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venerdì, Marzo 29, 2024
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Infermieri: basta diagnosi mediche tramite WhatsApp o telefono!

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I Medici devono tornare a mettere le mani sui pazienti, soprattutto nelle Case di Riposo.

Il messaggio di un collega Infermiere lombardo inviatoci tramite l’APP di AssoCareNews.it riapre il dibattito sulla necessità di garantire maggiori tutele per i Pazienti e in special modo per chi è ospitato presso Lungodegenze, Residenze Socio-Assistenziali o Case di Riposo pubbliche e privare, dove il vezzo di Molti medici è diventata rituale “inesistenza”.

Nei giorni scorsi furono proprio i Medici a protestare perché tantissimi Pazienti chiedevano diagnosi, “visite” e consigli via WhatsApp. 

Sul quotidiano Il Giornale si evinceva, infatti, che mancano i medici, ma soprattutto mancano i pazienti di una volta. Nel servizio si leggeva “Che fine hanno fatto i pazienti se non hanno più la pazienza di aspettare; se vogliono tutto subito, se pretendono le diagnosi su Whatsapp e vogliono le medicine come se servissero a condire l’insalata? Se la Regione poi promuove le ricette su Whatsapp e i medici fanno i robot, abbiamo fatto centro”. 

Si dava la colpa alla tecnologia che ha snaturato i rapporti, che li ha resi freddi nevrotici nervosi; che ha reso tutto subito così facilmente fruibile; ma colpa anche del logoramento delle relazioni, della fretta, della mancanza di fiducia, della convinzione che per essere medici basti leggere su internet. A tutto questo sta cercando di porre rimedio un comitato nato a Treviso dopo che un medico ha battuto i pugni e ha alzato la voce. Lui è Gianfranco Aretini, noto medico di famiglia della Marca che si è visto arrivare la richiesta di una diagnosi dermatologica via Whatsapp. Non solo. Ci sono altri medici che si vedono arrivare le foto su Whatsapp e vengono oberati dalle richieste di chi tra una faccina e un cuoricino pretende di avere un responso su quella macchia comparsa sotto la gamba. O altri medici che vedono arrivare le foto delle analisi con la fatidica domanda: «È tutto a posto vero?». O quelli che in ambulatorio cominciano a scaldarsi, che per un’ora di coda iniziano a vociare e che se per caso il medico non ha la risposta pronta iniziano a maledirlo.

E quando accade l’esatto opposto? Ce lo chiede Riccardo S. tramite la nostra APP. Lui lavora in una nota Casa di Riposo nell’hinterland milanese: “carissimi amici di AssoCareNews.it mi chiedo e vi chiedo se è legale che un medico di struttura continui a non visitare i pazienti e a voler diagnosticare patologie o prescrivere farmaci mediante messaggi WhatsApp; ad esempio ad un’anziana l’altro giorno sono comparse macchie rosse sulla schiena; il medico ha preteso foto via WP e poi ci ha inviato sempre tramite WP la prescrizione farmacologica (crema topica); tutto ciò senza mai aver visitato l’ospite e senza pensare che forse poteva essere una reazione allergica o una intolleranza alimentare; in conto è vedere il problema dal vivo, un conto è farlo con il cellulare. Fatto sta a me sono sorti dei dubbi sulla liceità della prescrizione e sui rischi che incorrono i Pazienti e noi Infermieri. Ho fatto presente alla mia direzione dell’accaduto, ma mi hanno riso in faccia dicendomi che nell’era dei social io mi scandalizzo per un Medico che fa il suo lavoro. Non sono d’accordo e presto presenterò le mie dimissioni. Fatemi sapere”.

A Riccardo non possiamo che riferire che le sue preoccupazioni sono fondate, il Medico e i Medici devono tornare a mettere le mani sulla pancia degli Assistiti e non lasciarsi andare a sterili messaggi WhatsApp o tramite altri messenger. Al centro di tutto deve rimanere il paziente. Sull’argomento torneremo a parlarne nei prossimi giorni.

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