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Infermieri Dirigenti: parla Nicola Barbato presidente nazionale CID

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Nicola Barbato (Comitato Infermieri Dirigenti) parla a cuore aperto ad AssoCareNews.it

A Vibo qualche mese fa avete discusso a lungo sul ruolo che gli Infermieri Dirigenti devono ancora conquistare. Passare dall’attuale gestione delle risorse a quello dei processi e dei modelli assistenziali. 

La sensazione è che il Dirigente Infermiere, nonostante l’altissimo livello formativo aggiunto, non sia ancora riconosciuto dalle aziende sanitarie e soprattutto dai politici/manger che le amministrano. E’ solo un nostro modo di vedere le cose?

Abbiamo voluto come Associazione questo evento Calabrese per ribadire e sottolineare che gli infermieri e le professioni sanitarie non devono proprio conquistare nulla. La dirigenza è un diritto degli infermieri sancito da più leggi dello Stato. La stessa 251/2000 ha ormai 17 anni  e, in questo tempo, la stragrande maggioranza delle Regioni Italiane ha riconosciuto che gli infermieri sono parte essenziale di strategie e modelli organizzativi attuati per affrontare le diverse e nuove sfide che i cittadini pongono con i loro bisogni non solo di salute. Per questo ci siamo preparati, abbiamo studiato e ricercato, per questo gli infermieri hanno necessità di un sistema di direzione in cui anche le decisioni infermieristiche incidano con autorevolezza sui processi clinici e assistenziali.

A Vibo Valencia il 29 settembre 2017, si sono incontrati tre nostri coordinamenti regionali CID quello della Calabria, ospitate, la Puglia e la Sicilia, tre regione diverse ma accomunate da stesse criticità quando si parla di dirigenza infermieristica e delle professioni sanitarie. Non ha caso la politica, coraggiosa come la ha definita la Presidente Mangiacavalli, si è presentata per ribadire quanto sia importante tale Direzione e che faranno di tutto per superare l’attuale stallo in cui si trova. Intanto, ad ascoltare i colleghi,  le risorse infermieristiche vengono ugualmente gestite, ripeto gestite, si improvvisa ogni giorno quello che si deve fare per rispondere ai bisogni dei cittadini, non esiste programmazione e progettualità fatta da infermieri, non si attivano processi di sviluppo o mantenimento delle competenze infermieristiche, nessun tipo di incentivazione tranne, se così lo vogliamo chiamare, il lavoro straordinario retribuito. I Colleghi Cavaliere e Piu della Regione Liguria, che sono intervenuti con relazioni sulla Complessità assistenziale,  hanno illustrato, in qualità di Dirigenti, cosa è possibile fare con dei modelli assistenziali innovativi per ottimizzare i risultati e, quali i benefici per i cittadini, i professionisti e le aziende. Stiamo parlando di processi che possono essere implementati solo se esiste un ambiente organizzativo strutturato, con professionisti che rispondono ad obiettivi assistenziali su processi clinici individuati, che percepiscono l’autorevolezza dei loro colleghi dirigenti infermieri e che prendono decisioni condivise insieme. Non è utopia perché potremmo qui portare le numerose realtà in cui tutto ciò avviene dalle Unità Operative a Conduzione Infermieristica, agli ambulatori infermieristici, all’infermiere di famiglia o di comunità che trova nella dirigenza infermieristica territoriale il suo fisiologico interlocutore che comprende esattamente come è possibile affrontare e con quali processi e strumenti, ad esempio, il grande tema della disabilità e quando questa è derivante da patologie croniche e quindi progressiva nel tempo.

Sono sfide importanti e temi che sono molto a cuore dei cittadini, il livello di salute anche nel nostro paese è in declino e questo si evidenzia specialmente nelle grandi città, forse perché è veloce accedere ai servizi e si hanno più dati, ma la situazione è pericolosa. Per questo gli infermieri italiani hanno il diritto e il dovere di indicare nuove soluzioni e contribuire in prima persona all’attuazione di programmi capaci di rispondere alle nuove richieste di salute. Per fare questo è necessario un solido e riconosciuto sistema organizzativo su cui riconoscerci come professionisti della salute e avere autorevolezza decisiva.

Le regioni che hanno già preso queste decisioni oggi sono in grado di misurarne gli “esiti” .

I risultati raggiunti hanno reso l’attività infermieristica competenza irrinunciabile per un sistema salute moderno ed attento al benessere dei propri cittadini.

Lei è il Presidente del Comitato Infermieri Dirigenti, un’associazione che esiste da circa 25 anni. Qual è il percorso intrapreso e le conquiste ottenute nell’ottica dell’emancipazione professionale dal punto di vista sociale, culturale ed economico?

Per essere corretti il Comitato Infermieri Dirigenti ha uno statuto registrato dal 1956 questo la dice lunga sulla dirigenza infermieristica che ha visto, partecipato e incoraggiato, in questi 60 anni di storia, l’evoluzione della professione infermieristica. Come saprà, l’area organizzativa nella professione infermieristica è presente dai primi del 1900 e formalizzata in Italia con le prime disposizioni di Legge sull’istituzione delle scuole convitto per infermiere professionali R.D. 1832/1925 e R.D. 2330/1929 che, oltre il biennio di formazione per il conseguimento del diploma di infermiera prevedevano un terzo anno di corso per l’abilitazione a funzioni direttive, Questo prese poi la definizione  di “caposala” e quindi coordinatore ma, la definizione di “funzioni direttive” non lascia spazio a interpretazioni. Proprio negli anni 50  con l’istituzione dei collegi IPASVI e poi della Scuola Universitaria Diretta a Fini Speciali per Dirigenti Assistenza Infermieristica a Roma 1966 si confermò ancora di più la necessità di una dirigenza per gli infermieri. Una lunga storia come vedi che anche prima di molti paesi europei, ha compreso che avere all’interno della professione uno sviluppo anche nel management e nella direzione era essenziale e non rinunciabile. Hai però sottolineato 25 anni che corrispondono alla fase “moderna” del CID ovvero quando si è presa consapevolezza che gli infermieri dovevano avere una propria direzione autonoma, forte e riconosciuta legalmente. Con l’avvento della Laurea magistrale e dell’emanazione della 42/99 e seguenti, l’area della dirigenza infermieristica ha avuto una spinta notevole, certo, ci sono voluti anni di preparazione, spesso di un lavoro non visibile, mai riconosciuto, ma continuo, all’interno della aziende ospedaliere presso le direzioni mediche e direzioni strategiche. Far comprendere agli interlocutori che avere un sistema dirigenziale sanitario senza infermieri era come tagliare fuori proprio quei professionisti che avrebbero potuto dare un importante contributo al tanto auspicato cambiamento. Questo lavoro il CID lo ha fatto con i propri convegno nazionali e regionali, con incontri all’interno delle aziende sanitarie e partecipando a diversi tavoli tecnici, professionali e progettuali, dando così l’opportunità agli infermieri di interagire con il sistema sanitario, la politica, gli organi di governo. Il CID è e resta  una associazione scientifica, con obiettivi dichiarati nello Statuto, rinnovato proprio nel 2016 ai 60 anni storia di questa associazione. Credo che nessuno possa negare che se vi è una cultura e uno sviluppo del management e della dirigenza per gli infermieri una parte di contributo a questo sia dovuta al CID e crediamo fermamente che dare ad un giovane infermieri la prospettiva di una dirigenza non solo manageriale ma anche clinica possa favorire un nuovo interesse a questa professione che ha visto in questi ultimi anni un forte calo di interesse.

Da qualche tempo sui social network si assiste ad una inutile guerra tra fazioni infermieristiche. E’ dovuta intervenire in merito anche la Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI, Barbara Mangiacavalli, che ha ammonito un po’ tutti senza guardare in faccia ad amici ed avversari. In campo con post assurdi sono scesi anche alcuni Dirigenti Infermieri e Dirigenti IPASVI. Non crede che sia giunto il momento di fermarsi per riflettere e ripartire tutti insieme?

Io stesso spesso sono stato vittima sui social, spesso anche con commenti sarcastici e offensivi, è purtroppo l’altra faccia della medaglia dell’informazione digitale che richiede una maggiore consapevolezza culturale e professionale della dimensione sociale dell’informazione, soprattutto, delle implicazioni etiche delle nuove tecnologie della comunicazione. Credo che nell’incontro pv di Matera sarà certamente affrontato meglio il problema, forse un documento etico di comportamento non farebbe male a nessuno. Una riflessione forse è doverosa, libera da pregiudizi e da interpretazioni, ognuno di noi deve essere sempre pronto a rispondere personalmente delle azioni, ogni forma di comunicazione oggi lascia una traccia digitale che resta per sempre, non si cancella, pertanto è sempre molto complicato poi risolvere le questioni nelle relazioni sociali.

Da tempo gli infermieri della base chiedono aumenti di stipendio, un problema annoso che però sta affliggendo la professione. La Dirigenza Infermieristica, diciamocelo pure, è trattata meglio dal punto di vista economico e riesce ad arrivare tranquillamente a fine mese. Non crede che anche la sua categoria debba battersi per il benessere di chi ha scelto di rimanere nei reparti e di fare l’infermiere clinico o il libero professionista?

Il CID non è e non sarà mai un sindacato, questa domanda la dovrebbe fare ai nostri rappresentanti sindacali che avrebbero credo, difficoltà loro stessi a dare risposte sui risultati ottenuti. Come sa gli infermieri italiani rispetto ai loro colleghi europei sono pochi, eppure non vi sono risorse economiche da destinare, si parla, a regime, di soli 85,00 € che è una vera miseria. Tutti noi siamo consapevole del disagio che gli infermieri vivono rispetto alle condizioni contrattuali e occupazionali che hanno visto lo sviluppo di contrattazioni atipiche e fortemente sfavorevoli. Credo che attualmente non vi sia uno stato di diritto al lavoro sicuro e riconosciuto, nella “pseudo crisi economica” di questi ultimi anni gli infermieri sono la categoria di lavoratori che ci ha rimesso di più.

Secondo quelle che sono le politiche mondiali sul lavoro nell’area della sanità, dovrà essere pagato meglio chi garantirà processi e risultati e credo che le ultime normative siano proiettate a questo andamento. Spero quindi, per far fronte a questa tendenza, in una massima valorizzazione futura della professione infermieristica a cui però, devono partecipare gli stessi infermieri con potere decisionale organizzativo ed economico.

Infine che il dirigente infermieristico sia “trattato meglio” è chiaramente relativo alle responsabilità e ai livelli di delega decisionale che gli vengono conferiti. Credo che nessuno possa negare che se un infermiere viene conferita la dirigenza è corretto che sia retribuito con un compenso più elevato altrimenti perché studiare, superare esami, fare concorsi. La Dirigenza è una posizione contrattuale che , anche per intervento di molti soci del CID, siamo riusciti a far entrare nella dirigenza sanitaria, questo per una dignità di parità con le altre dirigenze;  che un dirigente infermieristico debba avere un compenso come un direttore sanitario, di distretto o amministrativo è un diritto non una elemosina. Le responsabilità oggi sono enormi se solo si pensi alla L.24 del 8 marzo 2017. Chi è riuscito nel nostro paese a livellare in modo uniforme tutti i salari per tutta una professione sono solo i medici che si sono conferiti tutti la dirigenza contrattuale quindi un livellamento verso l’alto. Noi infermieri “negando e ostacolando” una dirigenza infermieristica organizzativa, clinica, formativa e di ricerca  stiamo rischiando di livellare gli stipendi verso il basso. Quindi auspico una dirigenza per molti e non per pochi eletti, una dirigenza che viene conferita agli infermieri che lavorano nelle unità operative e servizi e sul territorio, infermieri che possono quindi prendere autonomamente decisioni sui processi assistenziali, sulle risorse e sul proprio futuro professionale.

Passiamo al Congresso nazionale CID. Il tema da voi scelto è “Connessione tra leadership infermieristica, ambiente di lavoro, sicurezza ed esiti sul paziente”. Crede che oggi non ci sia una interazione tra questi settori? E come è possibile coordinare il tutto?

E’ un tema ambizioso che ha però suscitato l’interesse dei molti stakeholder che parteciperanno, un progetto che è iniziato con il XXI congresso del 2015 a Roma, proseguito con quello di Milano/Rozzano del 2016, Trieste 2017 e che si concluderà nel 2018 in una sede ancora da individuare. Rispecchia il mandato di questo direttivo che ha voluto dare un taglio diverso ai  contenuti scientifici espressi anche nei numerosi documenti prodotti. l’evento nazionale è quindi la sintesi delle diverse iniziative scientifiche che i coordinamenti regionali hanno messo in campo e che hanno impegnato risorse, tempo e progettualità.

La connessione di questi tre grandi contenitori è un progetto nuovo di approccio professionale che coinvolge la leadership infermieristica presente in ogni professionista ovvero la capacità di ogni infermiere di pianificare, agire e valutare la propria attività creando un ambiente professionalmente elevato in cui avvengono i processi di crescita professionale. Così l’esperienza acquista una nuova dimensione includendo la formazione sul campo, la valutazione degli esiti per confermare o meno le attività assistenziali, l’utilizzo certificato delle buone pratiche e il corretto uso delle linee guida. Tutto questo si concretizza con una capacità organizzativa che risiede in un sistema chiamato Dirigenza Infermieristica che dovrà avere la capacità di creare le opportunità di sviluppo professionale, individuare e applicare i processi appropriati, collocare i professionisti  con le loro competenze nei posti giusti.

Un congresso quindi di sintesi che pone anche l’accento sulla formazione. Abbiamo voluto appositamente invitare tre grandi realtà universitarie italiane, sedi dei corsi di laurea magistrale in scienze infermieristiche ed ostetriche, per dare opportunità agli studenti di raccontare la loro esperienza e le loro aspirazioni. Spero che da qui nascano anche progetti nuovi per la formazione specialistica clinica, idee di come gestire questi percorsi, modalità di integrazione università e realtà operative.

Il XXIII° Congresso CID dell’11 ottobre scorso si è posto anche nel panorama Europeo della Dirigenza Infermieristica con la nostra partecipazione al Congresso ENDA ad Opatija in Croazia. Trieste (dove si è svolto l’ultimo Congresso Nazionale CID) è stata scelta appositamente per agevolare la partecipazione dei colleghi dirigenti italiani ad un evento che ogni due anni richiama la dirigenza infermieristica europea sui importanti temi di etica infermieristica, di globalizzazione delle cure infermieristiche e dei processi di ricerca e studio.

Da Presidente del CID cosa spera accadrà nel 2018 ai dirigenti infermieri e agli infermieri della base? Come vede obiettivamente il futuro della categoria anche in vista del rinnovo delle cariche nazionali IPASVI.?

Ho già risposto ampiamente a questa domanda attraverso le precedenti, credo fortemente nella nostra professione e nella qualità degli infermieri italiani che sono più apprezzati all’estero che nel nostro paese. Sicuramente uno degli obblighi più importati dei nostri rappresentati IPASVI a tutti i livelli, è quello di lavorare insieme per aggregare gli infermieri verso obiettivi comuni. Per fare  questo è necessario costruire ambienti di confronto, discussione e condivisione aperti e liberi che non possono essere però ridotti ai social network che restano importanti ma devono essere ridimensionati a strumenti di comunicazione.

Grazie Direttore e grazie ad AssoCareNews.it per la possibilità di questa intervista con l’augurio di proficuo lavoro. 

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