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Pochi Infermieri in Italia: Ocse e Organizzazione Mondiale Sanità lanciano allarme

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Infermieri carenti in Italia: Organizzazione Mondiale Sanità lancia allarme.

E’ allarme rosso, secondo l’Ocse e l’Oms per la carenza di Infermieri in Italia. Il rapporto sproporzionato per difetto rispetto alla popolazione non permetta di raggiungere gli adeguati livelli di assistenza e di affrontare le sfide emergenti di cronicità e invecchiamento. L’Italia è nella bassa classifica del rapporto tra infermieri e abitanti con servizi e assistenza a rischio.

Parla chiaro l’Ocse: “Gli italiani invecchiano e la domanda di assistenza sanitaria sale. La popolazione italiana è una delle più vecchie al mondo: quasi il 20% supera i 65 anni di età e, secondo i dati Istat, nel 2050 circa l’8% degli italiani avrà più di 85 anni. Il sistema sanitario italiano, al momento, potrebbe non essere in grado di far fronte a questi cambiamenti, in particolare per quanto riguarda il rinnovo e l’assunzione del personale infermieristico. Si calcola che la carenza di infermieri, già importante soprattutto al Nord, aumenti ogni anno a causa dello squilibrio tra i pensionamenti (17 mila all’anno) e le nuove assunzioni (8 mila all’anno).

Parla chiaro anche l’Oms che lo ha ribadito anche durante la sua 68esima Assemblea generale svolta dal 17 al 20 settembre a Roma: “L’Italia deve affrontare un quadro di malattie croniche – principalmente a causa dell’invecchiamento della popolazione, che ti chiedono una risposta assistenziale complessa, proattiva, personalizzata”.
Per farlo secondo l’Oms l’Italia deve rispondere ad alcune sfide tra cui oltre a difendere meglio l’accesso universale all’assistenza (“una parte della popolazione ha esigenze sanitarie che non ricevono assistenza” secondo l’Oms, specie in alcune Regioni creando diversità e disuguaglianze), deve aumentare ancora una volta il numero di infermieri: “complessivamente il numero degli operatori del sistema sanitario è cresciuto negli ultimi dieci anni ma il numero di infermieri rimane basso: 6.5 ogni 1000 abitanti, mentre la media UE è di 8.4.”.

“Lavoriamo a provvedimenti concreti, per questo stiamo pensando di creare un gruppo tecnico stabile tra ministero, Fnopi e rappresentanze dei cittadini – ha dichiarato il ministro della Salute Giulia Grillo, garantendo il suo interessamento sia per la carenza, sia per la copertura del contratto appena chiuso, ma anche per le specializzazioni degli infermieri  a una delegazione dei vertici FNOPI -. Quando parliamo di infermieri, parliamo di 440mila persone che lavorano tutti giorni, tutte le notti, Natale, Pasqua, Capodanno! Non abbiamo la bacchetta magica, ma abbiamo tanta buona volontà, e posso assicurare che il ministro è al lavoro su tutti i dossier e anche su questo perché dobbiamo dare risposte agli infermieri e a tutti coloro che garantiscono la salute dei nostri cittadini”. 

Secondo i documenti internazionali di Ocse e Oms, alla luce di una popolazione che invecchia (22% sopra i 65 anni nel 2015, la più anziana in Europa) che spende pochi anni in buona salute (7,7 anni rispetto a 9,4 in media nell’OCSE) e crescenti necessità per un’assistenza sanitaria di lungo termine,  Il numero di infermieri laureati negli ultimi 20 anni è vero che è comunque aumentato , grazie a un migliore iter formativo e a un cambiamento nei requisiti d’ingresso per incentivare l’iscrizione. Ma non basta: il numero di infermieri laureati rimane il quinto più basso nell’Ocse (20,6 per 100 000 persone rispetto alla media Ocse di 46).

E parlano chiaro i dati internazionali, che si affiancano alla carenza già denunciata dalla FNOPI di non meno di 51-53mila infermieri: l’Italia tra i paesi Ocse è al 24° posto (su 35 paesi) nel rapporto infermieri ogni 1000 abitanti (al 15° nell’Ue-28) e dopo di lei, Spagna a parte, ci sono nazioni che non brillano per l’organizzazione dei servizi sanitari, mentre ai primi posti ci sono i Paesi del Nord Europa (Norvegia, Svizzera, Danimarca, Islanda, Finlandia, la stessa Germania e così via), tutti a partire dai 7,9 infermieri per mille abitanti del Regno Unito (che pure chiede infermieri all’Italia) fino ai 17,7 della Norvegia. 

In Italia in realtà la situazione va ogni anno peggiorando e si perdono in media tra i 2.500 e 4.500 infermieri l’anno: dal 2009 (anno dell’ultimo contratto e anno in cui sono iniziati i piani di rientro per le Regioni fortemente in deficit economico, quasi tutte del Sud) si sono perse 12.031 unità di personale.

La carenza di infermieri è considerata un grave rischio per i sistemi sanitari anche a livello internazionale.

La campagna “Nursing Now”, avviata quest’anno da Oms e Icn, l’International Council of Nurses, Consiglio internazionale delle infermiere, sottolinea anzitutto che senza interventi – ritenuti necessari e urgenti – nel 2030 mancheranno nel mondo 9 milioni di infermieri e aggiunge che è necessario migliorare la percezione degli infermieri, migliorare la loro influenza e massimizzare il loro contributo per garantire che tutti abbiano accesso alla salute e all’assistenza sanitaria.

La campagna Oms-ICN prevede entro la fine del 2020 di raggiungere cinque obiettivi, analoghi in gran parte a quelli già evidenziati nella ricerca Oasi 2017 dalla Sda Cergas Bocconi:

  1. maggiori investimenti per migliorare la formazione, lo sviluppo professionale, gli standard, la regolamentazione e le condizioni di lavoro per gli infermieri;
  2. maggiore e migliore diffusione di pratiche efficaci e innovative nell’infermieristica;
  3. maggiore influenza per infermieri sulla politica sanitaria globale e nazionale, come parte di un più ampio sforzo per garantire che la forza lavoro della salute sia maggiormente coinvolta nel processo decisionale;
  4. più infermieri in posizioni di comando e maggiori opportunità di sviluppo a tutti i livelli;
  5. fornire ai responsabili politici e decisionali riferimenti per comprendere dove l’infermieristica può avere il maggiore impatto, cosa impedisce agli infermieri di raggiungere il loro pieno potenziale e come affrontare questi ostacoli. 
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