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Addio Test di Medicina, arriva il “Semestre Filtro”. Una rivoluzione che fa discutere… e preoccupare!

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Era ora di cambiare pagina per l’accesso a Medicina, Odontoiatria e Veterinaria? Sembrerebbe di sì, almeno sulla carta. Il tradizionale test d’ingresso, croce e delizia di migliaia di aspiranti camici bianchi, va in soffitta. Al suo posto arriva un sistema inedito, battezzato “semestre filtro”. L’idea, presentata con l’approvazione preliminare di un decreto lo scorso marzo, mira a selezionare i futuri medici, dentisti e veterinari attraverso un percorso formativo più graduale. Ma questa novità, figlia della Legge n. 26 del 2025, porta con sé una serie di interrogativi, soprattutto per quanto riguarda le “sorelle minori” dei corsi a ciclo unico: le lauree triennali delle professioni sanitarie.

Il “Semestre Filtro”: Ppromessa o incognita?

Il meccanismo è presto detto: niente più quiz a crocette, ma un primo semestre universitario da superare a pieni voti per accedere al secondo anno. Chi non ce la fa, però, non resta con un pugno di mosche. Il decreto prevede una “seconda chance”: l’iscrizione in sovrannumero a un corso di laurea triennale dell’area biomedica, sanitaria, farmaceutica o veterinaria, indicato come piano B già all’atto dell’immatricolazione. Ed è qui che iniziano a sorgere le prime perplessità, ben evidenziate da chi ha analizzato attentamente la bozza del decreto.

Quando il Piano B rischia di scombinare tutto: l’allarme per le Professioni Sanitarie.

Immaginate un flusso consistente di studenti “respinti” da Medicina che si riversa, in sovrannumero, su fisioterapia, infermieristica, tecniche di radiologia e via dicendo. Sembra una valvola di sfogo per i non ammessi, certo. Ma cosa succede a quei corsi di laurea triennali che, da anni, seguono regole ben precise per l’accesso? Parliamo di professioni sanitarie il cui numero di posti disponibili viene stabilito annualmente a livello nazionale, con un complesso accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome, basato su un’attenta valutazione del fabbisogno reale. Un sistema che, con fatica, cerca di rispondere alle esigenze del nostro sistema sanitario.

Un’ondata di studenti in sovrannumero rischia di mandare all’aria questa programmazione meticolosa, vanificando gli sforzi delle Regioni e mettendo in difficoltà gli Atenei nell’organizzazione dei corsi e dei tirocini. Non dimentichiamoci che la formazione di infermieri, tecnici e fisioterapisti avviene spesso in ospedale, grazie a convenzioni tra università e aziende sanitarie. Un’impennata improvvisa di iscritti potrebbe compromettere la qualità della formazione e la disponibilità di risorse.

Il dilemma delle “seconde dcelte”: chi ci guadagna e chi ci rimette?

C’è poi un altro aspetto da considerare, che ricorda da vicino le problematiche legate all’accesso alle scuole di specializzazione medica. Gli studenti, nel momento di indicare la loro seconda scelta, potrebbero essere attratti da professioni sanitarie con maggiori sbocchi nel privato, come fisioterapista o igienista dentale. Questo, a discapito di figure professionali essenziali per il Servizio Sanitario Nazionale, ma magari meno “di moda”, come l’infermiere, che già oggi soffre di una carenza di vocazioni. Il rischio è di sbilanciare ulteriormente un sistema che ha bisogno di tutte le sue pedine per funzionare al meglio e garantire i servizi ai cittadini.

E che dire di quei ragazzi che, con impegno, hanno superato il tradizionale test d’ingresso per le professioni sanitarie? Vedersi “sorpassati” nell’assegnazione dei posti da studenti provenienti dal “semestre filtro” non sarebbe certo il massimo. Sarebbe logico pensare che, in caso di posti vacanti, la priorità debba essere data a chi ha seguito il percorso “ordinario”.

Armonizzare l’inarmonizzabile? La sfida dei Percorsi Formativi.

Infine, un nodo cruciale riguarda l’armonizzazione dei percorsi formativi. Il decreto affida a un Ministero il compito di individuare le discipline comuni tra i corsi di laurea magistrale e quelli triennali. Ma la realtà è che gli obiettivi di un corso di Medicina e di un corso per infermieri sono profondamente diversi. Il primo mira a formare medici con una visione ampia e competenze cliniche avanzate, il secondo professionisti sanitari con competenze pratiche specifiche e un forte orientamento al paziente. Cercare a tutti i costi dei punti in comune rischia di snaturare l’essenza stessa di questi percorsi, con ripercussioni sulla qualità della didattica e sull’efficacia dei tirocini.

Una riforma “sperimentale” che richiede un occhio di riguardo.

Il Governo stesso definisce questa riforma come “sperimentale”. Proprio per questo, è fondamentale tenere gli occhi ben aperti e monitorare attentamente gli effetti di questo nuovo sistema. Le intenzioni di superare le criticità del vecchio test sono lodevoli, ma è cruciale evitare che la cura si riveli peggiore del male, creando nuove problematiche per un sistema sanitario che ha bisogno di certezze e di professionisti preparati e motivati, in ogni suo ruolo. Speriamo che questo “semestre filtro” non finisca per inceppare un meccanismo già delicato.

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