Professioni Sanitarie
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Redazione Assocarenews.it
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Giornata Internazionale degli Infermieri 2025, AMSI: in Italia oltre 43.600 infermieri stranieri, +47% in 5 anni per effetto cura Italia e carenza infermieri.

Aodi: “Serve una svolta. Basta precariato e barriere nei riconoscimenti. Intensificare la già proficua collaborazione con la FNOPI per garantire diritti, formazione e stabilità a tutti gli infermieri, italiani e di origine straniera già presenti in Italia in base alle leggi vigenti e programmare per l’ingresso di altri dall’estero solo se servono.”
ROMA 12 MAG 2025 – In occasione della Giornata Internazionale degli Infermieri (12 maggio 2025), l’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI), l’Unione Medica Euromediterranea (UMEM), la Comunità del Mondo Arabo in Italia (Co-mai), Unione Sportiva Euro Mediterranea (USEM) e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, in collaborazione con l’Agenzia Internazionale AISC “Informazione Senza Confini”, esprimono i loro più sinceri auguri a tutti gli infermieri del mondo, valorizzando in particolare il contributo fondamentale degli infermieri di origine straniera presenti nel nostro Paese e nel sistema sanitario globale.
Secondo l’ultima indagine coordinata dal Prof. Foad Aodi, medico, giornalista internazionale, esperto di salute globale, Direttore dell’AISC, membro del Registro Esperti FNOMCEO, docente all’Università di Tor Vergata al corso di Laurea per infermieri e fisioterapisti e quattro volte consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma, al 30 aprile 2025 sono 43.600 gli infermieri stranieri presenti in Italia, di cui 26.600 iscritti regolarmente all’albo professionale. Un numero in costante crescita (+47,3% dal 2020), spinto anche dalle disposizioni del Decreto Cura Italia e del Decreto Ucraina, che hanno agevolato l’ingresso di oltre 17.000 professionisti sanitari stranieri.
Inoltre, ci sono altri 11.300 tra infermieri e fisioterapisti di origine straniera che non riescono ancora a esercitare, bloccati da lungaggini burocratiche, mancato riconoscimento dei titoli di studio, costi elevati delle pratiche, sfiducia e paura di rigetto. Una perdita ingiustificabile di capitale umano in un momento in cui il sistema sanitario nazionale soffre una carenza strutturale di circa 65.000 infermieri.
“Praticamente l’AMSI ha 14 commissioni che rappresentano la maggior parte dei professionisti della sanità, ogni professione ha una commissione coordinata a livello nazionale, in più l’AMSI fa parte come socio fondatore del Movimento Uniti per Unire e dell’UMEM, per questo collabora al polso della situazione in 120 Paesi. Noi difendiamo i diritti di tutti i professionisti della sanità, sia italiani sia di origine straniera. Ribadiamo per chiarire il messaggio che già dal 1998 chiediamo un censimento per quanto riguarda tutti i professionisti della sanità in Italia e quanti ne mancano, ed eventualmente studiare un ingresso regolare in base al fabbisogno reale. C’è una grande preoccupazione per l’effetto di questo nuovo regolamento di accesso a Medicina, che provoca un vero e proprio ‘fuggi-fuggi’. Il fatto che non venga sostenuto un esame all’inizio del corso, ma che si debba aspettare sei mesi nel primo semestre, rischia di ridurre del 17% le iscrizioni alle facoltà di infermieristica e alle altre professioni sanitarie e mediche. Questo potrebbe compromettere ulteriormente il sistema sanitario, già fragile, alimentando un vuoto professionale difficile da colmare.” — dichiara il Prof. Foad Aodi
Secondo l’indagine AMSI–UMEM–Uniti per Unire–AISC, le principali comunità infermieristiche straniere in Italia provengono da Romania (12.000), Polonia, Albania, India e Perù, con una presenza significativa in Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Campania.
A livello europeo, anche Francia, Germania e Regno Unito affrontano una crescente dipendenza dagli infermieri di origine straniera, specialmente provenienti da Asia, Africa e Europa dell’Est. A livello globale, l’OMS segnala che 1 infermiere su 8 lavora in un Paese diverso da quello di nascita o formazione, con un’escalation della cosiddetta “migrazione sanitaria”. I flussi vanno regolati e accompagnati, non ostacolati, per garantire sicurezza e qualità della cura nei Paesi di destinazione e tutelare la dignità professionale dei migranti sanitari.
“Sicuramente la situazione è cambiata dal 2000 ad oggi: è peggiorata molto. Oggi la criticità maggiore in Italia è la carenza dei professionisti della sanità, specialmente infermieri e medici e fisioterapisti visto l’invecchiamento della società italiana. Inoltre, si sta verificando una fuga crescente verso l’estero: nei soli ultimi cinque mesi è aumentata del 32% la richiesta all’AMSI di partire per l’estero, soprattutto da parte degli infermieri, inclusi quelli di origine straniera. Anche loro vivono una situazione precaria, subiscono aggressioni, lavorano in medicina difensiva e non vedono soluzioni concrete.” — sottolinea Aodi
L’AMSI e le organizzazioni aderenti (più di 95 associazioni e unioni di professionisti della sanità di origine straniera) auspicano un’intensificazione della collaborazione con la FNOPI – Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche, guidata dalla Presidente Barbara Mangiacavalli, con cui negli ultimi anni sono già stati avviati numerosi confronti e incontri costruttivi.
“Collaboriamo con la FNOPI da anni, come con tutti gli altri albi professionali. Io, personalmente, collaboro ufficialmente con la FNOMCEO dal 2000 e sono stato quattro volte consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma. Ribadiamo che bisogna regolarizzare tutti i professionisti della sanità entrati con i decreti emergenziali, rafforzare i corsi di lingua italiana, l’aggiornamento professionale con l’ECM, e favorire l’iscrizione all’Albo. Non si può restare precari per sempre, né immigrati per sempre.” — afferma Aodi
Secondo i dati raccolti, il 78% degli infermieri stranieri in Italia non ha la cittadinanza italiana, molti lavorano in regime di cooperativa o nel settore privato. Sono una risorsa concreta per il Paese, ma vengono frenati da ostacoli sistemici che vanno urgentemente rimossi con interventi normativi mirati.
La crisi della sanità italiana non può essere affrontata senza una strategia inclusiva e strutturata per il pieno inserimento degli infermieri stranieri. AMSI, UMEM, Uniti per Unire e AISC ribadiscono il proprio impegno, chiedendo con forza un patto nazionale per l’integrazione sanitaria, a tutela sia dei professionisti sia del diritto alla salute dei cittadini.
“Ci fa molto piacere la collaborazione con la Presidente Mangiacavalli e con i membri del Consiglio Direttivo FNOPI che abbiamo incontrato recentemente. Occorre intensificare la collaborazione tra Federazione, ordini professionali, realtà associative, sindacati. Noi continueremo a fare la nostra parte. È un segnale importante per i nostri infermieri iscritti, per rassicurarli che anche la Federazione, come ha sempre fatto, lavora a favore di chi vuole mettersi in regola nel pieno rispetto della legge italiana. Ringrazio e auspico di intensificare la collaborazione con la Presidente della FNOPI e con tutti gli albi professionali e le federazioni per tutelare i diritti di tutti. Al primo posto, sempre, la salute del cittadino.” — conclude Aodi
Criticità principali
- Carenza strutturale di infermieri nel SSN: L’Italia registra una carenza stimata di circa 65.000 infermieri, aggravata dall’invecchiamento della popolazione, dalla scarsa attrattività del settore sanitario pubblico e dalla crescente emigrazione professionale, che coinvolge anche gli infermieri di origine straniera già integrati.
- Ostacoli al riconoscimento dei titoli esteri: Circa 11.300 tra infermieri e fisioterapisti stranieri presenti in Italia non esercitano la professione per via di:
- Rigetti formali (25%) soprattutto da Paesi come Ucraina, India, Polonia e Filippine;
- Scoraggiamento (75%) legato a burocrazia complessa, costi elevati, incertezza sui tempi e paura di rifiuto.
- Precarietà lavorativa e marginalizzazione: La maggioranza degli infermieri stranieri lavora nel settore privato tramite cooperative, spesso con condizioni precarie, turni prolungati, retribuzioni inferiori e scarse prospettive di crescita. Inoltre, molti sono ancora sprovvisti di cittadinanza italiana, pur lavorando in Italia da anni.
- Barriere linguistiche e culturali: La scarsa diffusione di corsi pubblici di lingua italiana e di aggiornamento professionale (ECM) ostacola l’integrazione effettiva e la sicurezza clinica, aumentando il rischio di discriminazioni e isolamento.
- Aggressioni e medicina difensiva: Gli infermieri stranieri sono spesso più esposti a episodi di aggressione fisica o verbale e risentono di un clima di medicina difensiva, che accentua il malessere lavorativo e incentiva la fuga verso l’estero.
- Stipendi tra i più bassi d’Europa: Gli stipendi degli infermieri italiani sono tra i più bassi d’Europa. Nel 2022, la retribuzione annua lorda di un infermiere italiano era di 48.931 dollari, ben 9.463 dollari in meno rispetto alla media OCSE di 58.394 dollari. Questa disparità retributiva rende la professione meno attrattiva per le nuove generazioni e contribuisce al fenomeno della fuga all’estero. Il gap salariale rispetto agli altri Paesi europei non è mai stato colmato, e oggi, con il mutato costo della vita, il divario è diventato insostenibile. Con stipendi che non sono al passo con l’inflazione e il carovita, gli infermieri si trovano ad affrontare una condizione economica che mette in discussione la loro stessa dignità professionale. Un fenomeno che non solo deprime il morale degli infermieri, ma che li spinge a cercare condizioni di lavoro migliori in altri Paesi, dove gli stipendi sono più alti e le condizioni di lavoro più favorevoli.
Proposte operative
- Piano straordinario di regolarizzazione per i professionisti già presenti: Predisporre una regolarizzazione tempestiva per i circa 17.000 infermieri di origine straniera presenti in Italia che lavorano in modo irregolare e che, nonostante il grande impegno, non riescono a trovare il giusto riconoscimento.
- Formazione linguistica e culturale: Promuovere corsi di lingua italiana e cultura professionale per tutti gli infermieri stranieri, in modo da facilitare il riconoscimento dei titoli e favorire l’integrazione nel sistema sanitario nazionale.
- Sostenere il diritto alla formazione continua: Garantire l’accesso all’ECM (Educazione Continua in Medicina) per tutti gli infermieri, italiani e di origine straniera, con la stessa modalità e dignità, per consentire loro di mantenere aggiornata la propria preparazione e competenza.
- Investire in una revisione della normativa sul lavoro sanitario: Occorre investire in politiche che favoriscano la stabilizzazione dei contratti, e che eliminino la precarietà che affligge un settore vitale come quello infermieristico.
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