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Elena, Infermiera: “io incinta, vaccinata, sospesa dall’OPI e paragonata ad una commessa”.

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Elena, Infermiera: “vi racconto la mia storia di vessazione subita da un OPI; incinta, vaccinata, sospesa e paragonata ad una commessa; chi ci rappresenta si vergogni!”.

In passato, ho sentito spesso frasi come: “le donne in Italia non fanno più figli”, “le nascite sono calate drasticamente”, “questo paese non è per donne”, ma non ci ho mai voluto credere fino a quando non mi sono ritrovata in questa situazione.

Sono un’infermiera e da qualche anno svolgo questa professione in un ospedale del nord Italia.

A novembre 2021 però, scopro di essere incinta. Ho continuato ad esercitare, anche se con estrema difficoltà e debolezza.

Le cose si sono complicate quando il DPCM ha anticipato la scadenza del green-pass base da 12 a 9 mesi.

Essendo io professionista della salute, avrei dovuto eseguire la terza dose per poter continuare la mia attività lavorativa e mi sono ritrovata a decidere se vaccinarmi durante il primo trimestre di gravidanza.

Recandomi presso un HUB vaccinale, mi hanno rilasciato l’esenzione momentanea.

Durante lo svolgimento della mia attività lavorativa però, ho iniziato ad avere parecchi problemi di salute.

Rivolgendomi alla mia ASST, ho fatto richiesta più volte agli uffici competenti di poter essere spostata in luoghi più tranquilli, in quanto non ero più nelle condizioni di lavorare in un reparto di degenza così pesante, senza ottenere mai risultati accettabili.

Le mie richieste sono sempre state rifiutate ed alcune non hanno mai ricevuto risposta.

La situazione poi, nel corso delle settimane, non ha fatto altro che aggravarsi, in quanto oltre all’ospedale, è intervenuto anche l’Ordine delle professioni infermieristiche.

Nei mesi, mi richiedeva per mezzo di raccomandata, l’avvenuta vaccinazione o l’esenzione momentanea alla terza dose, pena la sospensione.

Successivamente, sono stata definitivamente esonerata dal lavoro da parte della mia ASL di competenza.

Sarebbe stato dunque necessario, continuare a fornire loro giustificazioni, essendo io oramai a casa dal lavoro?

Li ho dunque contattati per avere delucidazioni e mi è stato risposto che a loro non interessa nulla della mia condizione, fino a che si è iscritti all’Ordine bisogna fare il proprio dovere. Mi hanno fatto anche questo esempio: “Se, paradossalmente, lei è iscritta ma decide di fare la commessa, si deve comunque attenere alla normativa vigente”.

È mai possibile, dunque, che nonostante io sia sospesa e senza alcun tipo di contatto con pazienti e colleghi, debba essere comunque obbligata a vaccinarmi o a presentare eventuale esenzione?

È mai possibile che io, infermiera, sia paragonata ad una commessa che non svolge più questa professione?

È possibile che le mie richieste e i miei tentativi di spiegazione, non abbiano ricevuto ascolto, nemmeno dall’ordine?

È mai possibile che, nonostante io abbia contratto il Covid e abbia ricevuto doppia dose di vaccino, sia stata trattata come una qualsiasi No Vax?

È possibile che, dopo tutti i sacrifici, i turni da 12 ore per assistere i pazienti nei reparti Covid, i bisogni base venuti meno, la paura per la nuova malattia, le ferie bloccate, l’avere salvato vite umane abbia portato a questo tipo di trattamento?

La vaccinazione, dunque, è d’obbligo per gli ESERCENTI le professioni sanitarie o per qualsiasi iscritto, anche se a casa dal lavoro?

La legge, come mi è stato spiegato da persone competenti, parla chiaro.

Il datore di lavoro potrebbe decidere di assegnarti momentaneamente ad altre mansioni, senza necessariamente sospendere; lo dimostrano anche le numerose sentenze che ci sono state negli ultimi mesi, in cui il personale lasciato a casa è stato reintegrato.

Dopo consiglio ginecologico di aspettare quanto meno il terzo trimestre per eseguire la vaccinazione, ho deciso di rimanere senza dose e senza esenzione, attendendomi alle norme e ai decreti legge per vivere la vita di tutti i giorni.

Come conseguenza, mi è stata recapitata una raccomandata che mi «avvisava» di essere stata sospesa dall’Ordine a causa della mancata vaccinazione/esenzione.

Nel mio caso, essendo già a casa dal lavoro, non mi sono stati decurtati stipendi o emolumenti e la situazione è rimasta invariata.

Mi metto però nei panni di tante donne e colleghe, che non hanno ricevuto lo stesso trattamento e hanno dovuto impugnare il provvedimento disciplinare al TAR di competenza, per poter essere riammesse.

Donne come me con una casa, un mutuo da pagare e spese, magari altri figli o familiari a carico. Non pretendo che le mie insicurezze dovute alla gestazione siano comprese ed accettate da tutti, pretendo però la libertà di poter decidere, nella mia condizione, di completare il ciclo vaccinale quando più mi sento sicura. E lo stesso vale per le numerose donne che come me hanno fatto una scelta di salute diversa, a maggior ragione quando non si sta più esercitando.

Un altro avvenimento recente mi ha lasciata parecchio turbata e sinceramente nauseata; la possibilità che ha dato il nostro paese ai profughi di guerra di poter essere integrati “momentaneamente” negli ospedali italiani.

La domanda a questo punto sorge spontanea: queste persone, avranno un titolo di studio adeguato ed equipollente al mio? Avranno eseguito tutti il ciclo vaccinale per poter lavorare con i malati?

O è solo l’ennesimo tentativo del governo italiano di intervenire, sulla grave carenza di medici e infermieri, permettendo alle ASST territoriali di assumere personale facendo contratti a termine per un anno?

Quando ho scelto di intraprendere questa professione l’ho fatto col cuore. Sin da piccola sognavo di aiutare il prossimo e ho fatto della mia passione il mio lavoro.

Questo però, è ciò che sta succedendo in Italia.

Lavoratrici madri abbandonate nella loro fragilità, ad affrontare la loro condizione senza nessun tipo di supporto psicologico e, come se non bastasse, anche senza uno stipendio per poter far fronte alle necessità di vita quotidiana.

Ma a questo punto, mi chiedo, ne vale veramente la pena di continuare? La mia risposta è NO.

Questo paese non è fatto per le donne, non è fatto per le madri. E non è fatto neanche per gli infermieri.

Elena, Infermiera

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