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Alison, Infermiera Specialista della Fertilità: “dopo 40 anni di lavoro tornerei a scegliere questa professione”.

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Alison McTavish: “Nei miei 40 anni come Infermiera Specialista della Fertilità il mio entusiasmo per la professione non è mai mutato”.

Sebbene l’Assistenza Infermieristica non sia facile è anche straordinaria, dinamica e gratificante. E sicuramento lo è l’ambito assistenziale afferente alla fertilità. La pensa così Alison McTavish, Infermiera inglese Specializzata nel settore, che senza mezze parole spiega al quotidiano inglese Nursing Time che: “mi sono unita alla specialità nel 1986 come Infermiera di ricerca quando la fecondazione in vitro (IVF) era ancora considerata ricerca e oggi sono orgogliosa di averlo fatto”.

Alison McTavish è membro dell’Autorità per la fecondazione umana e l’embriologia ed e’ manager presso l’Aberdeen Center Reproductive Medicine

“La scienza, la ricerca e la pratica si sono decisamente evolute negli ultimi anni, specialmente nel periodo Covid, durante cui operare in questo settore è diventato una grande sfida. La natura in continua evoluzione della nostra specializzazione ha contribuito a dotare gli Infermieri della Fertilità per tutto ciò che ne è derivato. Questa adattabilità, unita alla resilienza che attraversa il nostro DNA, ha anche guidato la ripresa del settore assistenziale specifico” – spiega Alison.

La fertilità è stato uno dei primi servizi sanitari elettivi riaperti nel post-Pandemia Covid. Le cliniche si sono rapidamente adattate e hanno introdotto nuovi metodologie capaci di fornire cure sicure e a disposizione completa dei Pazienti che per forza di cose hanno dovuto interrompere l’assistenza. Questo, tradotto in termini pratici, è significato ridurre i ritardi accumulati. Tuttavia c’è stata una riduzione della fecondazione in vitro del 35% nel 2019 e del 28% nel 2020. Successivamente il divario si è ancora più accorciato, fino a giungere quasi alla “parificazione” dei dati nel 2022 tra fase pre-pandemica e fase post-pandemica.

Allo stesso tempo solo un terzo delle cliniche pubbliche e quindi del Sistema NHS ha riaperto a maggio 2020 rispetto all’83% delle cliniche private, probabilmente a causa della ridistribuzione del personale pubblico e della necessità di ridurre l’affluenza negli ospedali (dal 2019 al 2020 c’è stata una riduzione del 35% dei cicli di trattamento IVF finanziati dal NHS rispetto al 13% per il settore privato).

Tuttavia, alla fine di ottobre 2020, il 95% delle cliniche del NHS aveva riaperto rispetto al 97% delle cliniche private. Le misure correlate al Covid-19 (riduzione delle restrizioni) hanno portato i Pazienti che potevano riprendere il trattamento a passare da visite on line a quelle in presenza, ma non è stato facile per questi riaffidarsi immediatamente alle cure dei sanitari. Il compito dell’Infermiere, in questi casi, era anche quello di sostenere la persona dal punto di vista emotivo e psicologico.

“Come accennavamo poco fa ad un anno dalla riapertura delle cliniche i trattamenti per la fertilità sono quasi tornati ai livelli pre-Pandemia, ma le scosse di assestamento si fanno ancora sentire. Un paziente su dieci che ha ricevuto un trattamento per la fertilità nel 2020-21 ha riportato ritardi nel rapportarsi con il proprio Medico di Famiglia a causa del Covid-19. Da febbraio 2020 a dicembre 2021 le liste d’attesa di ginecologia sono cresciute del 59%, fino a superare i 570.000 casi. Questo anche perché nel Regno Unito le donne con età superiore a 42 anni sono facilitate nell’accesso ai trattamenti” – spiega Alison.

“In qualità di Professionisti Specializzati nella gestione di pazienti con fertilità, dobbiamo preparare, sostenere e informare gli stessi e i loro partner in maniera precoce e soprattutto durante il loro trattamento. La Women’s Heath Strategy del Governo di Westminster ha un ruolo chiave in questo ambito, avendo il potere di trasformare l’accesso alle cure e garantire informazioni di alta qualità sugli Utenti affinché maturino il loro processo decisionale” – spiega la collega inglese.

“Accogliamo con particolare favore gli obiettivi della strategia, ovvero quello di abbattere le distanze geografiche, fornendo finanziamenti più equi per le coppie dello stesso sesso e ponendo fine ai criteri non clinici che impediscono ai pazienti di accedere al trattamento NHS se hanno un figlio da una precedente relazione. Questo, insieme a una revisione dei poteri normativi dell’HFEA (che ora ha 30 anni), apre la strada a servizi più inclusivi e accessibili” – aggiunge la nostra interlocutrice.

“Mentre rifletto sugli ultimi due anni il mio entusiasmo e il mio amore per la specialità non hanno vacillato. Attendo con impazienza momenti che produrranno un cambiamento profondo nella professione: una opportunità per modernizzare la legislazione relativa alla fertilità, con proposte HFEA al DHSC previste per l’inizio del 2023; e vedere realizzati gli impegni della strategia per la salute delle donne. Soprattutto, non vedo l’ora di lavorare a fianco dei miei colleghi dedicati, resilienti e agili per vedere come le nuove pratiche innovative migliorano direttamente l’assistenza ai pazienti” – conclude McFavish.

In Italia, ovviamente, questo ambito resta fantascienza dell’assistenza.

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Referenze:

Department of Health and Social Care (2022) Women’s Health Strategy for England. DHSC.

Department of Health and Social Security (1984) Report of the Committee of Inquiry into Human Fertilisation and Embryology (The Warnock report). The Stationery Office.

Human Fertilisation and Embryology Authority (2022a) Impact of Covid-19 on fertility treatment 2020. Hfea.gov.uk. May (accessed 1 December 2022).

Human Fertilisation and Embryology Authority (2022b) National patient survey 2021Hfea.gov.uk, April (accessed 1 December 2022).

Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (2022) Left for too long: understanding the scale and impact of gynaecology waiting lists. Rcog.shorhandstories.com (accessed 1 December 2022).

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