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Costa d’Avorio: la storia di tre giovani colleghe!

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Maria Chiara, Costanza e Margherita durante uno dei momenti della missione!

Tre giovani neolaureate, una missione umanitaria, 30 giorni in un mondo completamente diverso: la storia di Maria Chiara, Margherita e Costanza infermiere in Africa!

Partite il 9 gennaio dal territorio del Mugello (provincia di Firenze), Maria Chiara Barletti, Margherita Ciappelli e Costanza Pietretti, tre giovanissime infermiere laureate nella sessione invernale del 2017, sono state un mese in Costa d’Avorio prestando servizio come infermiere volontarie presso il villaggio di Bonoua all’interno di una missione volontaria.

Le abbiamo intervistate per farci raccontare la loro esperienza e diffondere uno splendido esempio di generosità, coraggio e spessore motivazionale non indifferenti. Sperando che possano essere d’esempio per moltissimi altri colleghi!

 

Grazie alle organizzazioni umanitarie, oggi riuscire a prestare servizio di volontariato è ogni anno più accessibile per centinaia di infermieri italiani. Nel vostro caso, oltre ad essere infermiere, siete state coinvolte come gruppo di amiche. Come è nata questa esperienza?

(RISPONDE MARIA CHIARA BARLETTI)

Originariamente l’esperienza era nata come mia personale, in quanto ho sempre avuto il desiderio di viverla e il post laurea mi sembrava il momento perfetto. Avevo già preso i contatti con Don Poggiali (sacerdote di Borgo San Lorenzo che venticinque anni fa decise di fare il missionario a Bonoua, Costa d’Avorio), tramite mio padre che da giovane è stato nella sua missione come volontario. Poi è successo, che quasi per caso raccontandolo alle altre, si sono unite anche Margherita e Costanza, in quanto anche loro hanno sempre avuto questo desiderio. Abbiamo così deciso di intraprendere questa esperienza insieme, che ovviamente ognuna di noi ha vissuto come personale, ma la fortuna di poter condividere giorno dopo giorno quella che vivevamo, ha reso il tutto più significativo ed unico. ” Ringrazio” quindi quel giorno di settembre, quando Margherita mi chiese di prestarle provvisoriamente il Brunner, dando inizio a tutto questo.

 

Dai racconti di chi torna dopo i periodi in Africa si intendono condizioni sanitarie ovviamente diverse da territorio a territorio ma con un comune denominatore: servizi sanitari non in grado di garantire la salute del paese. Parlando della vostra missione, cosa potete raccontarci a riguardo?

(RISPONDE MARGHERITA CIAPPELLI)

Purtroppo è proprio così, non sempre i servizi sanitari riescono a garantire la salute del paese.

Siamo partite per la Costa d’Avorio con l’associazione Solidarietà Missionaria Onlus, della Parrocchia di Borgo San Lorenzo (FI), che opera all’interno del Centro Don Orione a Bonoua; tale centro offre moltissimi servizi specialistici, come l’ortopedia, oculistica e la ginecologia, presenta sale operatorie, riabilitative e laboratori ortopedici.

Grazie al Centro Don Orione e all’appoggio dell’associazione, è nato il Progetto Ippocrate, un servizio importantissimo tramite il quale vengono prestate cure mediche e assistenziali nei villaggi, spesso lontani dalla città principali e quindi dagli ospedali . All’interno di tale progetto lavorano un’infermiera professionale (titolo valido in Costa d’Avorio, ndr), un’aiuto infermiera e un autista, grazie al quale sono resi possibili tutti gli spostamenti. Durante il nostro soggiorno abbiamo avuto l’opportunità di prestare servizio proprio all’interno del Progetto Ippocrate: ciò ci ha reso possibile osservare direttamente le varie situazione ( spesso drammatiche ) che si presentano quotidianamente, di valutare la grande preparazione dell’infermiera, in quanto ha le competenze e le capacità al pari di un Medico di Medicina Generale ( es: prescrive anche farmaci ). Non si abbattono facilmente, nonostante gli aiuti non siano molti, le condizioni igieniche precarie, e lo strumentario molto scarso, riescono sempre a trovare una soluzione.

Abbiamo fatto anche visita all’ospedale pubblico di Bonoua e li purtroppo la situazione è abbastanza critica: anche qui le condizioni igieniche sono scarse, ma soprattutto mancano i soldi necessari per effettuare le cure ottimali alla popolazione bisognosa.

Posso concludere affermando che grazie alla Missione, in gran parte della Costa d’Avorio, piano piano si riescono a fare dei passi avanti verso un miglioramento della sanità.

 

Infermiere in missione: parlando del servizio in cui eravate volontarie, in quale modo assistevate la popolazione?

(RISPONDE COSTANZA PIETRETTI)

Il servizio nel quale eravamo volontarie era sostanzialmente quello di infermiere domiciliari. Tramite l’Associazione Solidarietà Missionaria Onlus, della Parrocchia di Borgo San Lorenzo (FI), siamo state inserite all’interno del “Progetto Ippocrate”, un progetto sanitario per i villaggi più poveri e lontani dalla grande Missione di Bonoua, in Costa d’Avorio. Ci spostavamo di dispensario in dispensario (ambulatori costruiti nei vari villaggi sperduti, grazie alle donazioni fatte dall’associazione per finanziare il progetto) con un pick-up, per strade assurde e da noi impensabili. Nei vari dispensari prestavamo assistenza infermieristica alle persone che non potevano permettersi cure ospedaliere. Oltretutto abbiamo preso parte ad una campagna vaccinale contro rosolia e morbillo nelle scuole.

A volte ci è capitato di aiutare persone incontrate per la strada grazie al nostro piccolo “kit medico”.

 

Fare l’infermiere nel terzo mondo ti connette con emozioni ed esperienze uniche. Cosa ti ha lasciato questa esperienza? Ti senti arricchita?

Maria Chiara BarlettiOvviamente è stata un’esperienza molto arricchente, e tutte le volte che una persona mi chiede di descriverla mi trovo sempre in difficoltà a trovare le parole giuste, perché è veramente difficile riuscire a trasmettere le emozioni uniche che ho provato…Dal punto di vista professionale mi ha colpito molto l’alta considerazione che hanno là per gli infermieri: i medici sono solo specialisti e la vera figura di riferimento siamo noi. Umanamente, poi, è stato toccante vedere la felicità e la gratitudine per la vita negli occhi di persone poverissime, ho imparato molto. In più sento forte in me il desiderio di tornare o comunque di fare un’altra esperienza come questa, perché il cuore mi dice che non ho del tutto finito.”

Margherita Ciappelli “Sognavo questa esperienza da quando ho intrapreso il mio percorso di studi , ma mai avrei pensato che mi regalasse così tante emozioni. Vivere un mese in Africa mi ha fatto capire quanto io sia stata fortunata a nascere qui in Italia, non mi manca niente, anzi forse ho anche troppo, ma spesso non mi sento così. la cosa più bella di questo colorato paese è proprio la felicità che hanno le persone, bambini e adulti sempre con il sorriso stampato in faccia, nonostante abbiano poco e niente. questa esperienza la porterò per sempre nel mio cuore, mi ha cambiato e arricchito molto, sia a livello lavorativo che umanitario.”

Costanza Pietretti “Quella in Africa è stata un’esperienza veramente travolgente; entri in una realtà nuova, diversa, in un continente che ti apre gli occhi e che ti fa capire quanto davvero noi siamo fortunati.

Ti vergogni quasi a pensare a tutte quelle volte che ti lamenti per niente; ti fa arrabbiare pensare che i nostri bambini quando piangono li viene spesso dato un telefono in mano e tutto sembra passare. I bambini in Africa è difficile che facciano trasparire ciò che provano. Ho visto bambini malati, con la febbre altissima che non si lamentavano. Appaiono felici, spensierati che si divertono con poco.

Non ti chiedono un gioco ma bensì da bere e da mangiare ed è impressionante la voracità con la quale divorano quello che li viene offerto. Quando li chiedi cosa vorranno fare da grandi, percepisci già che non hanno e spesso non possono avere un sogno per il loro futuro, sanno solo che dovranno lavorare, e presto!

Volete sapere se questa esperienza mi ha arricchita?

Mi ha lasciato tanto; capisci che non è necessario fare un dramma per ogni cosa che ci accade, che ingegnarsi e non chiedere aiuto al primo ostacolo è bello, capisci che l’istruzione è veramente importante e per molti ancora un lusso, realizzi davvero che esiste un altro mondo talmente diverso e arretrato dal nostro quasi da non poter spiegare, da non capire, dove i disabili vengono disconosciuti dalla società e per questo, spesso, abbandonati dalla famiglia.

E’ bello vedere quanto un piccolo gesto possa essere enorme per chi non ha niente.

Lo rifarei altre 100 volte e spero infatti che non mancherà occasione per tornare in quella terra che, per quanto povera, ti lascia una ricchezza immensa.”

 

Le ringraziamo per la disponibilità e per l’arricchimento umano che hanno saputo dare a tutta la famiglia professionale. I migliori auguri per la loro carriera lavorativa.

Dott. Marco Tapinassi
Dott. Marco Tapinassi
Vice-Direttore e Giornalista iscritto all'albo. Collaboro con diverse testate e quotidiani online ed ho all'attivo oltre 5000 articoli pubblicati. Studio la lingua albanese, sono un divoratore di serie tv e amo il cinema. Non perdo nemmeno un tè con il mio bianconiglio.
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