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Infermieri e operatori in burnout. Disturbo da stress post traumatico dovuto alla pandemia Covid e alla guerra.

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I disturbi da stress post traumatico dovuti alla pandemia e alla guerra. Come Infermieri e altri operatori della sanità possono combattere il burnout.

Il 21 febbraio 2020 inaspettatamente è arrivato un virus mortale che ancora oggi stiamo combattendo. Sono passati due anni da quel terribile momento in cui ci siamo resi conto che da lì a poco il mondo sarebbe cambiato. La pandemia ha portato ad un aumento drastico della mole di lavoro per gli infermieri in tutto il mondo.

La gravità della situazione, assieme ad un incremento esponenziale delle ore di lavoro e a un peggioramento delle condizioni d’impiego, ha causato un burnout degli operatori sanitari, che si sono trovati a dover combattere personalmente malattie fisico-emotive. Uno dei maggiori pericoli a cui è andato incontro il professionista sanitario è la cosiddetta sindrome da burnout.

Burnout vuol dire, letteralmente, “bruciarsi”, e a soffrire di questa sindrome, tra i lavoratori nel settore sanitario, sono generalmente le persone più giovani, che iniziano con molto entusiasmo, che fanno quel lavoro per vocazione e che hanno studiato con impegno per svolgerlo al meglio. Sono dunque persone che hanno scelto con convinzione la loro professione, e che hanno delle aspettative che però vengono deluse. Questo succede principalmente a causa dei problemi organizzativi, che implicano un carico di lavoro troppo alto, difficoltà nella gestione dei turni, spesso a causa della carenza di personale, problemi nel prendere ferie, e soprattutto la sensazione di non riuscire a portare a termine il loro lavoro con l’attenzione e la disponibilità con cui vorrebbero farlo.

La conseguenza di questi problemi è una specie di ritiro psicologico da parte della persona in questione, che cambia radicalmente il suo comportamento: abbandona l’entusiasmo iniziale e diventa più cinica, iniziando a distaccarsi dalla situazione lavorativa. Continua quindi a fare quello che gli viene richiesto, ma senza un impegno o una cura particolare. Con l’aumento di questo distacco dai propri pazienti, si crea una situazione particolarmente critica per chi la vive. L’empatia cede il posto a un atteggiamento di chiusura e freddezza nei rapporti .Con la SARS COVID 19 non solo sono aumentati i rischi per la salute del personale sanitario, ma anche lo stress e i traumi fisici e psicologici. La paura, la preoccupazione, le incertezze e i fattori di stress costanti nella popolazione durante l’epidemia di COVID-19 possono portare a conseguenze a lungo termine all’interno delle comunità, delle famiglie e degli individui vulnerabili: deterioramento dei social network, dinamiche locali ed economiche, stigmatizzazione dei pazienti sopravvissuti con conseguente rifiuto da parte delle comunità, possibile maggiore stato emotivo, rabbia e aggressività nei confronti del governo e dei lavoratori in prima linea, possibile rabbia e aggressività contro figli, coniugi, partner e familiari (aumento della violenza familiare e intima da parte del partner), possibile sfiducia nei confronti delle informazioni fornite dal governo e da altre autorità.

Il 31 marzo finalmente, finisce lo stato di emergenza in Italia. Infatti, il Governo Italiano ha deciso di non prolungare lo stato di emergenza eliminando così il sistema delle zone colorate. A tal proposito il virologo Fabrizio Pregliasco ha dichiarato che non ci sarà una fine della pandemia, ma una convivenza sempre più civile con il virus, un’accettazione di una quota di malati che si potrà governare sempre meglio grazie alle terapie che sono state scoperte e che hanno dato contributi positivi nella lotta contro tale virus.

Era la notizia che tutti si aspettavano da tempo, dopo due lunghi anni di stress psicologico per la lotta continua contro un nemico del tutto sconosciuto.

Ma purtroppo ,a contribuire sullo stress psicologico verificatosi con la scoperta della SARS COVID 19 è stata la notizia della guerra tra Ucraina e Russia.

Si assistono ogni giorno ad aggiornamenti continui su questa tragica notizia, tanto è vero che l’informazione è diventata monotematica a tal punto che la SARS COVID 19 sembra non esserci più. I russi non fanno altro che colpire ospedali ed abitazioni dell’Ucraina, mentre gli ucraini cercano di difendere tutto ciò che hanno di più caro nella loro vita: la famiglia, la terra e la libertà.

I video social mostrano donne e bambini che cercano rifugio nelle gallerie della metropolitana di Kiev , diventando così virali.

I sanitari di tutto il mondo non avevano certamente il bisogno di aggiungere stress personale allo stress professionale, rischiando sempre più di incrementare un danno psicologico che si era già avuto in questi due anni di pandemia.

Il personale negli ospedali ucraini combattono così gli effetti devastanti non solo del virus ma anche della guerra. L’ossigeno sta iniziando a scarseggiare non solo per la SARS COVID 19 ma anche per le sale operatorie che hanno il compito di operare i feriti di guerra. Un’emergenza sanitaria che rischia di compromettere la salute dei sopravvissuti alle barbarie di una guerra che ci riporta indietro di 75 anni.

Tutto ciò contribuisce a far emergere il disturbo da stress post traumatico . Tale stress è stato inizialmente concettualizzato come nevrosi da guerra, non a caso si presenta frequentemente nei reduci di guerra e nei soldati che sono stati coinvolti in pesanti combattimenti o in situazioni belliche drammatiche, poiché le guerre hanno sempre sottoposto le persone a eventi traumatici. Il disturbo da stress post traumatico (DPTS), conosciuto internazionalmente con la dizione inglese PTSD (Post Traumatic Stress Disorder), è definito dall’Istituto Superiore della Sanità nel portale Epicentro come “una forma di disagio mentale che si sviluppa in seguito a esperienze fortemente traumatiche”. Rappresenta infatti la conseguenza, sul piano psichico, dell’esposizione a un evento traumatico in cui il soggetto ha vissuto, assistito o si è confrontato con uno o più eventi che hanno implicato una minaccia all’integrità fisica propria o altrui, unitamente all’esperienza di paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore.Il disturbo da stress post traumatico può insorgere anche a distanza di mesi dall’evento traumatico, trattandosi di un PTSD a esordio ritardato e la durata può variare da un mese alla forma cronica caratterizzata da una durata superiore di tre mesi.

Per evitare di incorrere in disturbi anche seri come quello post traumatico da stress, il burnout o la somatizzazione sul fisico, è importante, quindi, applicare strategie personalizzate e individuali per gestire questo stress (prima fra tutte il colloquio e il debriefing, ma anche attività fisica e/o supporto psicologico).

Bisogna sottolineare, però che in tutto ciò a pagare il prezzo più alto della guerra sono i più piccoli. Milioni di minori sono direttamente colpiti da guerre e conflitti armati. Vengono feriti o uccisi, separati dalle loro famiglie e costretti ad assistere a scene di violenza inaudita. Negli ultimi giorni scuole, asili, orfanotrofi sono stati colpiti indiscriminatamente, così come tanti luoghi in cui migliaia di civili hanno perso e continuano a perdere la vita .Genitori che chiedono aiuto ai sanitari con gli occhi in silenzio combattendo contro le lacrime e, anche se non scendono subito, perdono quella battaglia inutile. Sanitari che cercano con tutte le loro forze di salvarli anche quando non c’è più nulla da fare, perché purtroppo quelle mine non lasciano uno spiraglio di luce. Quando si lavora per salvare un bambino c’è un maggior desiderio che tutto vada a buon fine, si vede il lungo percorso di vita che c’è ancora davanti, si “respira” la speranza; per questo motivo, qualsiasi fallimento viene vissuto in un modo ancora più negativo. Tutto questo distrugge l’ aspetto psicologico degli operatori sanitari, già superstiti di una battaglia iniziata due anni fa . Purtroppo in questa vita non possiamo fare grandi cose ma come dice Madre Teresa di Calcutta ciò che conta è fare le piccole cose con grande amore. Ed è proprio questo il messaggio che vorrei che arrivasse a tutti quei colleghi che sono impegnati attualmente in questa guerra.

Leggi anche:

Infermieri, OSS e Professionisti Sanitari obesi, con patologie respiratorie croniche e in burnout rischiano maggiormente il Covid.

Sindrome del Burnout: cos’è e come riconoscerla.

Coronavirus. Medici, Infermieri, Professionisti Sanitari e OSS: disturbo da stress post traumatico ai tempi del COVID-19.

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Dott.ssa Monica Cardellicchio
Dott.ssa Monica Cardellicchiohttps://www.assocarenews.it/
Laurea magistrale in Scienze Infermieristiche ed Osteriche Master di I livello in Management e coordinamento delle professioni sanitarie Master di I livello in Wound Care basato su prove di efficacia Master di II livello in Management delle Aziende Sanitarie Professore a contratto presso il Policlinico di Bari della Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Osteriche e della Laurea in Infermieristica . Segretaria della Commissione dell' albo dell' OPI di Taranto
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