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Il futuro alla Biff Tannen degli ospedali in Italia.

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Il futuro alla “Biff Tannen” degli ospedali Italiani: tra homeless e clochard. Cosa sta accadendo nelle strutture pubbliche italiane?

Sembra che al lassismo nelle strutture sanitarie pubbliche di tutta Italia non vi siano limiti: un problema dilagante è quello della presenza di “Vagrancies” anche all’interno degli ospedali pubblici, considerati una sorta di “terra consacrata”, soprattutto nei sistemi universalistici quali l’Italiano, che annovera 1.004 istituti di cura, di cui il 51.4% pubblici.

Non bisogna però – come spesso accade – confondere homeless e clochard, giacché fra i primi si annoverano profughi e rifugiati, le cui ragioni e necessità uno stato civile può e deve gestire fino al livello locale. Quello degli una volta definiti “vagabondi” è un tema diverso, la cui recente versione stanziale “ospedaliera” (praticamente vivono in ospedale), per la immutata connotazione – forse a giusta ragione – di soggetti sostanzialmente abituati ad una vita oziosa, merita diversi riscontri ed opportune riflessioni.

I danni.

I numeri sono davvero allarmanti (dalle decine alle centinaia di migliaia di euro): i risultati della occupazione delle strutture sanitarie da parte di vagabondi, consistono anzitutto in danneggiamenti (a volte ingenti) ed “imbrattamenti” vari, soprattutto edilizi (ad es. servizi igienici, vari “sottoscale”, seminterrati etc.) e – caso particolare, ormai divenuto tipico, perché sistematico – quello degli atti vandalici sui distributori automatici di bevande e snack, visti come possibile occasionale “bancomat” (per pochi euro) e come opportunità di rifocillamento ed accattonaggio. Altro danno importante è quello “di immagine”, tanto pleonastico quanto trascurato, delle strutture sanitarie pubbliche.

Schermaglia sulle competenze.

Questi danneggiamenti (per la sostituzione di un singolo distributore si parte dai 1500 euro) prevedono competenze separate, visto l’ormai consolidato ricorso, sub d. lgs. 502/1992 alla «esternalizzazione» dei servizi e delle attività “non core” sanitarie. Un secondario gioco della “patata bollente” può essere quello tra Ministeri della Salute e dell’Interno, su chi debba realizzare un correttivo per tali situazioni, che hanno un impatto non indifferente sia sulla utenza dei servizi ma anche sui dipendenti delle strutture; entrambe lamentano sia l’impossibilità di accesso ad ulteriori tradizionali servizi di ristoro, ma anche l’assenza di dovute garanzie alla mera sicurezza.

Disordini e disservizio.

Spesso accade che il tono violento – con atti a volte anche gravi – con cui questi abusivi reclamino il loro pretestato e presunto (in ogni caso assurdo) diritto di “girovaghi” nullafacenti, si traduca in chiamate al 112 e relativi interventi delle forze dell’ordine, che altro non possono fare che calmierare gli animi e ripristinare un precario e di fatto “equilibristico” ordine pubblico, la cui prossima violazione si tramuterà in un nuovo intervento, che comincia a divenire un computabile “costo pubblico” aggiuntivo.

Ebbene, se pure il grado di ordine e senso civico di uno Stato e dei suoi cittadini si possa misurare nella (comunque chimerica) esiguità del numero di reati annoverabili nel codice penale e nelle stesse complessità dei codici civile, penale e relative procedure, non significa che – concetto peraltro più generalizzabile – abbassare il numero dei reati o semplificare i codici corrisponda necessariamente ad una crescita del senso civico comune. Al contrario in Italia negli ultimi decenni le c.d. “depenalizzazioni” sono state indotte non a seguito della estinzione della commissione dei corrispondenti reati, ma – all’esatto contrario – dalla loro diffusa, ingente perpetrazione.

Sebbene più recentemente [LINK] il discorso sulla deterrenza del processo penale e carcerazione (preventiva o punitiva), al netto delle enormi correlate problematiche, stia cercando, peraltro non senza grandi perplessità miste a preoccupazioni, nuove soluzioni alternative, esso è indirizzato ai più gravi fenomeni «massivi di devianza», ossia ad es. quelli della corruzione politica, non a quelli – ugualmente endemici e latenti – definibili “minori”, ma non per questo meno lesivi della collettività, per i quali la funzione rieducativa della pena – anche detentiva – non è detto non sia l’unica misura davvero convincente … e forse più efficace di quanto si possa pensare.

Pertanto la risultante istanza per il Dott. Nordio, neo ministro della Giustizia:

Visto lo status quo di generalizzato aumento della violenza sociale (a volte sembra quasi di trovarsi nel 1985 “alternativo” di Ritorno al Futuro Parte II e davanti al personaggio di Biff Tannen) … forse bisognerebbe “reintegrare” più di un reato nel codice penale … magari con pene lievi – direttamente procedibili, senza lunghi processi – cui associare una riscoperta del valore rieducativo della pena, per la mera “messa alla berlina” (ad es. : “ampia” pubblicazione della sentenza; condanna alle spese) di una gamma divenuta forse troppo ampia, di certamente deprecabili ed inammissibili condotte.

Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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