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Emogasanalisi: come leggere e interpretare un EGA.

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Emogasanalisi: come leggere e interpretare i dati? Ecco cosa devono sapere Medici e Infermieri sul più comune dei prelievi arteriosi.

Sarà successo a tutti di dover fare una Emogasanalisi, o più comunemente EGA, esame di competenza sia medica che infermieristica che permette di misurare le pressioni parziali dei gas arteriosi e pH del sangue.

E’ una procedura diagnostica che genera sempre un po’ d’ansia poichè viene considerato un prelievo doloroso: in realtà se effettuato correttamente provoca nel paziente un dolore molto simile, se non minore, all’incannulazione venosa di un vaso. Saper eseguire un’emogasanalisi è una cosa, saperla leggere è un’altra.

Test di Allen: precauzione utile per l’Emogasanalisi.

Quindi come interpretare questo tipo di esame, che di per sè ci fornisce numerose informazioni sullo stato di salute del paziente?

Ci si può affidare a diversi tipi di approccio. Il metodo più utilizzato indubbiamente è quello ALS dell’Italian Resuscitation Council, organizzato in 5 steps di fondamentale importanza:

  1. valutazione del paziente;
  2. valutare la pO2;
  3. valutare il pH, la pCO2 ed i bicarbonati.

Con la corretta interpretazione di queste voci si può valutare il compenso atteso (a sua volta stratificato in base al tipo di disturbo, semplice o complesso che sia).

Quindi:

  • Osserviamo il paziente.

Il primo di questi è probabilmente il più sottovalutato: valutare il paziente è la priorità assoluta per capire bene cosa l’EGA ci sta dicendo. Errore comune infatti è quello di interpretare un’emogasanalisi senza aver eseguito un esame obiettivo del paziente: un’EGA che per un paziente può essere normale può essere invece patologico per un altro, in base al quadro clinico che presenta il paziente stesso al momento dell’esecuzione dell’esame. Condizioni e dati anamnestici, conoscere la storia del paziente e il suo iter terapeutico sono elementi utilissimi al fine di formulare una corretta diagnosi.

  • Com’è la pO2?

Dopo aver valutato dunque il paziente, si osserva il valore della pO2; questo perchè un paziente ipossiemico (pO2 bassa) può andare incontro molto rapidamente a complicanze anche serie. Il suo valore va sempre confrontato con la percentuale di ossigeno che il paziente sta respirando al momento dell’analisi. Attraverso quindi il rapporto P/F (pO2/FiO2) si quantifica il livello di insufficienza respiratoria, con stratificazione in tre stadi: P/F > 300: normale, P/F compresa tra 200 e 300: insufficienza respiratoria moderata, P/F < 200: insufficienza respiratoria grave. Ricordiamo a titolo accademico che valori di normalità della pO2 sono compresi tra 80 e 100 mmHg (con tolleranza fino a 65).

  • Com’è il pH?

Una volta valutata la pO2, si valuta il pH, il cui range di normalità è tra 7,35 e 7,45, esprimendoci la concentrazione di [H+] nel sangue. Attraverso l’equazione di Henderson-Hasselbalch si stabilisce il livello di concentrazione di pO2 e HCO3 presenti: pH = 6,1 + [HCO3-]/ k x [pCO2] dove il K è il coefficiente di solubilità di CO2.

Risulta evidente come più elevato sarà il valore di HCO3- (numeratore) più alto sarà il valore del pH (alcalosi).

Al contrario mentre più alto il valore di pCO2 (denominatore) più basso sarà il valore di pH (acidosi).

Per gli stessi motivi matematici, bassi valori di HCO3- causeranno acidosi, mentre bassi valori di pCO2 determineranno alcalosi.

A questo punto possiamo valutare la pCO2, ovvero il prodotto di scarto del catabolismo dei tessuti. Quando e se si verifica un accumulo di pCO2 si avrà un’acidosi; in caso contrario (livelli troppo bassi di pCO2) si avrà un’alcalosi. Essendo il polmone il primo interessato in questo meccanismo, si avrà un’acidosi o alcalosi respiratoria.

Qualora il pH foss inferiore a 7,35 (acidosi) ed i valori di pCO2 sono elevati (> 45 mmHg) ci troveremmo di fronte ad acidosi respiratoria, cioè il disordine primario che ha causato la diminuzione del pH è l’aumento della CO2. Se invece il pH è superiore a 7,45 (alcalosi) ed i valori di pCO2 sono bassi (< 35 mmHg) ci troviamo di fronte ad alcalosi respiratoria, cioè il disordine primario che ha causato l’aumento del pH è la diminuzione della CO2.

I bicarbonati sono il mezzo di sistema tampone più importante del nostro organismo ed il loro compito è quello di ridurre il più possibile le variazioni di ioni idrogeno [H+].

Sono un mezzo che si dimostra molto efficace nella loro rimozione e che è necessario sia presente in grande quantità e rigenerabile. Analogamente a quanto detto sopra se il pH è inferiore a 7,35 (acidosi) ed i valori di HCO3- sono bassi (< 22 mEq/l) ci troviamo di fronte ad acidosi metabolica, cioè il disordine primario che ha causato la diminuzione del pH è una perdita di bicarbonato (es. diarrea) o un aumento di acidi che consumano il sistema tampone bicarbonato (es. chetoacidosi diabetica) facendo diminuire la concentrazione di HCO3- sierico. Al contrario se il pH è superiore a 7,45 (alcalosi) ed i valori di HCO3- sono elevati (> 26 mEq/l) ci troviamo di fronte ad alcalosi metabolica, cioè il disordine primario che ha causato l’aumento del pH è un aumento di bicarbonato (es. iatrogeno) oppure una perdita di acidi (es. vomito).

Ora che abbiamo valutato questi 5 steps, dovremmo essere capaci di capire se siamo di fronte ad un’acidosi od alcalosi. E determinare se l’emogasanalisi manifesta uno status di origine metabolica o respiratoria.

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Dott. Angelo Riky Del Vecchio
Dott. Angelo Riky Del Vecchiohttp://www.angelorikydelvecchio.com
Nato in Puglia, vive e lavora in Puglia, Giornalista, Infermiere e Scrittore. Già direttore responsabile di Nurse24.it, attuale direttore responsabile del quotidiano sanitario nazionale AssoCareNews.it. Ha al suo attivo oltre 15.000 articoli pubblicati su varie testate e 18 volumi editi in cartaceo e in digitale.
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