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I bisogni del Personale Infermieristico durante la Pandemia Covid-19. Uno studio su 4 realtà italiane.

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Lo scopo dello studio è quello di descrivere e confrontare le diverse esperienze vissute dagli infermieri di Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto, Bologna ed Acqui Terme impegnati nella cura di pazienti SARS COV 2 positivi, con il fine di cogliere eventuali nuovi bisogni nati dall’esperienza, ed elaborare soluzioni ai problemi individuati.

Lo scopo primario di questo studio era quello di esplorare attraverso un approccio fenomenologico, gli eventuali nuovi “bisogni” nati a seguito dell’esperienza degli infermieri italiani impegnati nella cura dei pazienti con COVID-19 durante il periodo della pandemia. L’obiettivo secondario dello studio era quello di cogliere eventuali soluzioni, suggerite dai professionisti sanitari infermieri, nell’affrontare i possibili bisogni nati dall’esercizio dell’assistenza infermieristica nel periodo epidemico.

La Pandemia Covid e i nuovi “bisogni” degli Infermieri Italiani.

“31 dicembre 2019: la Cina segnala all’OMS l’esistenza di una polmonite anomala che si diffonde celermente dall’epicentro di Wuhan, popolosa città della provincia di Hubei. Nei giorni successivi vengono individuati ben 41 casi, il focolaio è il mercato del pesce di Huanan.

Gennaio 2020: l’epidemia avanza, il mondo osserva silenzioso, si deve attendere il 9 gennaio prima che al virus venga dato un nome: è identificato con l’acronimo 2019 n- CoV” (Rezza & al., 2020) denominazione che verrà però sostituita l’11 febbraio con SARS-CoV2, o “COVID-19” – Corona Virus Disease, sigla più conosciuta (Giuliani, 2020).

“22 febbraio: Adriano Trevisan, 77 anni, è la prima vittima italiana (Ferro, 2020): viene dichiarata la pandemia” (Ghebreyesus, 2020).

“Marzo 2020 la situazione precipita: i casi aumentano insieme ai decessi, il paese entra in lockdown” (Governo, 2020), il sistema sanitario è duramente messo alla prova, in data 27 marzo si raggiunge il picco di 969 morti (Il sole 24 ore, 2020), “le terapie intensive sono vicine al collasso” (Russo, 2020), il personale sanitario italiano è sfinito: a fine marzo il 49,38% degli operatori sanitari registra i primi sintomi di stress post-traumatico (PTSS) (Rossi & al., 2020).

Nonostante questi dati possano sembrare sconvolgenti, in realtà parecchi studi anteriori alla pandemia CoV2, e tra questi quello condotto da Angelina OM Chan e Chan Yiong Huak nel 2004 (Chan & Al., 2004), hanno confermato un’alta percentuale di impatti psicologici sul lavoratore ospedaliero durante o dopo un disastro di salute pubblica in occasione dello scoppio della sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Di certo, tra le ripercussioni negative, va quantomeno accennata la privazione di sonno data da turni e reperibilità sfinenti che avrebbero comportato non solo un danno fisico, ma anche psichico e sociale. “Tale problema diviene dunque rilevante se si considera che un ulteriore studio riporta che le emozioni negative (ansia, senso di colpa e solitudine) attivano meccanismi cognitivi e si traducono in una cattiva salute auto-valutata e un’alta probabilità di infezione auto-valutata” (Ballesio & al., 2021), percezioni che si potrebbero manifestare nella messa in scena di una sorta di “profezia auto-avverante”.

La situazione è drammatica durante quella che viene chiamata solo successivamente: “prima ondata”: turni massacranti, pochi DPI disponibili (Mersha & al., 2020), scarsa conoscenza del virus e dei protocolli da applicare (Bhagavathula & al., 2020) incertezze, paura di essere contagiati, paura di contagiare, assenza di un vaccino…

L’idea di svolgere il lavoro di tesi sulla “identificazione dei bisogni degli infermieri durante emergenza covid-19” nasce sia dalle esperienze di tirocinio avute nel corso di laurea triennale, sia dal fatto che la pandemia ha coinvolto tutta la popolazione in generale. Essendo interessata direttamente come futura infermiera, ero incuriosita dalla comprensione delle ripercussioni negative nell’ambito specifico dell’infermieristica.

A tale proposito è stata illuminante la lettura di un articolo che suggeriva quali fossero le cinque richieste espresse dal personale sanitario al datore di lavoro, durante la pandemia di COVID-19: “Ascoltami, proteggimi, preparami, sostienimi e curami […], i datori di lavoro devono fornire un supporto psicosociale a tutti i dipendenti che risponda a queste richieste e si concentri su: creazione di un ambiente psicologicamente sicuro, una forte leadership, chiare strategie organizzative per il benessere del personale, una comunicazione coerente e un significativo supporto del team.” (Shanafelt & al., 2020) Secondo tale studio, queste strategie, se adottate, andrebbero ad inficiare positivamente sulla salute fisica e mentale del personale sanitario. Inoltre, l’indagine che è stata condotta parte dal presupposto espresso da uno studio trasversale condotto in Spagna, nella cui conclusione finale si evince che il personale sanitario che si era ritrovato ad affrontare una così grande emergenza, avrebbe potuto successivamente ridurre la propria capacità di recupero di fronte a una futura ondata di Covid-19. La ricerca appena citata suggerirebbe quindi alle istituzioni ospedaliere di strutturare dei disegni di recupero della forza lavoro, al fine di ricostituire il benessere fisico e mentale degli operatori sanitari sul posto di lavoro (Mira & al., 2020)

In letteratura sono stati trovati vari articoli concernenti soluzioni per i possibili problemi legati alla pandemia, come quello condotto nel 2020 dai ricercatori tedeschi Moritz Bruno Petzold, Jens Plag, e Andreas Ströhle. L’articolo procura agli operatori sanitari e ai loro dirigenti una panoramica dei fattori rilevanti per la tutela della salute mentale durante la pandemia Covid-19, riassumendo quanto viene espresso dalle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità. Risulta dunque importante: “scambiare le proprie idee sulla situazione con i colleghi; mantenere i contatti sociali; non demonizzare le forti reazioni emotive; cercare supporto; mantenere la routine; ottenere aiuto psicosociale, mantenere l’autocura ecc.” (Petzold & al., 2020). Inoltre, gli operatori sanitari con conoscenze professionali sulle differenze nei modelli di esposizione e la trasmissione di diverse malattie infettive potrebbero ottenere un certo grado di comfort e controllo sulle loro situazioni.

Consultando il materiale disponibile sulla piattaforma PubMed si sono rinvenute diverse ricerche che evidenziavano le ripercussioni psicologiche del personale sanitario date dalla pandemia. Come emerge dal lavoro di El-Hage (2020), il rischio è quello di andare incontro a problematiche quali: ansia, disturbo post traumatico da stress (PTSD), depressione, dipendenze, e suicidio (El-Hage & al., 2020).

Tuttavia, solo dopo un attento studio, e uno svisceramento analitico del materiale, si è giunti a constatare l’esistenza di un importante “gap”. Stando alle ricerche, in linea speculativa è noto: cosa significa per medici e infermieri vivere questa emergenza ospedaliera; quali sono i rischi (fisici e psicologici) che la stessa comporta al personale sanitario; quali tecniche e strategie devono essere adottate per “sopravvivere” alla pandemia ed uscirne il più indenni possibile. Per quanto riguarda questo ultimo punto, dalla ricerca è emerso un numero ben più esiguo di materiali. Nondimeno, ciò che risulta contraddittorio, è che si siano offerte soluzioni senza prima fare un passo indietro nello studio dei bisogni espressi dal personale sanitario in un periodo tanto drammatico per la salute pubblica. Difatti, durante la fase di raccolta dati, alcuna indagine è emersa sui bisogni percepiti da medici e infermieri, tali bisogni potrebbero effettivamente differire da quelli ipotizzati negli studi esaminati. Il divario risiederebbe quindi nel campo di tali necessità, che non parrebbero sufficientemente indagate. Questo studio si offre di identificarle. Di conseguenza, il presente lavoro di ricerca si prefigge l’obiettivo di individuare le necessità degli infermieri durante l’emergenza pandemica Covid-19, con lo scopo di orientare la stesura di strategie volte a soddisfare le esigenze espresse dal personale sanitario, tali disegni diverrebbero strumenti valevoli sia per l’immediato che per le future eventuali emergenze sanitarie.

È stata condotta quindi un’indagine qualitativa fenomenologica ermeneutica secondo Cohen (Cohen, 2000), rivolta al personale infermieristico (sano o già guarito al momento dell’indagine), che presta attività lavorativa in strutture pubbliche, private o convenzionate in reparto di Rianimazione o reparti ospedalieri che abbiano dovuto affrontare la gestione di casi COVID-19, ad Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto, Bologna ed Acqui terme.

Pertanto, il criterio di inclusione allo studio prevedeva il reclutamento di infermieri coinvolti direttamente nell’assistenza a pazienti con diagnosi di Covid-19. Il campionamento è stato propositivo, di convenienza, fino a saturazione dati; sono stati esclusi dalla ricerca tutti quegli infermieri che non hanno gestito pazienti SARS COV 2.

Per l’identificazione del campione sono state poste delle domande preliminari che hanno aiutato chi si è occupato della raccolta dati (GB; iniziali cognome e nome), a suddividere gli intervistati per: età, genere, unità operativa, regione, tipo di struttura, stato civile, n° figli, formazione, formazione universitaria, anzianità, area lavorativa pre-pandemia, ruolo, turno di lavoro, attuale area lavorativa, “sano o guarito” dal Covid-19, rapporto di lavoro (tempo determinato o indeterminato).

Per attuare l’indagine, si è reso necessario partire dai bisogni. Risulta quindi fondamentale porsi la domanda “Che cos’è un bisogno?”. Nel linguaggio comune il bisogno altro non è che “la mancanza di qualcosa”, tuttavia, essendo questo un testo che si pone l’obiettivo di essere il più scientifico possibile, siamo obbligati a spiegare il summenzionato termine con una definizione più ampia e razionale data da Abraham Maslow. Secondo lo psicologo statunitense Abraham Maslow (1908-1970), è possibile classificare i bisogni in una scala che procede dalle necessità più elementari (legate alla sopravvivenza), fino a quelle più complesse (di carattere sociale) (Maslow, 1954). Una volta soddisfatte le prime, si procederebbe in un movimento tendente verso la soddisfazione dei restanti bisogni. Più semplicemente, è possibile schematizzare questo concetto nella realizzazione di una piramide, alla cui base si trovano i bisogni fisiologici, e a seguire, gradino dopo gradino, quelli di: sicurezza (ricerca di contatto e di protezione); di affetto e appartenenza (ossia di riconoscersi in una comunità sociale); di stima (l’individuo vuole sentirsi competente e produttivo); e di autorealizzazione (bisogno di realizzare la propria identità in base ad aspettative e potenzialità). I vari livelli di bisogni attraverso i quali passa la realizzazione dell’individuo devono essere soddisfatti in modo progressivo. A tal proposito, il seguente studio qualitativo fenomenologico ermeneutico va ad indagare il bisogno di: protezione e sicurezza; riconoscimento (appartenenza e stima); supporto psicologico (autorealizzazione).

L’ipotesi di studio risiede nella convinzione che le soluzioni proposte dalle Ricerche, possano non soddisfare appieno i bisogni degli infermieri, in quanto non indagati dalle stesse.

Il mio lavoro di ricerca.

Lo studio ha condotto alla realizzazione della tesi di Laurea in Infermieristica della scrivente, relata dalla prof.ssa Valentina Simonetti dell’Università Politecnica delle Marche.

Ecco l’intero lavoro: TESI.

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Infermiera con la passione per la lettura, la scrittura e la ricerca. Si è laureata in Infermieristica nel 2021 presso l'Università Politecnica delle Marche. Attualmente è studentessa al Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche dell'Università degli Studi di Chieti.
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