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Violeta, OSS: “noi sfruttati fino all’osso e poi mandati a casa da una cooperativa”.

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Ci scrive Violeta Lores, OSS: “noi sfruttati fino all’osso e poi mandati a casa da una cooperativa”.

Salve Direttore,

ecco la mia storia: lavoro per un ospedale di Milano molto conosciuto dove fino a dicembre 2022 facevamo l’OSS in pronto soccorso, mediante una cooperativa che è fallita.

I nostri turni erano strazianti, molto faticosi, non ci fermavamo nemmeno per un bicchier d’acqua. Capitavano spesso le giornate senza mangiare o senza poter andate in bagno perché ci sono tanti Pazienti e con due OSS a coprire quattro aree assistenziali è faticoso.

E tutto ciò con uno stipendio modesto, direi da fame, come in tutte le cooperative.

Aspettavo un cambiamento all’inizio del nuovo anno visto che una azienda tedesca ha vinto il nuovo appalto; invece ci siamo trovati in una situazione ancora peggiore; prima di tutto siamo in meno personale, ci hanno cambiato il contratto trasformandoci in Operaio di 3 livello ausiliare sanitario; abbiamo fatto richiesta attraverso i diversi sindacati per farci tornare nel nostro inquadramento senza una risposta positiva; abbiamo bussato la porta della Coordinatore Infermieristico dell’area senza una risposta, ma sapendo che non è un nostro diretto decisore ce lo aspettavamo; tuttavia da parte sua nemmeno una parola di conforto.

In questo momento ci troviamo a fare il lavoro dell’OSS con un misero stipendio di operaio, con le stesse mansioni e con dei turni stressanti, senza una assicurazione e indennità di rischio e senza una figura legale o comunque sanitaria che ci ascolti e che ci sopporti.

Davanti a questo oceano immenso di mortificazione ci sentiamo con le braccia cadute, senza forze per andare avanti; se lavoriamo ancora lo fasciamo solo per le nostre famiglie, per i nostri figli, per gli impegni presi con le banche e finanziere; ma comunque rischiando di finire in un esaurimento nervoso e anche senza il aiuto psicologico.

Questa è la nostra triste storia come Oss (siamo in 10); abbiamo anche paura di parlare all’esterno perché ogni persona con cui ci sfoghiamo ci dice “tu devi fare il lavoro perché sei una OSS o un OSS, punto e basta”.

Violeta Lores, OSS

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