laddove le professioni sanitarie operano e cioè nel SSN. Per quanto riguarda anche la parte teorica della formazione, la stessa non dovrebbe essere patrimonio degli Atenei ma, di norma, dovrebbero concorrere docenti dipendenti del SSN, nelle stesse sedi formative messe a disposizioni dalle aziende sanitarie, come già avviene per le altre professioni sanitarie ai sensi del terzo comma dell’art.6 del dlgs 502/92.
Il previsto contratto di “specializzazione e lavoro” dovrebbe divenire una ben definita fattispecie di contratto di formazione e lavoro a tempo determinato, regolamentato con uno specifico CCNL, se del caso integrativo a quello dell’area dirigenziale medica e sanitaria e del comparto sanità.

8. Revisione del corso regionale di formazione specifica in medicina generale
Si concorda con i contenuti proposti a condizione che evolva in una specializzazione come le altre e gestita nelle modalità del punto precedente.

9. Risorse aggiuntive per la valorizzazione delle professionalità del SSN
Questa norma è condivisibile se è garantita per ogni Regione, non alternativa ma integrativa ai fondi regionali già messi a disposizione e se estesa anche agli operatori e professionisti sociosanitari di cui all’articolo 5 della legge 3/18, nonché se incentivante l’attivazione degli incarichi di professionista esperto e specialista previsti dal vigente CCNL del personale del comparto sanità.

10. Adozione di una disposizione legislativa (e previsione contrattuale) per consentire ai medici dipendenti l’effettuazione di prestazioni aggiuntive ulteriori rispetto a quelle previste dall’art.55, comma 2 del CCNL 8 giugno 2000.

FIALS si dice assolutamente contraria in merito. A parte il continuo violare la normativa europea sul limite dell’orario di lavoro, si mette a rischio non soltanto il cittadino ma il professionista stesso. E’ dimostrato che lavorare oltre le 8 otto ore continuative espone ad un maggior rischio di errore clinico.
11. Determinazione del fabbisogno di personale per il SSR 12. Determinazione del fabbisogno formativo per il SSR

Nel concordare con tali proposte si ritiene che la programmazione debba tener conto di tutti gli spazi occupazionali potenziali delle professioni mediche e sanitarie anche al di là di quelli delle Aziende sanitarie ed, a tal fine, dovrebbero essere coinvolti nelle fasi di programmazione anche le Confederazioni ed i Sindacati rappresentanti gli esercenti le professioni sanitarie.

13. Revisione del percorso formativo per il conseguimento della laurea in medicina e chirurgia e del diploma di specializzazione
Se ne concorda se estesa alle altre professioni sanitarie, in particolare si evidenzia la necessità di modificare la formazione delle professioni individuate nei profili della dirigenza sanitaria in un ciclo unico di laurea magistrale, essendo pressoché non spendibile nel mercato del lavoro il relativo diploma di laurea triennale.
È altrettanto necessario adeguare i percorsi formativi delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione per meglio rispondere al mutato quadro epidemiologico e demografico ed all’evoluzione scientifica e tecnologica, prevedendo nel corso di laurea magistrale anche indirizzi professionali specialistici e non solo gestionali-didattici.

14. Valorizzazione del ruolo del medico specializzando
Nel concordare con le intenzioni di questa proposta si ribadisce, come proposto in precedenza, che il periodo di formazione specialistica deve evolvere nello status di vero e proprio contratto di formazione-lavoro a tempo determinato, regolato da un accordo nazionale, riconoscendo allo specializzando gli stessi doveri e diritti di qualsiasi altro dipendente a t.d., dandogli progressivamente ambiti di autonomia e competenza professionale in relazione al progredire della formazione.

15. Valorizzazione e sviluppo delle professioni sanitarie ex legge 43/2006. Questo punto, come si è detto, appare ridotto ed imperfetto nella formulazione, quasi simbolico, anche se lodevoli le intenzioni.

È conclamato che la carenza di medici possa essere affrontata, come positive esperienze pluridecennali hanno dimostrato in altri Stati, anche e non solo, dall’elevamento, riconoscimento e valorizzazione di competenze delle altre professioni sanitarie ad iniziare da quella infermieristica.

Questione risolta nel nostro Stato in via contrattuale con i nuovi incarichi di professionista esperto e specialista. Piuttosto che scrivere altra norma, come quella proposta, che tra l’altro già esiste ed è il comma 556 della finanziaria 2016 che risulta più partecipativo ed attuale, prevedendo la concertazione con le professioni, sarebbe quanto mai più opportuno:
– Investire economicamente negli incarichi di esperto e specialista;

Regioni e Ministero della Salute, in concertazione con sindacati ed ordini, concordino indirizzi comuni ed omogenei per la formazione in esperto, riconoscendo anche esperienze pregresse;
Ministeri dell’Università e della Salute in concertazione con Regioni, Sindacati ed Ordini concordino ed emanino gli ordinamenti didattici dei master specialistici ex art.6 della legge 43/2006 come proposti dall’Osservatorio delle professioni sanitarie, prevedendo il riconoscimento di crediti formativi totali o parziali di analoghi master già conseguiti.

16. Adozione di una disposizione legislativa per derogare all’orario settimanale di lavoro Trattasi di una proposta assolutamente non accettabile.

In conclusione, trattandosi di argomenti che investono nel profondo il mercato e l’organizzazione del lavoro sanitario, è opportuno prevedere il confronto con le rappresentanze sindacali del personale del SSN.

Pertanto, al fine di meglio esprimere le nostre proposte e perplessità in merito, con la presente chiediamo un incontro urgente.

Giuseppe Carbone – Segretario generale FIALS

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