histats.com
venerdì, Marzo 29, 2024
HomeInfermieriInfermieri Dirigenti e CoordinatoriCome e perché diventare Infermiere Dirigente. Parlano Mangiacavalli e Cavaliere.

Come e perché diventare Infermiere Dirigente. Parlano Mangiacavalli e Cavaliere.

Pubblicità

Intervista doppia alla presidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche e al presidente del Comitato Infermieri Dirigenti.

Arrivare all’apice della carriera infermieristica è il sogno di tanti che iniziano ad intraprendere o hanno già intrapreso questa professione. Per diventare Dirigente Infermiere o Manager la strada è però lunga e faticosa e non certo priva di insidie. Abnegazione, studio e sacrifici sono alla base di ogni successo. Ne parliamo in una intervista doppia con la presidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI), Barbara Mangiacavalli, e con il presidente dell’ex-Comitato Infermieri Dirigenti (oggi SIDMI, ovvero Società Italiana per la Direzione e il Management delle Professioni Infermieristiche), Bruno Cavaliere. Sicuramente le due personalità più importanti nell’ambito infermieristico odierno in Italia.

Ai due abbiamo posto delle domande un po’ impertinenti, create appositamente per dissipare i dubbi dei tanti che quotidianamente ci chiedono lumi e spiegazioni su quali percorsi intraprendere per iniziare la carriera dirigenziale. Gli intervistati non si sono consultati e non conoscono le risposte dell’altro. Quello che emerge dal servizio è estremamente interessante. Vediamo cosa e come hanno risposto ai nostri quesiti.

Diventare Dirigente Infermiere e delle Professioni Sanitarie è il sogno di tanti, ma in pochi alla fine riescono a raggiungere questo traguardo. Qual è il percorso migliore da seguire a suo parere per diventare un buon manager?

Barbara Mangiacavalli > Il presupposto è la laurea magistrale ed un percorso – curriculare, ma anche eventualmente concorsuale – in grado di rispondere alle esigenze della funzione a cui si vuole ambire. Quindi direi che è necessario non smettere mai di formarsi e di studiare. Ma la laurea magistrale, è bene ricordarlo, non serve per formare esclusivamente dirigenti e non è riservata solo alla carriera dirigenziale. Certo c’è una legge dello Stato che dice che nella Pubblica amministrazione si accede ai livelli dirigenziali con la laurea di cinque anni. Ma solo questo. E’ utile in tal senso scorporare il discorso della laurea magistrale da quello della posizione dirigenziale che a questo si lega per il meccanismo dei cinque anni e quindi per quanto riguarda la dirigenza delle professioni sanitarie diviene un requisito di legge. È necessario pensare ai nostri percorsi di specializzazione infermieristica oggi non previsti.

Bruno Cavaliere > Sicuramente completare l’iter di studi con la specialistica, e anche se formalmente questo è quello che prevede la normativa per accedere ai concorsi per dirigenti delle professioni sanitarie non è ormai più sufficiente. Consiglio sicuramente Master ad indirizzo manageriale e ulteriori qualificazioni nell’ambito della gestione dei processi e di project management. per quanto invece attiene il percorso professionalizzate intraprendere percorsi che prevedano incarichi funzionali organizzativi e /o professionali  con anche una buona esperienza di docenza magari nell’ambito di corsi Ecm.

La formazione universitaria odierna prepara i futuri Infermieri e continuare gli studi anche dopo la triennale. Sono, infatti, sempre di più i giovani colleghi che scelgono di provare l’ingresso al Corso di Lauree Magistrale. Come mai secondo lei? E’ forse solo una moda del momento o la consapevolezza che lo studio di livello superiore può servire a migliorare la professione e a migliorarsi personalmente?

Barbara Mangiacavalli > Direi che la sua seconda ipotesi è in piena sintonia con quanto accennavo prima- E i giovani che frequentano l’Università lo sanno e sanno scegliere e, soprattutto, ambiscono a una professionalità che possa raggiungere il massimo grado di formazione possibile. Sappiamo che la laurea magistrale agisce su quattro momenti: l’assistenza, l’organizzazione, la formazione e la ricerca. Amplia quindi il panorama culturale e di possibilità anche professionali che i più giovani sanno cogliere e a cui sanno ambire. D’altra parte, se vogliamo avere un futuro dobbiamo presidiare i processi, dobbiamo saper governare i processi, dobbiamo saper analizzare i percorsi all’interno delle strutture e saperli governare in termini di analisi organizzativa e assistenziale e di riprogettazione dei percorsi con cui tutti i giorni ci confrontiamo. Chi punta a questo sa che per raggiungerlo il percorso di studi è quello quanto più completo possibile.

Bruno Cavaliere > No ritengo che i ragazzi facciano molto bene a continuare gli studi conseguendo la laurea magistrale essa consente comunque di acquisire un livello culturale che potrà essere integrato con perfezionamenti orientati alla clinica e o al management . In attesa di scenari più chiari è sicuramente un buon investimento culturale per il futuro.

Sempre più infermieri dirigenti entrano a far parte del management di vertice delle Aziende sanitarie pubbliche e private. Il manager-infermiere ha dei reali poteri o è ancora schiavo del retroterra culturale che ha visto la nostra professione da sempre succube di quella medica?

Barbara Mangiacavalli > Direi proprio di no e ne abbiamo numerosi esempi. Poi, certo, far riconoscere il nostro valore anche manageriale da altre professioni non è un percorso facile, ma nessuno di quelli che raggiunge determinate posizioni si sente legato a retroterra culturali, come li definisce lei, direi vecchi e obsoleti e i poteri sono certamente reali visto che chi assegna le funzioni vuole che a svolgerle sia proprio un infermiere.

Abbiamo quindi anche la responsabilità etica di formare i dirigenti di domani.

Lo sviluppo manageriale è un continuum dal coordinamento (da intendersi come un primo livello manageriale) alla direzione strategica. va dalla direzione dal distretto in su. E l’obiettivo della nostra professione è di far essere queste posizioni sempre contendibili, senza alcuna riserva perché non si scriva che un posto è riservato a questa o quella professione, ma a chi ha un determinato profilo di competenza.

Bruno Cavaliere > No ritengo che l’infermiere dirigente sia ormai un ruolo riconosciuto a livello nazionale nella sua strategicità e la sua contendibilità a ricoprire anche altri ruoli di alta direzione come ad esempio i direttori socio sanitari. I direttori generali illuminati e moderni sanno molto bene quanto sia importante questo ruolo. E’ chiaro che in alcuni casi le direzioni strategiche (ma è un problema esterno al ruolo di dirigente infermiere) sono ancora impreparate a sostenere adeguatamente questa direzione ma la loro miopia e’ destinata a generare un sicuro insuccesso. Oggi le moderne organizzazioni non possono fare a meno delle strutture di direzione delle professioni sanitarie. Anello debole è invece ancora il trattamento economico che pur rientrando a pieno titolo nella dirigenza non è ancora completamente adeguato ai ruoli di responsabilità assunti.

Molti Dirigenti Infermieri riferiscono di sentirsi soli e isolati rispetto alla base della professione. Ha anche lei questa sensazione relativamente alle sue esperienze professionali?

Barbara Mangiacavalli > Per quanto mi riguarda no. Ma qui si rientra nella soggettività degli individui che raggiungendo le posizioni di vertice devono anche sapersi mettere nelle condizioni di creare ‘la squadra’ e di fare in modo che questa sia orientata  ai nostri valori etici e deontologici che ci hanno sempre portato ad anteporre la risposta alla persona assistita piuttosto che prenderci in considerazione come singoli professionisti: non dobbiamo cambiare gli elementi valoriali, no, ma accanto a questi dobbiamo essere più fermi e non consideraci una risorsa flessibile. Flessibile sì, ma nella logica della nostra professione. Ecco perché abbiamo iniziato a dire che in nostri percorsi specialistici devono essere infungibili.

Se in questa cornice facciamo riflessioni di sviluppo della professione, si rimettono a posto tante questioni e la professione cresce e si può pensare davvero al governo dei processi.

Bruno Cavaliere > La direzione e soprattutto lo status di Direttore facilmente produce sensazioni di questo tipo. Noi del CID (oggi SIDMI) per questo motivo abbiamo lavorato e stiamo lavorando molto sulle reti. le attuali 15 sezioni regionali sono state riunite in un unico network di supporto con costanti momenti di incontro e di condivisione. Ritengo che la sensazioni di solitudine che è implicita in che deve assumere decisioni sempre complesse e gravose possa essere affrontata meglio con il lavoro di squadra e attraverso “reti” permanenti a livello locale , regionale e nazionale dove confrontarsi , condividere e sostenersi reciprocamente.

Stanno per essere approvati i cosiddetti “Master specialistici” per Infermieri e Professionisti Sanitari. Con ogni probabilità saranno aperti a tutti, come ci si sta muovendo ai vertici dei ministeri competenti per liberalizzare anche l’accesso alla Laurea Magistrale. Pensa che sia una buona idea e che sia il percorso più giusto per gli Infermieri di domani?

Barbara Mangiacavalli > Con l’approvazione di circa 90 corsi di master, si copre una lacuna formativa importante. Come recita l’art. 16, comma 7 del Contratto di lavoro del 23 febbraio 2018, infatti, “il requisito per il conferimento dell’incarico di professionista specialista  è il possesso del master specialistico di primo livello …”.

Ma non dobbiamo e non possiamo pensare  che l’evoluzione della nostra professione possa fermarsi alla laurea di I livello e ai suoi master ed è per questo che siamo ripartiti da qui per disegnare anche lo sviluppo della laurea magistrale sulle sei aree specialistiche della professione. Da qui poi abbiamo ipotizzato uno sviluppo ulteriore, quello delle specializzazioni infermieristiche, che entreranno ancora di più in modo specifico in ciascuna delle aree.

Per la liberalizzazione della laurea magistrale stiamo portando avanti tutte le interlocuzioni necessarie con i ministeri della Salute e dell’Università, ma su questo cammino serve anche il confronto con gli Atenei che possono mettere a disposizione dei bandi ‘fisicamente’ non più di un certo numero di posti e questo è un limite pesante per noi che andrebbe sicuramente superato.

È necessaria una revisione dell’ordinamento giuridico per sviluppare nuove modalità di lavoro, di reclutamento, operatività, incardinamento e sviluppo della carriera e degli stessi concorsi seco do modelli moderni.

La nostra professione ha valore se continuiamo a studiare.  Il nuovo infermiere deve essere specializzato e le sue specializzazioni codificate. Deve essere presente h24 sul territorio e il suo lavoro tutelato e riconosciuto. È ormai sicuramente importante incentivare il riconoscimento e il ruolo dell’infermiere, non soltanto come persona che si deve confrontare sul piano professionale con l’assistito, ma anche per le competenze e per l’alta specializzazione che questa figura ha.

Bruno Cavaliere > Per quanto riguarda la formazione immagino che si riferisca ai master che assumeranno nei prossimi mesi maggiore rilievo in quanto riconosciuti dall’ultimo contratto nazionale come requisito per il riconoscimento di incarichi professionali specialistici e quindi immagino che i professionisti saranno fortemente stimolati a conseguirli. Personalmente ritengo che debba essere fatta una ulteriore riflessione sui percorsi di carriera e che nel prossimo decennio potranno assumere grande rilievo i corsi universitari di specializzazione post magistrale e in particolare evidenzio una specifica necessità nell’ambito del management infermieristico in quanto la specialistica pur completando un necessario percorso culturale non rappresenta più un adeguato e completo percorso per il nuovo manager che nell’ultimo decennio ha sempre più perso identità e quindi ha bisogno di riappropriarsi di contenuti e metodologie indispensabili per affrontare ruoli a differenti livelli di complessità organizzative della direzione infermieristica e /o delle professioni sanitarie  (dalla struttura clinica alla direzione di grandissime aziende sanitarie) anche in ruoli contendibili come la qualità, il rischio clinico, l’outsourcing, l’emergenza ed altro, e ruoli di alta direzione come il direttore socio sanitario o il direttore generale.

Grazie per le delucidazioni. E ora avete ancora intenzione di diventare Infermieri Dirigenti o Manager?

Dott. Angelo Riky Del Vecchio
Dott. Angelo Riky Del Vecchiohttp://www.angelorikydelvecchio.com
Nato in Puglia, vive e lavora in Puglia, Giornalista, Infermiere e Scrittore. Già direttore responsabile di Nurse24.it, attuale direttore responsabile del quotidiano sanitario nazionale AssoCareNews.it. Ha al suo attivo oltre 15.000 articoli pubblicati su varie testate e 18 volumi editi in cartaceo e in digitale.
RELATED ARTICLES

Novità

© 2023-2024 Tutti i diritti sono riservati ad AUSER APS - San Marco in Lamis - Tra sanità, servizi socio sanitari e recupero della memoria - D'intesa con AssoCareINFormazione.it.

© 2023-2024 ACN | Assocarenews.it

Quotidiano Sanitario Nazionale – In attesa di registrazione al Tribunale di Foggia.

Direttore: Angelo “Riky” Del Vecchio – Vice-Direttore: Marco Tapinassi

Incaricati di Redazione: Andrea Ruscitto, Lorisa Katra, Luigi Ciavarella, Antonio Del Vecchio, Francesca Ricci, Arturo AI.

Per contatti: WhatsApp > 3474376756Scrivici

Per contatti: Cell. > 3489869425PEC

Redazione Centrale: AUSER APS - Via Amendola n. 77 - San Marco in Lamis (FG) – Codice Fiscale: 91022150394