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giovedì, Marzo 28, 2024
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Daniela Poggiali non è una Infermiera Killer: assolta definitivamente!

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Finisce il calvario per la collega di Lugo. Non ci sono prove, pertanto il fatto non sussiste. Non è un’assassina per la Legge italiana.

E’ stata assolta Daniela Poggiali, la 46enne ex infermiera dell’Ausl Romagna accusata di aver ucciso una sua paziente con un’iniezione di potassio. L’assoluzione, in riforma della sentenza di primo grado che la condannava all’ergastolo, è stata pronunciata perché il fatto non sussiste per quanto riguarda il contestato omicidio della paziente. E per non aver commesso il fatto per quanto riguarda il contestato peculato per le due fiale di potassio.

La Corte ha anche deciso di trasmettere gli atti alla Procura per valutare i reati di simulazione di reato, calunnia e falsa testimonianza in merito ad alcune testimonianze senza però indicare per chi. Trenta giorni per le motivazioni.

La Poggiali, evidentemente raggiante, dopo aver abbracciato le sorelle, si è per la prima volta intrattenuta con i giornalisti, concludendo con questa frase: “Per chi sa aspettare la verità viene fuori, sempre”. 

Oggi in corte d’Assise d’Appello di Bologna la giornata era iniziata con la richiesta della conferma dell’ergastolo da parte del sostituto procuratore generale Luciana Cicerchia, dopo oltre due ore di requisitoria.

“Non abbiate paura di pronunciare una sentenza di condanna sull’ipotesi di una dose subacuta di potassio”, ha detto il pg Cicerchia rivolto ai giudici della corte d’Assise d’Appello di Bologna facendo chiaro riferimento all’ipotesi accusatoriache si è fatta largo durante il dibattimento: che la paziente 78enne di Russi Rosa Calderoni l’8 aprile del 2014, a poche ore dal ricovero all’ospedale Umberto I di Lugo, sia stata uccisa con una concentrazione di potassio non immediatamente mortale ma capace di un avvelenamento più lento.

“Questo è un processo con cui bisogna approcciarsi con serenità, valutando dati e personaggi”, ha riferito il pg. “Deve essere un esame complessivo di tutti gli elementi – ha quindi aggiunto il pg – illuminati dal dato statistico”. Ha poi sottolineato che “Daniela Poggiali somministrava a proprio piacimento sostanze medicali ipnoinducenti fino a fare finire una paziente in rianimazione. Utilizzava i degenti per fare dispetto a persone a lei invise, somministrando lassativi” che come tali “rendevano poi difficile la pulizia alle oss”.

Della personalità dell’imputata ha detto che “in reparto era temuta. Dove era succedeva qualcosa”. Su questo fronte il pg ha citato i furti per i quali la Poggialiha riportato due condanne, passate in giudicato, che il magistrato Cicerchia in apertura di requisitoria ha depositato davanti alla Corte. “Daniela Poggiali ha sottratto i danari a un marito di una signora che era in coma”, ha ricordato il pg.

Poco prima di tornare su un tema che molto ha segnato l’opinione pubblica: i due scatti che ritraggono l’ex infermiera Ausl sorridente con i pollici alzati accanto a una paziente appena morta. “Una paziente che aveva un nome e un cognome – ha ricordato il sostituto procuratore generale – era deceduta alle 18.10 del 22 gennaio 2014 e alle 20.07”, la Poggiali, “si fece fare quegli scatti in pose trionfanti e assurde”.

Il significato, per l’accusa, “è di disprezzo”. Un gesto “di chi si ritiene padrona di fare qualsiasi cosa in quell’ospedale. Sono chiari elementi da prendere in considerazione: perché un movente lo dobbiamo trovare. E il movente è nella personalità. Ed è tra la vita e la morte”, ha sottolineato il pg citando un messaggio scritto dalla stessa imputata proprio su quegli scatti, “che ha fatto da padrona: si era mossa scegliendo lei i pazienti che potevano dare fastidio”.

Poco dopo le 17, con le repliche di pg e difesa, si è conclusa la discussione del processo che vede imputata l’ex infermiera Ausl Daniela Poggiali. Il presidente della corte bolognese, Orazio Pescatore, poco prima di ritirarsi in camera di consiglio ha riferito che la sentenza verrà letta non prima di un paio di ore. La lunga cavalcata degli avvocati delle parti si è aperta in tarda mattinata con Giovanni Scudellari, parte civile per l’Ausl Romagna, che ha parlato subito dopo le conclusioni del sostituto procuratore generale. Il riferimento a quanto esposto dai periti, ovvero circa l’impossibilità letale di due fiale di potassio legata alla diluizione nel sangue umano attraverso la flebo, ha proposto non senza ironia un esperimento giudiziale “con due fiale di potassio somministrate tra qualcuno dei presenti ma a me non mi prendete” ha precisato suscitando sorrisi da parte della corte. Lo stesso legale ha poi rimarcato che in questo procedimento esiste “un dato certo: che ne deflussore c’era potassio”.

A seguire ha parlato l’avvocato Valentina Fussi, parte civile per l’ordine degli infermieri della provincia di Ravenna, la quale ha sottolineato che “una crisi ipoglicemica come spiegazione di morte della paziente non è supportata da alcun dato, anzi non sarebbe compatibile con altri elementi emersi”. L’avvocato Maria Grazia Russo, parte civile per la figlia della defunta, ha evidenziato come a suo parere vi fossero “errori nella sentenza di assoluzione”. Il primo “che quel deflussore fosse attribuito a un’altra paziente”. In merito alla sua assistita, l’ultima ad avere visto la paziente in vita e in stanza quando entrò la Poggiali per somministrare le terapie, ha detto che “il suo ricordo è chiarissimo, non c’è nessun dubbio: col boccino piccolo – disse – è andato giù in pochissimo tempo. E subito dopo ecco i sintomi”.

L’avvocato Marco Martines, parte civile per l’altro figlio della defunta, ha ricordato come sia “difficile cogliere i segni di avvelenamento da potassio”. Per questo “l’insegnamento della Cassazione è di non ripetere gli errori del precedente grado di appello”. In particolare Martines in merito al deflussore ricondotto alla defunta, ha parlato di “situazione scolpita: non può essere che quello della Calderoni sia per il criterio di esclusione di altri pazienti che per le dichiarazioni di Mauro Taglioni”, il dirigente infermieristico che lo recuperò dai rifiuti.

A questo punto è stata la volta della difesa: l’avvocato Gaetano Insolera ha restituito il quadro di un “processo con difficoltà tecniche notevolissime. L’accusa si deve basare su certezze accettabili”. E in questo contesto a suo avviso “non sono assolutamente fonte di prova le dichiarazioni di Taglioni”. Nel complesso per l’avvocato Insolera ci si è trovati di fronte a “situazione in cui si era già mirato alla preda” ma “la Poggiali non è un’assassina”. Per questo ha parlato di “mille contraddizioni che hanno reso il materiale probatorio avariato”.

Da ultimo l’avvocato Lorenzo Valgimigli ha sottolineato come tocchi “all’accusa provare la genuinità della prova” e “a mio avviso i dubbi sono rimasti inalterati”. Qui ha citato gli esami di laboratorio ma “problema principale è quel deflussore” perché “le indagini penali non le fanno gli organi amministrativi – ha detto alludendo al fatto che sia stato un dipendente Ausl a recuperare il deflussore -. Credo che questo sia un unicum”. Ha anche puntato il dito in quelle che ha indicato essere “falle nella catena di custodia delle fonti di prova” insistendo sul fatto che “sulla riferibilità del deflussore alla paziente” non vi siano sicurezze. Quindi, rivolgendosi direttamente ai giudici, ha formulato questa domanda: “Potete escludere il dubbio ragionevole?”. A suo avviso insomma “il sillogismo – un solo morto, un solo deflussore” non esiste.

Per quanto riguarda Taglioni, si è domandato “come mai abbia agito con competenza da Sherlock Holmes dilettante”. Da ultimo, dopo avere cercato di minare il metodo con cui il consulente della procura aveva determinato la concentrazione di potassio da un campione dei bulbi oculari della defunta, ha cercato di demolire l’ipotesi di un avvelenamento ospedaliero: “Siccome quello acuto in pochi minuti non ci sta, è stata tirata fuori questa cosa dell’avvelenamento intermedio. Ma ora i periti, col sostegno del consulente della parte civile, dicono che è follia pura ipotizzarlo. Se non è possibile di cosa stiamo parlando? Per questo chiedo la conferma dell’assoluzione”.

E così è stato: l’ex infermiera Daniela Poggiali è stata assolta.

Fonte: Il Resto del Carlino.

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