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Infermieri vittime dei tagli nel rapporto umano con gli assistiti: analisi PIT 2018

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Infermieri vittime dei tagli nel rapporto umano con gli assistiti: analisi PIT 2018.

Mancano i professionisti della salute e crescono i disagi per i Pazienti

Resi noti dalla Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI) i risultati del Rapporto Pit salute 2018, che risultano eclatanti. “Ormai gli organici sono ridotti all’osso e chi ne fa le spese, nonostante la buona volontà dei professionisti e l’alto livello clinico dei loro interventi, sono i pazienti che rischiano di non avere nulla dell’umanizzazione prevista dall’ultimo Patto per la salute” – si legge in una nota della vice-presidente FNOPI Ausilia Pulimeno.

I dati del Pit salute parlano chiaro: crescono i disagi per la scarsa assistenza medico/infermieristica, dal 25,7% al 28,9%, e, collegate a questi, le lunghe liste d’attesa (dal 20,2% al 24,6%: senza personale si deve solo attendere di più). Le strutture in cui è maggiore il disagio sono sempre le RSA (86,5%, in calo rispetto al 89,9% del 2016), mentre le Lungodegenze crescono dal 10,1% al 13,5 per cento.

Anche nei ricoveri la scarsa assistenza medica e infermieristica (dal 17,9% al 16,7%) è la problematica più segnalata, assieme al rifiuto del ricovero dovuto a motivi di tagli ai servizi (dato che raddoppia dal 6% del 2016 al 12,8% del 2017).

E che sia l’organizzazione del sistema a non funzionare, lo dimostra un altro dato rilevato dal Pit Salute 2018: pesa, nelle segnalazioni dei cittadini, soprattutto la carenza di umanizzazione a carico delle figure che più sono immerse nella presa in carico e nelle procedure relazionali con i pazienti e le famiglie.  Prima di tutto i medici ospedalieri (50,7%, in aumento rispetto al 45,1% del 2016), gli infermieri ospedalieri (26,2%), i medici di base (15,1%) e quelli impegnati in Asl (5,5%).

Segno anche che l’ospedale resta il nodo del sistema dei problemi di organizzazione, rispetto a un territorio pressoché inesistente.

Sono i cittadini a dirlo segnalando al Pit Salute la progressiva riduzione del personale presente nelle strutture e i disagi che ne conseguono proprio in termini della qualità di assistenza erogata, sempre più spesso si verificano le situazioni in cui i pazienti non possono disporre di assistenza appropriata, perché vi sono pochi infermieri o medici in reparto.

Quindi, come spiega lo stesso Pit Salute, da un lato, si verifica un aumento del rischio di non appropriata presa in carico per il paziente, dall’altro, inevitabilmente aumenta anche il peso su infermieri e medici che si trovano la responsabilità di gestire molti pazienti con poco personale a disposizione per cui un aumento del carico di lavoro, maggiore stress, maggiore possibilità di incomprensioni tra pazienti, familiari e operatori sanitari.

Paradossalmente i servizi a domicilio invece di aumentare negli anni, diminuiscono e Cittadinanzattiva fa notare la differenza: quelli ospedalieri erano il 65,5% nel 2016 e aumentano all’85,7% nel 2017, mentre quelli domiciliari erano il 27,7% nel 2016 e sono appena l’8,9% nel 2017.

Per quanto riguarda gli infermieri, in particolare le segnalazioni dei cittadini sono il 23,9% nel 2017, mostrando un lieve calo rispetto al 25,2% del 2016. I cittadini, in questo caso, lamentano la sbrigatività delle procedure e dei modi, con un contatto spesso frettoloso e poco informato con gli operatori.

Anche nei casi in cui è evidente che il disagio dipende dalle condizioni organizzative e non dal comportamento del singolo, i cittadini sono comunque portati a identificare gli operatori come soggetti risolutori delle problematiche (di accesso alle informazioni su cura, condizioni del paziente, eventuale dimissione) e li investono di una aspettativa elevata.

I cittadini raccontano di mancata attenzione nei controlli e di mancati controlli nei casi più estremi: il ridotto numero di infermieri presenti nelle strutture è la causa di questa mancanza di attenzione, che non può assolutamente essere sanata dalla buona volontà e dallo spirito di abnegazione che pure moltissimi professionisti mettono in campo, perché la particolarità del lavoro che si volge in questo caso richiede lucidità e corretta organizzazione delle mansioni, per offrire al cittadino assistenza competente e appropriata.

Le segnalazioni che si riferiscono a questi disagi sono il 18,6% del totale, in netto aumento rispetto al 12% del 2016, facendo puntare l’attenzione su un problema forse emergente.

“Gli infermieri – ha affermato alla presentazione del Rapporto Pit Salute 2018 Ausilia Pulimeno, vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, il maggior Ordine italiano con i cuoi oltre 440mila iscritti – sono sempre meno; dal 2009 (anno in cui sono iniziati i piani di rientro per le Regioni fortemente in deficit economico, quasi tutte del Sud, e quindi i tagli senza chanche ai bilanci locali col blocco del turn over e dei contratti) si sono perse 12.031 unità di personale. E gli infermieri, quelli del Ssn, quelli che lavorano negli ospedali, sono sempre più anziani: soprattutto in rapporto alle altre professioni tra gli infermieri sono diminuite le età centrali, tra i 35 e i 44 anni (dal 38,0 al 28,3%) e aumentate quelle dei “quasi anziani” tra i 45-54 anni che passano dal 33,8% al 37,9 per cento”.

“Senza risorse, che oggettivamente appaiono indispensabili, si tratterebbe – sottolinea Pulimeno – di modificare la composizione del personale. Da questo punto di vista il vincolo reale con cui il sistema deve fare i conti è quello di una carenza di risorse a disposizione per assumere il personale nel suo insieme, fermo paradossalmente al 2004 meno l’1,4%, cosa che ha portato negli anni a far sì che gran parte degli oltre 25 miliardi tagliati alla sanità siano stati presi dal personale. E questi, quelli messi in evidenza dal Pit Salute, sono i risultati”.

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