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Mense aziendali: anche i poliziotti contro il Green Pass, ma il governo non chiarisce.

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La protesta simbolica degli agenti a Trieste e Milano. Obbligo sin qui imposto con una Faq di palazzo Chigi, un po’ poco. Le insidie normative segnalate dal Garante della privacy.

È sull’obbligo del green pass per accedere alle mense aziendali che è scoppiata, l’ultima – per certi versi stancante e per altri evitabile – polemica estiva. Stancante, perché ennesima conseguenza della mancanza di un obbligo vaccinale introdotto per legge e non attraverso vincoli surrettizi; evitabile, perché figlia di una scarsa chiarezza normativa diventata terreno fertile per proteste eclatanti, come quella dei poliziotti costretti a pranzare per strada, o prese di posizione apertamente provocatorie, come quella assunta dalle sigle sindacali di Leonardo sui “i vaccini che non sono una cura definitiva contro il Covid”. Lo scontro ormai ha travalicato la dialettica tra le parti sociali ed è scoppiato anche all’interno del Governo Draghi. Per capire come si è arrivati e come si esce da un problema che rischia di esplodere al termine delle ferie estive serve fare un passo indietro.

Sabato scorso il Governo ha stabilito che per la consumazione al tavolo nelle
mense aziendali o in tutti i locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione a dipendenti pubblici e privati è necessario esibire il green pass: “Per la consumazione al tavolo al chiuso i lavoratori possono accedere nella mensa aziendale o nei locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti, solo se muniti di certificazione verde. A tal fine, i gestori sono tenuti a verificare le certificazioni con le modalità indicate dal dpcm del 17 giugno”. Chi non ha il green pass, in sostanza, dovrà consumare all’esterno.

Primo problema: l’obbligo del pass nelle mense aziendali non è stata introdotto attraverso una legge o un protocollo negoziato tra le parti sociali ma attraverso le famose “faq”, ormai assurte a fonte del diritto. Una scelta, per così dire normativa, che ha subito incontrato le proteste dei sindacati: ”È inaccettabile, serve chiarezza, il governo agisca subito prima che la situazione diventi incontrollabile”. Su questo punto sembrano essere d’accordo anche le imprese: pochi giorni fa, parlando al Corriere della Sera, il presidente di Assolombarda Alessandro Spada ha detto che “se il Governo renderà obbligatorio il green pass nei luoghi di lavoro ben venga, a tutela della sicurezza, ma occorre farlo con una legge di primo livello”.

D’altro canto – secondo problema – una circolare del Viminale del 5 agosto destinata a tutto il personale del Ministero affermava l’esatto contrario delle faq, consentendo l’accesso dei lavoratori alle mense anche senza esibire il green pass, necessario invece per persone esterne o ospiti. In un primo momento, quindi, anche secondo gli uffici della pubblica amministrazione le mense aziendali erano da considerare escluse dall’applicazione degli obblighi previsti per il settore della ristorazione. Le prime, infatti, non rientrano nel perimetro del secondo, ma fanno parte a tutti gli effetti del luogo di lavoro a cui si dovrebbe applicare, in materia di sicurezza, il protocollo Covid negoziato a suo tempo da sindacati e imprese.

Il Viminale ha dovuto perciò correggere la sua stessa circolare a distanza di pochi giorni: “Con decorrenza immediata – si legge nel documento inviato sabato scorso a tutti gli uffici del Dipartimento della Pubblica sicurezza – sulla base delle indicazioni fornite dal ministero della Salute, la consumazione del pasto all’interno delle mense di servizio dovrà essere consentita solo a coloro che sono in possesso delle certificazioni verdi Covid-19”. Un dietrofront che invece di spegnere le polemiche, ne ha create di nuove. Il sindacato Fsp della Polizia di Stato di Milano ha pubblicato sui social una foto che sta facendo discutere, e che ritrae alcuni agenti mentre pranzano all’esterno a causa del divieto di accesso alla mensa: “Chiediamo l’immediata sospensione dell’efficacia della “circolare” … Siamo Poliziotti e non animali (con tanto di rispetto per gli animali)….”, si legge sulla bacheca facebook. Analoghe immagini sono stati diffuse dal sindacato Fsp di Trieste: “Personale senza green pass costretto a mangiare sulle scale, normativa discutibile e da rivedere assolutamente, bisogna trovare il modo di dare dignità anche a chi non ha aderito alla campagna vaccinale”.

Il caso dell’obbligo introdotto a mezzo faq è così esploso all’interno del Governo Draghi, con il sottosegretario all’Interno in quota Lega, Nicola Molteni, che ha definito “indecoroso” il fatto che gli agenti di polizia, “dopo aver svolto servizi estenuanti a difesa dell’ordine pubblico” siano costretti a “pranzare in piedi o sulle scalinate”. Quello della Polizia di Stato non è l’unico caso registrato nelle ultime ore. Nei giorni scorsi l’azienda Hanon System di Campiglione Fenile (Torino) aveva introdotto l’obbligo di esibire il green pass per l’accesso alla mensa ma, dopo la minaccia di sciopero dei lavoratori, lo ha ritirato. Ora, stando alle famose faq, dovrà reintrodurlo. Lo stesso dovrà fare la Regione Piemonte che ai suoi dipendenti aveva garantito l’accesso alle mense anche in assenza di certificazione verde, “fermo restando il rispetto dei protocolli o delle linee guida dirette a prevenire o contenere il contagio”, ma è stata sconfessata dall’ultima disposizione del Governo.

L’introduzione poco trasparente dell’obbligo del green pass sul luogo di lavoro rischia di creare tensioni e avere effetti discriminatori tra i dipendenti di una stessa azienda, sostengono quindi i sindacati. Ma assegna anche un onere in più alle aziende della ristorazione collettiva: le faq stabiliscono infatti che “i gestori dei predetti servizi sono tenuti a verificare le certificazioni verdi COVID-19”. Su questo si è fatta sentire nei giorni scorsi Anir Confindustria, l’associazione di categoria, che si è subito tirata fuori: “Il controllo sul possesso del green pass verso i fruitori della mensa, se fosse obbligatorio, non spetterà alle imprese eroganti il servizio. Le società della ristorazione collettiva non sono proprietarie dei luoghi e controllare l’utenza non rientra nelle loro competenze perché svolgono un servizio per conto terzi”, ha detto il presidente Massimiliano Fabbro all’AdnKronos.

Le insidie normative nate dall’aver introdotto un obbligo di vaccinazione sul posto di lavoro però non sono finite. Secondo il Garante della Privacy, infatti, per tutelare la dignità e la libertà dei dipendenti sui luoghi di lavoro, “non è consentito al datore raccogliere direttamente dai dipendenti, dal medico compente, o da altri professionisti sanitari o strutture sanitarie, informazioni relative all’intenzione del lavoratore di aderire alla campagna o alla avvenuta somministrazione (o meno) del vaccino e ad altri dati relativi alle sue condizioni di salute”. Né tantomeno ”è consentito far derivare alcuna conseguenza, né positiva né negativa, dall’adesione o meno alla campagna vaccinale”. Tuttavia il dipendente che non potrà accedere alla mensa aziendale e costretto a consumare il suo pasto all’esterno dell’azienda sarà facilmente e visivamente individuabile dal datore, così come dai colleghi, come lavoratore sprovvisto di green pass e quindi non vaccinato.

I sindacati dal loro canto smentiscono categoricamente di essere su posizioni no-Vax ma chiedono di essere coinvolti nelle decisioni finora assunte in maniera “unilaterale”: “Le mense sono un luogo di lavoro e sono tutelate dai contratti di lavoro, non accetteremo mai nessuna disparità di trattamento fra luoghi di lavoro e mense”, scrivono in una nota i metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil. I sindacati assicurano di condividere “l’obiettivo di completare la campagna vaccinale” ma ritengono che l’iniziativa del Governo creerà “contenziosi, discriminazioni, differenze di trattamento” e chiedono di mettere al più presto una toppa “prima che la situazione diventi incontrollabile”. Stessa richiesta è arrivata nei giorni scorsi dal presidente del Cnel Tiziano Treu che ha definito “contraddittorio” l’obbligo di green pass nelle mense aziendali e ha proposto un aggiornamento del protocollo col quale “si risolve tutto”. Sul punto ha criticato anche i sindacati, definendo “paradossale” la loro richiesta di una nuova legge e non il ricorso alla contrattazione.

Fatto sta che la poca chiarezza del Governo è diventata terreno di coltura per le polemiche, in alcuni casi tracimate in posizioni azzardate e strizzate d’occhio alla propaganda no-vax. In queste ore sta facendo discutere il comunicato delle rappresentanze sindacali di Leonardo, l’azienda di Stato ex Finmeccanica, nel quale le tute blu si lasciano andare a considerazioni e valutazioni di tipo medico, chissà in ragione di quali studi o competenze. La nota afferma infatti che “i vaccini non sono una cura definitiva”, ma che stanno arrivando “notizie fondamentali da parte dell’Aifa che ha già autorizzato cure farmacologiche per malattie lievi e moderate e per ospedalizzati” mentre “parallelamente l’Ema ha annunciato che ad ottobre saranno disponibili trattamenti monoclonali ed uno basato su un immunosoppressore che consentiranno un trattamento farmacologico alla malattia”. I più diffidenti nei confronti dei vaccini non esiteranno a leggervi un invito ad attendere i nuovi farmaci, ancora in fase di approvazione, senza affrettarsi nella vaccinazione. Un’uscita a dir poco infelice. (Claudio PAUDICE – Huffpost.it)

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