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Infermieri e medici in pediatria: rispettiamo i diritti dei bambini?

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Diritti del bambino: sono applicati?

Una riflessione sulla Carta dei diritti del Fanciullo e sulle applicazioni nel quotidiano dei diritti del bambino: uno spunto per migliaia di infermieri pediatrici ma non solo!

Numeri, numeri, numeri. La nostra professione è cadenzata di cifre. Quanti cc? A che ora? La velocità d’infusione? Quanto pesa il bambino? Dimentichiamo forse le date. Nel lontanissimo 1923, una crocerossina, che solo tre anni prima fondò “Save the children”, scrisse la “La carta dei diritti del bambino”. Si usciva da una sanguinoso conflitto che stravolse per sempre il concetto stesso di guerra. Le parole vergate, che ai giorni d’oggi appaiano fin banali, avevano la forza di mille fiati.

Restituivano la vita alle teorie di Charles West e ridavano dignità ai fanciulli. Un orgoglio a una infanzia nascosta, sottaciuta, sfruttata. La giovinezza che da lì a poco verrà deviata dai totalitarismi aveva una paladina. Englatyne Jebb ispirò, nel 1924, la Società delle Nazioni nella redazione della “Dichiarazione dei diritti del fanciullo”, l’insieme dei diritti fondamentali di tutti i bambini e adolescenti del mondo. Il documento dovette passare per un’altra guerra e altri 30 anni per essere approvato. Il 20 Novembre del 1954 l’Assemblea delle Nazioni Unite approva il documento che ancora oggi detta l’etica universale o almeno dovrebbe. Leggi che in un mondo ideale campeggerebbero già dentro il profondo di ognuno di noi devono essere scritte, approvate, divulgate. Prendete a esempio l’articolo quarto che enuncia: “Il fanciullo deve beneficiare della sicurezza sociale. Deve poter crescere e svilupparsi in modo sano. A tal fine devono essere assicurate, a lui e alla madre le cure mediche e le protezioni sociali adeguate, specialmente nel periodo precedente e seguente alla nascita Il fanciullo ha diritto ad una alimentazione, ad un alloggio, a svaghi e a cure mediche adeguate.” Leggetelo con attenzione. Vengono anche a voi violentemente nitide le immagini dei telegiornali impresse nelle nostre memorie recenti? Carestie, sfruttamento minorile, stupri, mutilazioni genitali, analfabetismo, vendita di organi. La parola baby, vezzeggiativo per intendere piccolo, viene accostato alle gang, alla prostitute, alla criminalità. Non sono cose lontane. Ci toccano qui e ora. In Italia, secondo gli ultimi dati della “Terre des Hommes” i crimini contro minori sono in aumento. Nel 2017 sono saliti del 18% le violenze sessuali, del 13% gli atti sessuali con minorenni, del 24% la corruzione di minorenni e dell’8% le violenze sessuali aggravate. In Italia, qui. Nel 2016 nel nostro paese ci sono state 1226 ragazze italiane che hanno partorito minorenni, delle quali 240 minori di 17 anni. Trovate ancora che siano romanticherie di inizio secolo quelle parole scritte in quella “Dichiarazione”? Non sono ancora rispettati quei principi.

Nella piramide che Maslow nello stesso ’54 descrisse, in tutti suoi gradini c’è una violazione. Nella fisiologia con le violenze corporali, nella sicurezza con lo sfruttamento, nell’appartenenza con famigliari che nel 90% dei casi di abuso diventano carnefici, nella stima con la mercificazione e lo shaming e sopratutto nella auto-realizzazione che molti, purtroppo, non avranno mai. Unicef, UNHCR, Medici senza frontiere e tutte le altre sigle, citate e non, facilitano la conoscenza e intervengono nelle emergenze più gravi. Mutilazioni genitali, spose bambine, schiavismo, denutrizione.

Il resto tocca noi, ci circonda, lo tocchiamo ogni giorno come professionisti. La ragazza che arriva pronto soccorso con lividi sospetti, la famiglia che non ci sembra armonica nei giri dei prelievi domiciliari, confessioni particolari nelle corsie dei reparti di degenza, disegni che mostrano mostri interiori terrifici non ci devono lasciare indifferente. Come alziamo le antenne se vediamo delle clonie e immaginiamo cause e abbozziamo ipotesi di diagnosi allo stesso modo bisogna riconoscere la violenza, lo sfruttamento, la corruzione. Noi infermieri e di più noi infermieri pediatrici abbiamo il dovere morale, deontologico ed etico di riuscire a intercettare il malessere. Lo sentiamo a ogni lezione, il bambino non è un piccolo uomo. Non è ancora pronto. Non ha la nostra corazza. Uniamo le nostre forze e andiamo oltre il mero lavoro. Cerchiamo di capire le vere cause dei malesseri ricorrenti o di certe ferite. Consigliamo, educhiamo, informiamo. Oltre ri-animare vite, ri-vitaliziamo l’anima. Siamo noi a livello capillare che possiamo raggiungere tutta la popolazione. L’80% della popolazione pediatrica la si vede in un anno in un pronto soccorso infantile, in 5 anni diventa il 100%.

Non stanchiamoci a ripetere il nostro sapere per far crescere il bambino e farlo diventare un grande uomo. Nelle nostre parole, nelle nostre mani, nei nostri gesti c’è quel alito vitale che conserva viva la dignità delle persone. Partendo dal basso, partendo da loro.

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