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venerdì, Marzo 29, 2024
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Risk management in pediatria: una zona grigia nella ricerca

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Risk Management: ad oggi pochissima ricerca scientifica si focalizza sulla gestione del rischio clinico in ambito pediatrico.

Risk Management in pediatria: moltissimi professionisti operano in ambito pediatrico, che ha peculiari caratteristiche e che richiede una determinata gestione.

Indagando gli errori terapeutici l’American Institute of Medicine ha stimato che negli USA gli errori terapeutici, incluse le automedicazioni, uccidono ogni anno 7.000 persone. Sebbene i bambini siano generalmente più sani degli adulti, essi sono esposti tre volte di più ad errori terapeutici potenzialmente pericolosi a causa della necessità di personalizzare la dose del farmaco in base al peso corporeo e all’età, e questo è ancor più vero in un setting che richieda velocità decisionale, tempo ridottissimo per la preparazione ed alto stress, come accade in un dipartimento d’emergenza-urgenza.

Un acronimo per ricordarsi alcuni punti salienti, riguardanti la vulnerabilità del paziente pediatrico, è quello delle quattro D:

  • Developmental change, cambiamento continuo legato all’evoluzione, all’immaturità di vari sistemi corporei – come quello immunitario – nonché degli organi;
  • Dependence on adults, il bambino si connota come essere a sé, ma non è ancora indipendente totalmente e per vari aspetti dipende dalla figura dell’adulto. Il bambino dunque non si autodetermina e non si autogestisce in pieno, in aspetti fondamentali e di cura come l’assunzione della terapia;
  • Different disease epidemiology, il paziente pediatrico si differenzia da quello adulto per le differenti patologie che sviluppa e per le relative cure che non sempre sono propriamente adatte come formulazione ai bambini;
  • Demographic characteristics, il paziente pediatrico – come già espresso in precedenza – non è un piccolo adulto.

In Inghilterra negli anni dal 2007 al 2009 è stata condotta un’indagine dal ministero della Salute anglosassone, conosciuto come National Health Service, sugli errori in campo pediatrico. Le stime hanno evidenziato l’area critica si configura come il setting assistenziale con la più alta registrazione di errori, con 79% di errori nei bambini e 94% di errori nei neonati. Questo spiega che l’area critica – in particolare la terapia intensiva- si configuri come il contesto più pericoloso per i piccoli pazienti, pur non avendo questi errori causato danni rilevanti; infatti tra le segnalazioni di morte solo il 20-30% degli errori erano evitabili e prevenibili.

L’ambito in cui si sono verificati di più errori è stato quello della somministrazione di farmaci in particolare si sono verificati errori relativi al dosaggio.

Ogni fase della gestione del farmaco è delicata e necessita di un attenta osservazione in tutte le sue fasi: conservazione, prescrizione, preparazione, somministrazione e monitoraggio degli effetti.  Bisogna ricordare che la maggior parte degli errori od incidenti avviene alla fine del turno notturno o durante i turni di lunga per esempio nei fine settimana.

Un aspetto peculiare del piccolo paziente è quello relativo al peso. Se nell’adulto solo pochi farmaci necessitano di una calibrata misurazione del peso, come ad esempio: eparina o amiodarone, nel bambino invece tutti i farmaci vanno dosati in base al peso. Utilizzare un dosaggio in base all’età è tendenzialmente sbagliato; due bambini infatti possono avere la stessa età ma pesi diversi. Inoltre la conformazione fisiologica varia durante lo sviluppo dall’età natale sino alla prima infanzia; si pensi infatti che un neonato ha un’alta percentuale di acqua nel corpo – pari a 75/80% – e una bassa percentuale di tessuto adiposo. Questi fatto si legano strettamente con lo sviluppo anche degli organi interni del bambini, tale evoluzione più influenzare la distribuzione dei farmaci.

Tanto valore si dà al fatto peso, calandolo nella realtà dell’emergenza non è facile pensare di usare una bilancia, si farà allora affidamento all’ultimo peso registrato o riferito dai genitori.

Ove ciò non è possibile la scienza ci aiuta attraverso i percentili e la lunghezza del bambino. Se ci troviamo davanti a un piccolo paziente obeso, dovremmo comunque riferirci al peso ideale; infatti coloro che sono in sovrappeso possiedono minore volume extracellulare in relazione al peso e dunque un minore volume di distribuzione. Sappiamo che la relazione tra volume di distribuzione e concentrazione farmacologica è inversamente proporzionale: minore è il volume di distribuzione, maggiore la concentrazione del farmaco nei diversi distretti.

Non va dimenticato che oltre al peso è importante conosce anche i primi segni di sovradosaggio dei farmaci come l’ototossicità o la nefrotossicità per poter intervenire repentinamente in caso di errore, questo si rende possibile attraverso il monitoraggio che è prerogativa dell’infermiere nell’assistenza al paziente pediatrico o neonatale. Nell’ambito della gestione assistenziale, di cui è responsabile l’infermiere è importante avvalersi di strumenti di calcolo per giungere alla dose prescritta, è dimostrato infatti che l’uso di sistemi informatizzi e dispositivi computerizzati dimezzi il rischio di errore. Sarà cura del personale infermieristico inoltre controllare l’esatta formulazione del farmaco, da momento che – soprattutto per le somministrazioni per via endovenosa – esistono diverse diluizioni.

In ambito di dimissione l’infermiere è responsabile dell’educazione terapeutica e della valutazione degli interventi attuati, questo garantisce un ulteriore controllo e verifica di tutti gli aspetti non verbali, che possono sfuggire alla semplice lettera di dimissione. Come infermieri abbiamo la responsabilità di accertarci che ogni passaggio della gestione farmacologica domiciliare sia stato compreso ed interiorizzato, al di là delle barriere culturali e linguistiche. Per esempio per ricostituire una soluzione in sciroppo sarà importante valutare il rischio di sotto o sovradosaggio legato al differente cucchiaio che utilizzano al domicilio, pertanto è preferibile se esiste utilizzare quelli forniti dal produttore.

Dott.ssa Giulia De Francesco
Dott.ssa Giulia De Francesco
Infermiera, classe 1994. Vive a Imola e lavora presso l’AUSL Romagna (Faenza); studia a Bologna per conseguire la laurea magistrale. Laurea in infermieristica con Lode presso l'Università di Bologna, I sessione (ottobre 2016). Master in funzioni di coordinamento con Lode presso l'Università di Modena e Reggio Emilia, I sessione (novembre 2018). Una pubblicazione scientifica sulla rivista italiana ANIPIO "Sperimentazione di una check-list per implementare un Bundle per la prevenzione delle batteriemie correlate a Catetere Venoso Centrale" (ottobre 2017). Ama leggere e camminare, non datele un microfono perché improvvisa un karaoke ovunque.
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