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Antony, il decano indiano fa il Coordinatore Infermieristico in Liguria: “ho studiato in Italia e qui ho trovato la mia America”.

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Parla Antony Adassery, Coordinatore Infermieristico in Liguria e tra i decani indiani nel nostro Paese: “ho studiato in Italia grazie ad un prete, qui ho trovato la mia America”.

Nei giorni scorsi Repubblica ha intervistato Antony Adassery, 55 anni, Coordinatore Infermieristico in Liguria. Lui è Indiano di nascita ed è emigrato nel nostro Paese, grazie ad un prete, quando di anni ne aveva 23. Ha studiato l’Italiano presso l’Università per Stranieri di Perugia ed è diventato Infermiere in Italia diplomandosi con estrema difficoltà, non certo perché non studiava, ma perché era costretto ad alternare studio a lavoro. Oggi ha una figlia che sta per diventare Medico e che è perfettamente integrata nella società italiana.

Si fa un gran parlare di infermieri indiani in queste ore dopo l’annuncio pubblico del ministro della salute Orazio Schillaci, che ha annunciato un accordo con l’India per reperire e portare in Italia professionisti sanitari al fine di cumulare le carenze di organico nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale.

Schillaci ha definito quella indiana come “una scuola infermieristica di alta qualità”.

La storia di Antony.

Adassery, dicevamo, oggi ha 55 anni, ed è arrivato in Italia quando aveva 23 anni, nel 1991. Ora vive a Savona e lavora a Millesimo, nella provincia ligure dov’è caposala in una residenza sanitaria. Il ministro si augura che Paesi stranieri possano “metterci a disposizione professionisti già ben formati, dal punto di vista sanitario e della conoscenza della nostra lingua”, mentre imparare l’italiano è stato proprio uno degli aspetti più difficili da affrontare per Adassery. Ostacolo che l’infermiere è riuscito a superare, spianando la strada a sua figlia, futuro medico.

Non è stato facile.

Per imparare l’italiano, «quando sono arrivato vivevo a Roma e mi sono iscritto a un corso dell’Università per stranieri di Perugia», racconta elencando le difficoltà. «Poi c’era il problema della comunicazione con i parenti rimasti a casa. A quei tempi era difficile avere contatti, non c’erano certo le videochiamate come oggi», spiega. Ciononostante, l’infermiere ha deciso di rimanere, lavorando in diverse strutture della penisola. Adassery è arrivato a Savona «attraverso alcune suore della Misericordia. Prima ho lavorato tre anni al San Raffaele di Milano. Guadagnavo di più ma non mi trovavo bene con la città». Come mai? «Troppo caotica. Si vive meglio qua in Liguria».

Meglio l’Italia dell’India.

Ma Adessery non ha studiato nella regione del Kerala, di dove è originario, bensì qui in Italia, dove è arrivato grazie ad un prete di Napoli: “gli ho chiesto di aiutarmi a venire. Ho iniziato il corso nel 1991 e mi sono diplomato nel 1994». La differenza rispetto all’India, si è fatta subito vedere: «Qui un infermiere ha uno stipendio 10 volte più alto rispetto all’India. Certo, la vita è molto più cara ma si trova comunque il modo di risparmiare un po’. All’inizio mandavo i soldi a casa, ma ora i miei non ci sono più, quindi ho smesso”, spiega l’infermiere indiano in una intervista a la Repubblica a cura di Michele Bocci. Vantaggio economico che non ha lasciato indifferenti i conoscenti di Adassery, che ha aiutato ad arrivare in Italia: «Almeno una ventina, tra parenti e conoscenti che mi hanno contattato e chiesto aiuto».

Ma negli altri Paesi Europei ed Extra-Europei pagano di più.

“A Savona c’è una comunità di una settantina di infermieri, con le famiglie. Poi ci sono grandi gruppi di indiani che lavorano nella sanità a Milano, Roma e Genova». Riguardo la proposta di schillaci, Adassery dice la sua: «Se chiude l’accordo fa bene. Il punto è che vanno trovate le persone, perché adesso all’India arrivano richieste da tutto il mondo, anche da Paesi che pagano più dell’Italia». Anche perché «da quel punto di vista non ci sono problemi, chi studia da infermiere è già prontissimo a lavorare anche qua. La formazione è ottima, di alto livello”.

Mettendo insieme le due cose, Adassery ricorda che da tempo la sanità britannica fa affidamento sugli infermieri indiani. Un’opzione migliore di quella offerta dall’Italia: “pagano tantissimo. Sono stato di recente a Londra e un mio amico lavorando per le agenzie interinali prende anche 500 sterline per turni di 12 ore. Io sto sui 1.600 euro al mese”.

Chissà che non possa essere la strada di sua figlia, 20enne, studente di medicina a Genova, in attesa di sapere cosa farà la secondogenita, 17enne liceale.

Fonte Repubblica – AssoCareNews.it

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