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martedì, Aprile 23, 2024
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Ilaria, Infermiera: “i giovani colleghi costretti a lavorare nelle RSA ora sono in difficoltà”.

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Lunga storia triste di giovani colleghi costretti a lavorare nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). Per la collega Ilaria si poteva evitare.

Nell’ultimo anno in cui ho lavorato nella mia Asl, i vincitori di concorso (le forze fresche tanto attese) venivano messi d’ufficio in comando nelle RSA.

Contemporaneamente alle sospensioni che stavano diventando ufficiali dopo un periodo di compromessi all’italiana, mentre esplodeva il fenomeno delle dimissioni e tornava a mordere la pandemia. Mentre con tutta la stanchezza sulle spalle dovuta ad anni di cronica ristrettezza di organico, complicata dall’ultimo difficilissimo periodo, noi si copriva il copribile con una coperta tarmata sempre troppo corta.

Ci mancherebbe. I ricoverati nelle RSA, già fragili di loro, soli a causa delle norme anticontagio, hanno il diritto ad una assistenza continua e presente.

Ci hanno provato a proporre agli ospedalieri dei turni in incentivo nelle RSA (addirittura 15 euro/ora, se non ricordo male). Credo nessuno o quasi abbia aderito.

Però, questo ha significato che giovani forze, molte alla prima esperienza di lavoro, abbiano subito il comando: o in RSA o da nessuna parte. E ha significato che in ospedale quella coperta sia diventata ancora più corta, impedendo il soddisfacimento di richieste di mobilità (obiettivo aziendale, lo ricordo), mettendo sotto stress ancora maggiore personale provato, stanco, sfinito.

Oggi ho letto che domenica in Trentino sono arrivati i primi infermieri neolaureati da Tirana, grazie ad un accordo tra cooperative, la regione e il governo albanese, per integrare proprio il personale delle RSA. Il referente del progetto aggiunge di aver chiesto all’assessore provinciale alla Cooperazione internazionale di “sviluppare ulteriormente il progetto e farlo diventare sistema”.

Nulla contro la cooperazione internazionale. Per anni l’Italia ha fornito giovani neolaureati a mezza Europa, attirati dai medesimi percorsi cosiddetti virtuosi (poi bisogna vedere per chi).

Ma è davvero una soluzione? O le soluzioni non ci sono? O non si vogliono trovare? Essere sempre alla rincorsa, mai avere un piano a lungo termine. Solo toppe, rappezzi e pacche sulle spalle.

Intanto leggo che una meravigliosa Asl toscana si fa vanto (la Regione è anni che porta avanti questo progetto) di un nuovo ambulatorio oncologico omeopatico. Ricordo che in Toscana i farmaci omeopatici sono rimborsabili (o quantomeno lo sono stati).

Chissà se lo è anche la chirurgia omeopatica. Chissà perché esiste sempre la medicina omeopatica, ma non ho mai sentito parlare di chirurgia.

Fra un po’ ci sarà anche l’infermiere omeopatico. Una goccia di assistenza diluita in un mare di pazienti.

Ma che, davvero? Li spendiamo così i (nostri) soldi?

Ilaria Giubbilo, Infermiera

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