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Davide, Infermiere: Lavoro da anni in area Intensiva, non mi abituerò mai alla tuta.

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Davide, Infermiere: Lavoro da tanti anni in area intensiva ma mi sembra di essere tornato novello. Non mi abituerò mai alla tuta.

Davide, Infermiere toscano, lavora dal 2008 in area intensiva. Questo è il racconto di un infermiere esperto che non si abituerà mai alla tuta e al nuovo clima del reparto.

“Gentili AssoCareNews.it,

con questa lettera vi vorrei raccontare come mi sento. E’ strano per un infermiere raccontarsi, presi come siamo a lavorare, tappare buchi e far girare la ruota. Nonostante tutto.

La ruota, tranquilli, la continuiamo a fare girare, come sempre.

Dopo essermi laureato ho lavorato i primi anni tra RSA e degenza medica ma dal 2008 sono in area intensiva.

Pensavo di essere esperto e navigato e invece questo covid ha rimescolato le mie carte.

Non che adesso non sappia più fare il mio lavoro, tutt’altro. Adesso tiriamo fuori tutto il repertorio e ho pure imparato qualcosina in più rispetto all’area intensiva con isolamento aereo, che avevo comunque già sperimentato.

Queste maledette tute sembrano metterci in formalina, lavorando soli immersi nel reparto.

La solitudine umana che si prova è tangibile, il respiro diventa il tuo unico compagno “intimo”. Collabori, ti confronti, a volte parli con i pazienti anche se la sedazione non permette risposta.

Sei sempre il solito professionista, uno dei tanti infermieri che tengono in vita le persone ma che per chi comanda sono solo operai sanitari.

Va bene così, perchè la ruota non la facciamo mai fermare. Forse dovremmo?

Ad ogni modo mi sento quasi novello a momenti sopratutto sul piano della spigliatezza e del movimento e non è solo un discorso di ingombranza della tuta. E’ proprio una sensazione che snatura i soliti movimenti, la solita atmosfera.

Nel quotidiano e nell’emergenza.

Ne ho parlato con i colleghi, anche loro la sentono.

Ne ho provato a parlare con una collega che conosco che ha fatto carriera, ma penso non si ricordi  nemmeno come ci si sente a stare in reparto.

Passerà l’epidemia ma non passerà la mia estraneità a questa tuta. Forse è il mio io professionale che non si arrede e vuole evadere da questo orrore.

Grazie della possibilità, siete gentilissimi come sempre.

Davide, infermiere”.

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