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Lo stigma in Psichiatria e le competenze dell’Infermiere in ambito territoriale e ospedaliero.

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Convegno dell’OPI di Brindisi sullo Stigma in Psichiatria e sulle competenze dell’Infermiere in ambito territoriale e ospedaliero.

Nei giorni scorsi l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Brindisi ha organizzato nell’Istituto Alberghiero Sandro Pertini  di Brindisi   si è tenuto un convegno dal tema “Lo stigma associato alla persona affetta da disagio psichico e le competenze infermieristiche in ambito territoriale e ospedaliero”.

Il Responsabile Scientifico Dott Antonio Scarpa (Presidente OPI Brindisi e Componente del Comitato Centrale della FNOPI) , apriva la giornata formativa in una sala piena di Infermieri,  introducendo l’importanza della Formazione e l’importanza della figura Centrale dell’infermiere nell’aspetto Relazionale e nella prevenzione contro lo Stigma che è il SERIO PROBLEMA delle persone che soffrono di Disturbi Psichici .

La giornata formativa è stata patrocinata anche da SISISM (Società Scientifica delle Scienze Infermieristiche della Salute Mentale) .

I Relatori (Infermieri e Infermieri Coordinatori) provenienti dalle varie provincie della Regione Puglia, tutti con competenze specifiche sul campo della Salute Mentale , hanno alternato delle relazioni ed evidenze sul campo, si sono alternati : Elsa Vitale (CSM Bari – SISISM), Andrea Biondi (CSM Foggia- SISISM ), Marco Rizzo (Pronto Soccorso Galatina), Maria Laura Dello Preite (SPDC Brindisi), Giulio Ianzano (SPDC Foggia – SISISM).

Giulio Ianzano, SISISM.
Giulio Ianzano, SISISM.

Proprio Giulio Ianzano prima di parlare di stigma ha tenuto a precisare cosa sono i Disturbi Mentali (o Disturbi Psichici), ovvero sono degli stati di alterazione patologica che colpiscono in vario modo le funzioni cognitive (il pensiero, l’ideazione, la concentrazione, l’attenzione, la capacità di affrontare e risolvere problemi), la sfera affettiva (l’umore, le emozioni, i sentimenti, l’ansia), il comportamento, la qualità delle relazioni interpersonali. In molti casi è il funzionamento complessivo della personalità ad essere disfunzionale.

Le cause dei disturbi psichici non sono ancora totalmente note, ma sicuramente possono derivare dall’interazione di più fattori, tra i quali eventi stressanti, fattori biologici ed ambientali. Anche l’abuso di droghe può influire sullo stato psichico della persona, soprattutto per le sostanze che producono eccitamento e che alterano le funzioni cognitive.Un disturbo mentale può colpire chiunque, senza distinzioni di età, sesso, ambiente sociale e livello di istruzione.  Tali patologie possono infatti comparire in ogni fase del ciclo di vita, con sintomatologie differenti per ogni tipologia di disturbo

I sintomi più comuni:

  • ritiro sociale;
  • calo delle prestazioni (sportive, scolastiche, lavorative);
  • apatia;
  • problemi di concentrazione;
  • nervosismo;
  • comportamenti insoliti;
  • cambiamenti d’umore improvvisi ed esagerati;
  • aumento della sensibilità;
  • pensiero illogico;
  • modificazione delle abitudini alimentari e del sonno.

Si è soffermato sui disturbi della personalità:

  1. La nevrosi, in linea generale, può essere definita come una “scarsa capacità di adattamento al proprio ambiente, incapacità di cambiare i propri schemi di vita e incapacità di sviluppare una personalità più ricca, più complessa e più soddisfacente“.  Il soggetto non perde il contatto con la realtà ma vive in uno stato di ansia e di angoscia cronica. Le nevrosi, a seconda delle differenze strutturali e funzionali di ogni singolo paziente, possono portare a diverse manifestazioni psicopatologiche come ad esempio al disturbo ossessivo- compulsivo, al disturbo del controllo degli impulsi o anche al disturbo d’ansia.
  2. La psicosi è caratterizzata dalla presenza di voci intrusive (allucinazioni uditive) che tormentano frequentemente il soggetto con commenti offensivi e spesso le idee di queste persone si intrecciano insieme, formando delle false convinzioni, ovvero i deliri.   ESEMPIO La   schizofrenia   è   una psicosi cronica caratterizzata   dalla   persistenza di sintomi di    alterazione    delle    funzioni     cognitive     e     percettive del comportamento e dell’affettività, con un decorso superiore ai sei mesi, e con forte disadattamento della persona, ovvero una gravità tale da limitare o compromettere le normali attività di vita.

Disturbo d’ansia.

I disturbi d’ansia rappresentano i disturbi psichiatrici più frequenti, sia nel  mondo sviluppato, sia nei paesi in via di sviluppo. Le caratteristiche cliniche sono un decorso cronico della malattia associato ad alti livelli di comorbidità, una significativa disabilità e una ridotta qualità di vita. È uno stato che, generalmente, capita di provare a tutti almeno una volta nella vita, specie in vicinanza di una prova o di un cambiamento. È infatti un fenomeno fisiologico, in alcuni casi necessario per un’ottima performance in condizioni che la richiedono. Quando l’ansia di una persona è sproporzionata rispetto a una data situazione, causa angoscia e pregiudica il generale funzionamento, si può dire che una persona soffre di disturbo d’ansia

Gli attacchi di panico  giocano un ruolo importante nelle persone con disturbo d’ansia e sono definiti come un periodo di tempo dove il soggetto prova un intenso timore o disagio, in cui quattro o più dei seguenti sintomi si presentano in modo improvviso e raggiungono un picco in dieci minuti: palpitazioni, cardiopalmo e tachicardia, sudorazione, nausea e dolore addominale, svenimento o giramento di testa, sensazione di soffocamento, dolore toracico, tremore, sensazione di mancanza di fiato, paura di morire, parestesie, brividi di freddo o vampate di calore

Lo stigma, in psichiatria, viene definito come «l’insieme di atteggiamenti, credenze, pensieri e comportamenti negativi che influenzano l’individuo o in più in generale l’opinione pubblica e inducono paura, rifiuto e pregiudizi discriminatori verso le persone affette da patologia mentale» include gli stereotipi, la discriminazione e il pregiudizio

Lo stigma della malattia mentale è una preoccupazione in tutto il mondo, dal momento che impatta negativamente le opportunità di vita e di benessere psicologico di molte persone con malattie mentali. Le persone affette possono sperimentare la stigmatizzazione pubblica (cioè, il pregiudizio e la discriminazione che derivano dalla popolazione generale avallando stereotipi circa la malattia mentale) così come auto-stigma (vale a dire, il danno per l’autostima che deriva da interiorizzare stereotipi culturali circa la malattia mentale).  Nella società lo stigma, che deriva da paura e incomprensione, provoca: emarginazione, evitamento sociale, solitudine, rabbia, senso di abbandono, colpevolizzazione e vergogna per la persona e per la sua famiglia, rischio di suicidio.

Infatti, possono essere distinti tre tipi principali di stigmatizzazione che possono contribuire anche al suicidio della persona affetta da malattia mentale.

In primo luogo, la stigmatizzazione pubblica si verifica quando i membri del pubblico in generale approvano gli stereotipi negativi e discriminano le persone con malattie mentali, atteggiamento che porta all’isolamento sociale. Generalmente può portare a disoccupazione, se i datori di lavoro appoggiano stereotipi negativi e possono anche influenzare molti altri settori come l’istruzione e l’alloggio. Stigma e discriminazione sono in genere vissuti come sconfitta sociale, che a sua volta è associato con tendenza al suicidio.

In secondo luogo vi è la discriminazione strutturale, ovvero quando il regolamento della società porta a svantaggio le persone con malattie mentali; per esempio, solitamente sono relativamente minori i finanziamenti dei servizi di salute mentale in confronto ai servizi di salute fisica (es. la missione 6 del PNRR  dove la Next Generation EU ha stanziato 15,63 miliardi di euro e  nessun euro per la salute mentale), e ciò può portare a ridurre la qualità delle cure e dell’accesso ai servizi di salute mentale.

In terzo luogo vi è l’auto-stigma, già accennato precedentemente, che si riferisce a persone con malattie mentali che interiorizzano stereotipi negativi, portando alla vergogna, ritiro sociale e demoralizzazione. Come conseguenza questi individui auto-stigmatizzati possono non sentirsi degni  o in grado di perseguire i loro obiettivi di vita. Possono presentare disperazione o la sensazione che la propria situazione non migliorerà.

Tre tipologie di stigma:

  • esperito;
  • percepito;
  • interiorizzato.

Nello specifico:

  • lo stigma esperito si riferisce all’effettiva discriminazione subita dallo stigmatizzato. È costruito dagli atteggiamenti pregiudizievoli e dalle azioni discriminatorie messi in atto dai “noi”, da chi cioè stigmatizza gli “altri”. Tali   comportamenti conducono gli stigmatizzati a subire emarginazione, scherno, pratiche di evitamento, etichettamento negativo, diventando spesso oggetto di pettegolezzo. Conseguenza di tutto ciò è l’induzione negli stigmatizzati di paure ed incertezze, di pratiche di interiorizzazione di sentimenti di vergogna o colpa o avversione verso se stessi. Infatti gli stigmatizzati possono arrivare a sviluppare comportamenti di isolamento ed esclusione dalla via sociale;
  • lo stigma percepito, che rappresenta la consapevolezza degli stereotipi  esistenti, e il suddetto self-stigma, cioè quando la persona che interiorizza lo stigma lo applica agli altri (stereotype agreement) o a se stessi (self- concurrence). In sostanza, ciò che si percepisce come un qualcosa di stigmatizzato, si tende a stigmatizzarlo su se stessi. Questo è un processo di trasformazione in cui una persona perde l’identità desiderata 16 (Wu TH, 2015). Lo stigma esperito influenza profondamente le possibilità terapeutiche;
  • lo stigma interiorizzato, ovvero il risultato dell’unione formata da quello esperito e da quello percepito. Si tratta di un “processo soggettivo incorporato in un contesto sociale e culturale che può essere caratterizzato da percezioni negative (su se stessi), disadattamento, trasformazione identitaria o riconoscimento dello stereotipo che risulta da esperienze individui o anticipazioni di relazioni sociali negative. Qui le persone interiorizzano lo stigma, lo fanno proprio, ci credono e lo rendono parte della loro identità, soffrendo le conseguenze di vissuti angoscianti, di vergogna, di colpa o agendo pratiche di rito sociale, isolamento e alienazione, nel senso di non sentirsi membro effettivo del contesto sociale a cui si appartiene. È una sorta di processo di auto-etichettamento che porta ad un potenziale aggravamento della morbosità psichiatrica.

Stigma, mattia mentale e campagne anti-stigna.

Lo stigma, come già accennato, è una seconda malattia per la persona con malattia mentale. È l’insieme di stereotipi, pregiudizi e discriminazioni e spesso questi continuano anche quando la malattia principale è terminata.  La qualità di vita e le possibilità di guarigione delle persone che soffrono di un disturbo mentale non dipendono infatti solo dalle cure che ricevono, ma anche dall’atteggiamento nei loro confronti da parte di coloro che incontrano nella vita quotidiana, dalla possibilità di frequentare centri e servizi aperti a tutti.

E’ necessario eliminare i falsi miti più comuni sulla malattia mentale, quelli che portano maggiormente a stigmatizzare questa categoria di soggetti

  1. la persona con disturbo mentale è sempre aggressiva, per questo bisogna starle alla larga;
  2. sono persone che non potranno mai guarire;
  3. è inutile intraprendere un discorso con loro, dal momento che sono malati e non hanno la possibilità di interagire in una conversazione;
  4. non dovrebbero poter camminare liberamente e da soli per strada, ma dovrebbero essere rinchiusi nei manicomi.

 

In Italia sono state molte le campagne anti-stigma effettuate, ma i risultati non si sono ancora visti. Questo perché sono molti gli errori commessi, si dovrebbero creare delle campagne con più metodo scientifico. Ad esempio, spesso si hanno contatti con persone che non hanno vissuto esperienze dirette, mentre potrebbe essere più costruttivo ed utile parlare con persone  che hanno avuto esperienza diretta di discriminazioni e disturbi mentali.

Progetti anti-stigma che vogliano produrre effettivi cambiamenti dovrebbero basarsi su presupposti metodologici rigorosi, definiti alla luce delle migliori evidenze scientifiche disponibili. Generalmente vengono usati i mass media o i volantini per le campagne pubblicitarie, ma in questa maniera non si aiuta il cambiamento delle persone a cui sono rivolti perché spesso utilizzano un linguaggio che contribuisce a diffondere un’immagine negativa delle persone con disturbi mentali, alimentando di conseguenza i pregiudizi; bisognerebbe invece attuare un adeguato uso dei mass media, i quali potrebbero rappresentare un valore aggiunto nelle campagne anti- stigma, dal momento che offrono la possibilità di diffondere messaggi chiari  raggiungendo un numero elevato di destinatari.

Per il futuro si devono eseguire degli interventi mirati:

  1. Attività inclusive ed interventi a livello di popolazioni volte a far stare insieme le persone in maniera non stigmatizzante (arte, danza, canto, sport, gruppi di lettura e altro);
  2. Parlare apertamente di temi inerenti la salute mentale; Portare l’esempio di campioni dello sport e celebrità dello spettacolo;
  3. Investire in politiche che favoriscano la coesione comunitaria a contrastare la disgregazione sociale, la sfiducia e l’intolleranza; Educare tutti gli operatori sanitari e sociali;
  4. De-criminalizzare i disturbi mentali;   Approccio basato sui diritti: le persone con problemi di salute mentale sono membri a pieno titolo della società, dotati di tutti diritti di ogni altra persona, compreso il diritto ad essere ascoltati, ad essere presi sul serio, ad essere inclusi nella società e a ricevere buone cure.

In qualità di docente di Infermieristica in igiene  Mentale dell’Università di Foggia  insieme ad una studentessa Nicoletta Lamorgese  abbiamo voluto condurre uno studio di ricerca sperimentale in varie università d’Italia (hanno risposto 534 studenti), per identificare l’eventuale presenza di stigma nei confronti di persone con disturbo mentale, da parte di studenti delle professioni sanitarie e, in particolare, quelli appartenenti al corso di laurea in Infermieristica.

Facendo una sintesi delle risposte a tutte le domande…  si è potuto confermare con certezza ,che, grazie al tirocinio professionale e quindi all’esperienza che ne consegue, possiamo dire che la conoscenza nei ragazzi del terzo anno è maggiore rispetto a coloro che sono  al primo anno ed il livello di stigmatizzazione è superiore al primo rispetto che all’ultimo anno.

Vi è quindi una relazione proporzionale tra la conoscenza e la stigmatizzazione: se sale l’esperienza, il sapere, la  preparazione e la pratica diminuisce il grado di discriminazione e di pregiudizio.

In conclusione…Si è notato infatti che i ragazzi che, al momento della risposta al questionario, frequentavano il primo anno, hanno avuto poco a che fare con persone con un disturbo mentale ed il sentimento che prevale nei confronti  di queste persone è la pietà, inoltre sono in minoranza gli studenti che hanno già trattato questo tipo di argomento durante il corso di studi.  La metà dei ragazzi che frequentavano il secondo anno al momento della risposta, hanno trattato già queste patologie. La maggioranza dei ragazzi frequentanti l’ultimo anno ha affrontato temi sulla salute mentale (il 90%) ed ha avuto dei rapporti con soggetti psichiatrici (70%). Oltre a ciò, un buon 60% dei ragazzi che ha dato un riscontro al questionario riferisce di aver cambiato la propria idea sui soggetti con disturbi mentali.

La ricerca svolta ha quindi portato ai risultati prefissati: è emerso infatti che, tramite lo studio e l’insegnamento di determinati argomenti, è possibile ridurre il livello di stigmatizzazione delle persone istruite.

Ciò porta a pensare che, se venissero effettuati dei programmi e delle campagne anti-stigmatizzazione rivolte a tutta la popolazione, probabilmente si riuscirebbero a ridurre i pregiudizi e conseguenzialmente anche le discriminazioni, nei confronti di persone che hanno una vera e propria patologia, ma non per questo devono vivere nella paura di esporsi al mondo ed alla vita sociale.

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