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Dal PNRR gli Infermieri ne usciranno sempre più umiliati, delusi e soggetti agli “ordini” dei Medici.

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La lettera di Saverio Andreula, presidente OPI Bari, è destinata a far discutete. Per lui il PNRR è l’ennesima dimostrazione che la politica e i Medici identificano gli Infermieri come professionisti di serie B.

Gentile Direttore,

la proposta italiana del PNRR, meglio noto come Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Recovery Plan post-pandemico europeo è quello di attuare il programma “Next Generation EU” implementato dall’Unione Europea per contrastare le conseguenze economiche e sociali indotte dalla pandemia in atto da Covid-19.

I punti chiave che il PNRR pone in linea applicativa teorica possono cosi riassumersi:

  • digitalizzazione;
  • innovazione;
  • transizione ecologica.

Evidentemente tutte le 6 aree di sviluppo previste, coinvolgono direttamente e indirettamente la professione infermieristica che, attraverso i propri organismi di rappresentanza professionale, e non solo, deve ritenere il PNRR un’opportunità per affermare concretamente il proprio ruolo e valore professionale.

Bisogna, pertanto implementare un piano di attività coerente con gli obiettivi e le aree di intervento del PNRR.

La missione salute del PNRR, evidentemente è la più rilevante e consona per gli interessi di sviluppo del Piano per tutti i stakeholder, (Infermieri in primis) del sistema sanitario e porta con sé una dotazione economica pari a 15,63 miliardi di euro ed è focalizzata principalmente su due obiettivi:

  • il rafforzamento della prevenzione e il potenziamento dell’assistenza sul territorio con l’integrazione tra i servizi sanitari e quelli sociali oggi nettamente separati tra di loro;
  • l’ammodernamento delle dotazioni tecnologiche in dotazione al Sistema Sanitario Nazionale.

Oltremodo interessante è l’ultimo punto nodale della missione 6 che riguarda lo sviluppo delle competenze tecniche, digitali e manageriali del personale impegnato nel Sistema Sanitario declinato nella promozione della ricerca scientifica in ambito biomedico e sanitario.

La Missione 6 (salute) sviluppa anche aspetti di definizione programmatica per l’utilizzo delle risorse disponibili, impegnate nella misura di 7,00 miliardi di euro per “le Reti di prossimità strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”; Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario Nazionale.

In verità, gli argomenti cui alla “missione 6” del PNRR, in buona parte, potrebbero agilmente correre e raggiungere gli obiettivi previsti con il motivato e incentivante coinvolgimento diretto e indiretto degli Infermieri, attori di prima linea del contesto strutturale e funzionale in cui si articola lo stesso. Altresì va constatato che i temi oggetto della missione hanno già tenuto battesimo in numerosi precedenti tavoli istituzionali prima di essere declinati nell’ambito del PNRR. Insomma, un “déjà-vu” oggi arricchito, è il caso di dire, dalle risorse economiche in disponibilità della missione su vecchi progetti e vecchi programmi privi di copertura economica. Ciò che bisogna evitare è l’affermazione egoistica (legata a interessi e ragioni meramente economici) dei progetti corporativi che certamente alcune classi sanitarie presenteranno all’incasso, soprattutto legati alla medicina del territorio che è argomento chiave nel PNRR.

A riguardo sono iniziate le prime avvisaglie, a mio avviso, minimizzate dalla “casa madre”. Infatti è già percettibile, la capacità della classe medica, ad esempio, di influenzare e indurre la classe politica (con cui ha sempre trovato sinergie) a riformare precedenti normative che consentivano agli Infermieri, così come alle professioni sanitarie della dirigenza, la possibilità di direzione, con assunzione di responsabilità gestionale/organizzativa complessiva degli Ospedali di comunità o comunque di strutture sanitarie che erogano prestazioni sanitarie domiciliari. Infatti, con l’intesa Stato-Regione del 4 agosto 2021, di fatto, la professione infermieristica viene “espulsa” dalla classe delle professioni sanitarie che, per effetto dell’intesa e per le finalità della stessa resta di esclusivo appannaggio della figura del Medico cui viene data la responsabilità di direzione delle strutture o organizzazioni dedicate alla “domiciliarità” delle cure sanitarie.

Una decisione dunque che “umilia” la classe infermieristica non efficacemente contrastata dalla “casa madre” della rappresentanza professionale. Accade che il potenziamento della così detta “medicina del territorio” intesa come la capacità dell’ospedale ed in particolare nell’ambito dell’immensa sfera d’azione dell’infermiere, di recarsi al domicilio del cittadino per rispondere ai suoi bisogni di salute, rischia di determinare un’ulteriore perdita di fiducia nella professione infermieristica i cui ambiti prestazionali saranno sempre incatenati al volere/potere della classe medica, pur negli atti più profondi che declina il proprio ordinamento professionale.

Ecco dunque il punto di partenza della “questione infermieristica” oggi più che mai non più eludibile né rinviabile all’infinito. Non potrà mai esserci una reale svolta nei legittimi desiderata della professione infermieristica se non prende coscienza la stessa delle proprie sconfitte che l’arretrano sempre più in ogni sua dimensione sociale, politica, professionale e contrattuale.

La dimensione “identificativa” di professionisti in prima linea (eroi) durante il periodo pandemico, oggi è fortemente in discussione e rischia di essere ulteriormente depauperata dalle “elemosine” che il rinnovo del CCNL prevede in termini economici senza sottovalutare l’arroganza della classe Politica che nega agli Infermieri la possibilità di avere le stesse prebende della “nobile” professione medica cui viene riconosciuto il diritto, anche nel CCNL di pubblico impiego, all’esercizio di attività libero professionali nelle forme che più gli aggradano. Il superamento del vincolo di esclusività, quindi, resta fortemente condizionato dalla volontà politica di frenare la professione infermieristica, oggi con un profilo identificativo ricco di un sapere accademico che declina competenze professionali in grado di soddisfare i bisogni sanitari che i cittadini esprimono. Insomma parole di elogio (eroi) ma tanti schiaffoni e tanti placcaggi con “camice di forza” ad impedire la loro crescita professionale. Insomma, nel “giro di valzer” del PNRR, al momento abbiamo posti solo nell’ultima fila.

Ciò detto mi chiedo: dov’è la forza e l’orgoglio dei 50.000 Infermieri scesi in piazza a Roma nell’anno 1994?

Saverio Andreula
Presidente Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bari

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