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Area Radiologica: contro la devianza servono nuove e più oneste relazioni.

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A margine del 50° Congresso Nazionale SIRM è stata presentata una indagine commissionata al Censis [1] dalla stessa Società italiana di Radiologia Medica e Interventistica, dai ritenuti risultati «sorprendenti».

Ma la SIRM forse dovrebbe mostrarsi più preoccupata che entusiasta.

Perché l’eventuale risultante istanza di maggiore presenza del medico radiologo anzitutto evidenzia una sua ASSENZA, anche perché più frequentemente l’unico professionista sanitario sicuramente incontrato dai pazienti/utenti è un altro: il Tecnico di Radiologia. Quest’ultimo però nell’ultimo ventennio è stato marginalizzato a tal punto da essere quasi annullato anche nell’immaginario collettivo. Stiamo parlando – si rende opportuno ancora puntualizzarlo – di una professione tra le prime ad essersi affacciata – da più di 100 anni – sullo scenario sanitario europeo e mondiale, per il cui esercizio è oggi necessario possedere una laurea triennale o quinquennale e che è regolamentata per legge al pari di qualsiasi delle 30 professioni sanitarie attualmente riconosciute dallo Stato Italiano per l’esercizio delle quali è inoltre obbligatoria l’iscrizione ai rispettivi Ordini professionali.

Pur tuttavia questi circa 50 mila professionisti hanno uno status informale, da “clandestini” in tutta Italia a causa di un vero e proprio “DISCONOSCIMENTO NORMATIVO” operato da una singola e singolare legge: l’ex d. lgs. 187/2000, novellato dal d. lgs. 101/2020.

Questo combinato normativo ha posto in capo al medico radiologo delle competenze da lui mai svolte e gliene ha imposte addirittura di nuove: rispettivamente mantenere le dosi di radiazione al livello minimo necessario a fornire un risultato valido e limitare una eventualmente inappropriata richiesta di esami tramite la verifica di congruità tra prescrizione richiesta e collegato quesito clinico (obiettivi peraltro già noti e già ordinariamente perseguiti dai TSRM).

Premesso che la seconda resti forse un ideale spesso in controtendenza e soprattutto in “controinteresse” al c.d. “capitalismo adattivo”, malgrado quanto sopra il medico radiologo non ha MAI – giusto caso – ottemperato a queste sue “nuove” incombenze, nascondendosi dietro una stranissima “delega” per la quale le competenze restavano a lui (oneri inclusi) ma dove l’adempimento pratico delle stesse continuava a “ricadere” sui Tecnici.

Nemmeno alcune denunce – partite dalla medesima classe medica – culminate con i divenuti celebri casi-capofila di “Marlia” e “Barga” [2] sono riuscite a far mutare l’andazzo, anzi forse sono state utili al contrario:

– i tecnici sono stati assolti per insussistenza fattuale, quindi hanno potuto continuare a fare quello che facevano e fanno;

– hanno “ridestato” una folle macchina legislativa dormiente che a ben 15 anni dalla promulgazione principale, formula la norma attuativa che sancisce ulteriormente il paradosso, perché viene comunque ribadito che «Il TSRM, in applicazione del protocollo operativo, provvede alla conduzione tecnica della pratica»; affermazione che da sola condurrebbe alla necessaria domanda: ma allora codesta “ottimizzazione” in cosa consiste e CHI di fatto va ad operarla?

– Sul versante della “giustificazione” invece, sancito che il medico radiologo debba essere fisicamente presente in ogni tipologia di “pratiche radiologiche” – disposizione che in linea teorica farebbe fallire ogni innovativa ipotesi di tele-radiologia – la procedura non verrà di fatto mai eseguita, anche perché la norma attuativa non descrive né le procedure formali ed esecutive della pratica stessa, ritenuta uno dei fondamenti della radioprotezione modernamente intesa, né una correlata specifica sanzione …

Pertanto se c’è qualcosa di “sorprendente” che emerge dall’indagine Censis è come abbiano fatto i medici radiologi letteralmente a “scomparire” dalle radiologie (complice la telelettura delle indagini) proprio mentre una norma di legge ne sanciva già l’importanza e ne obbligava la presenza fisica 22 anni fa …

Fermo restando che ogni insaziabilità (compresa quella delle competenze) risulti patologica, ove nello specifico giovi anche chiarire al legislatore che il medico radiologo semplicemente non potrebbe MAI occuparsi contemporaneamente di giustificazione, ottimizzazione e refertazione …

e che le questioni che più potrebbero interessare gli Italiani in area radiologica sono proprio quelle di una appropriatezza e di una accuratezza diagnostica che sembrano invece costituire elementi assai spinosi e di reciproco imbarazzo per cui si scivola verso questioni meno tecniche e di carattere più apparentemente pragmatico, ma che nascondono ogni livello di ir-responsabilità (non serve a nulla dire personalmente ad un paziente/utente «non c’è nulla non si preoccupi, gli esami sono tutti negativi» se poi però si è sottoposta quella stessa persona a dosi elevate di radiazioni e/o a procedure del tutto evitabili), forse potrebbe risultare utile in questa baraonda la riflessione di Gherardo Colombo, noto ex magistrato della procura di Milano degli anni ‘90, nel recente speciale tv “Tangentopoli 30 anni dopo”:

«Fenomeni così massivi di devianza non possono essere affrontati attraverso un processo penale … ».

Ergo: in definitiva i medici radiologi assai prima di interrogarsi su questioni voluttuarie, quali «segnare un nuovo inizio nella relazione medico radiologo-paziente», dovrebbero prima pensare a ri-costruire una nuova e più onesta relazione con i TSRM, e soltanto dopo pensare ad instaurare una nuova e più onesta relazione con i pazienti ed utenti dei servizi della diagnostica per immagini.

Leggi anche:

Radiologia: diagnosi e terapia, tra conoscenza e competenza. Se ne discute al Congresso SIRM.

Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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